Estratto dell'articolo di Antonio Di Noto per www.open.online, 3 dicembre 2024
DALLA CINA COL FURGONE (PIENO DI POMODORI) - SECONDO LA "BBC", L'AZIENDA TOSCANA "PETTI" AVREBBE IMPORTATO DECINE DI TONNELLATE DI POMODORI DALLA REGIONE CINESE DELLO XINJIANG PER RIVENDERE GLI ORTAGGI AI SUPERMERCATI DEL REGNO UNITO SPACCIANDOLI PER PRODOTTI ITALIANI - FRA IL 2020 E IL 2023 LA SOCIETÀ AVREBBE RICEVUTO 36 MILIONI DI CHILI DI PASTA DI POMODORO DA PECHINO - LA "PETTI" GIA' NEGLI SCORSI ANNI ERA STATA OGGETTO DI INDAGINI (SENZA MAI ESSERE CONDANNATA) RIGUARDO LA POSSIBILITÀ DI AVER VENDUTO POMODORI CINESI... -
«La passata di pomodoro «italiana» venduta da diversi supermercati del Regno Unito e della Germania contiene pomodori coltivati e raccolti in Cina ricorrendo al lavoro forzato». Questo è quello che emerge da un’inchiesta della Bbc nella quale appare il nome dell’azienda italiana Petti, con sede in Toscana.
Secondo quanto riporta la testata britannica, la Petti avrebbe importato decine di tonnellate di pomodori dallo Xinjiang, la regione della Cina dove Pechino detiene oltre un milione di persone appartenenti alla minoranza musulmana degli Uiguri e le costringe al lavoro forzato. Il pomodoro Petti sarebbe stato poi venduto dai supermercati come italiano. [...]
In totale, sono 17 i prodotti che secondo l’inchiesta contengono pomodoro cinese. Alcuni hanno «italiano» nel nome, come l’«Italian Tomato Purée» di Tesco. Altri hanno «italiano» nella descrizione, come il doppio concentrato di Asda che dice di contenere «pomodori italiani in purea» e l’Essential Tomato Purée” di Waitrose, descritto come «passata di pomodoro italiana».
Altri richiamano all’Italia nel nome, come il concentrato di pomodoro Baresa di Lidl, o nei colori, come quello venduto dalla catena tedesca Penny. Analizzando i dati delle spedizioni dei lotti di pomodori, la Bbc sostiene che non tutto l’oro rosso contenuto in questi prodotti provenga effettivamente dal nostro Paese.
Qui entra in gioco il Gruppo Petti, che già negli scorsi anni è stato oggetto di indagini, poi chiusesi senza condanne, nate dal sospetto che potesse spacciare pomodoro cinese per italiano. L’inchiesta britannica cita i numeri: avrebbe ricevuto fra il 2020 e il 2023 circa 36 milioni di chili di pasta di pomodoro provenienti dalla società Xinjiang Guannong, legata al lavoro forzato.
I pomodori avrebbero viaggiato dalla Cina, passando per il Kazakistan e l’Azerbaigian e da lì sarebbero stati portati via nave fino a Salerno, dove l’azienda italiana li avrebbe ricevuti.
Dal suo canto, il gruppo Petti ha dichiarato alla Bbc di non avere più comprato nulla dalla Xinjiang Guannong in seguito alle sanzioni imposte all’azienda cinese dagli Usa nel 2020 contro il lavoro forzato. Petti ha affermato però di aver continuato a rifornirsi di pasta di pomodoro da un’altra azienda cinese, la Bazhou Red Fruit, che a suo dire non risulterebbe implicata nell’impiego di «lavoro forzato». [...]
L’azienda ha poi analizzato 64 prodotti a base di pomodoro che in qualche modo richiamavano all’Italia rilevando che 17 di questi conterrebbero prodotto cinese le cui tracce si trovano anche nei registri delle spedizioni. I supermercati coinvolti hanno affermato di essere seriamente impegnati a verificare quanto emerge dall’inchiesta e in alcuni casi hanno interrotto la vendita dei prodotti coinvolti.
Sulla vicenda è intervenuta anche la Coldiretti-Filiera Italiana sottolineando come l’indagine della Bbc evidenzi l’urgenza di «arrivare all’etichettatura obbligatoria dell’origine per tutelare il vero prodotto italiano, considerato anche che il gigante asiatico ha aumentato del 38% nell’ultimo anno la produzione di pomodoro, con la quale potrebbe invadere i mercati europei».