il Giornale, 3 dicembre 2024
Intervista a Violante Guidotti Bentivoglio , moglie di Carlo Calenda
Violante Guidotti Bentivoglio ha cinquant’anni. È una manager di successo e attualmente è direttore generale della Komen Italia, associazione in prima linea nella lotta ai tumori del seno. Diversi anni fa ha sposato un allora manager della Ferrari: Carlo Calenda. Era il nipotino di Comencini, grande regista italiano. È diventato il padre dei suoi tre figli. Lei ne parla con ironia, amore e qualche scatto di rabbia.
Partiamo così: mi dice che rapporto ha con la politica?
«Prima di conoscere Carlo io avevo giurato che non mi sarei mai sposata con un politico e mai con uno che mi portasse a vivere a Modena. Poi ho sposato Carlo che mi ha portato a Modena e subito dopo ha iniziato a fare politica».
Suo marito ogni volta che rilascia un’intervista parla di lei. La gratifica?
«Carlo ed io siamo una squadra. Ogni decisione che lui prende ha conseguenze sulla mia vita e su quella dei miei figli. Condividiamo tutto. E c’è un patto per condividere tutto».
Ogni tanto lo violate?
«Recentemente Carlo ha rilasciato un’intervista in radio a Un giorno da pecora senza avvertirmi. Per di più raccontando fatti personali e in modo impreciso. Me lo sono divorato. Ricordo che ero in treno con delle amiche e sono diventata matta».
Lui come si è giustificato?
«Come fanno gli uomini: No, ma io non ho detto esattamente questo».
In quella intervista ha raccontato di averla tradita quando eravate fidanzati
«E non è vero. Non eravamo fidanzati. Eravamo in una pausa di riflessione. Poi ha detto che mi aveva tradito con una mia cara amica. E neanche questo è vero. Si trattava di una conoscente».
Ma è vero che lei gli ha rimandato indietro tutti i regali che le aveva fatto nei dieci anni da fidanzati dopo averli rotti?
«Sì. Ho avuto una crisi di nervi. Ho tagliato i libri, i golf, tutto quello che mi aveva regalato. Tutto in uno scatolone Dhl e lo ho fatto recapitare alla Ferrari, dove lavorava lui».
Ma come aveva scoperto che Carlo era stato con un’altra?
«Me lo ha detto lui»
Beh, un atto di lealtà?
«No. Voleva ferirmi».
Lei si è vendicata?
«Sì, io sono vendicativa. Gli ho reso pan per focaccia e glielo ho raccontato».
E lui?
«Mi ha chiesto di sposarmi».
Come?
«Beh, prima avevamo deciso di convivere. Io gli ho detto: mia mamma non è abituata alla convivenza. Carlo mi dice: ci parlo io con tua mamma, la convinco. Quando Carlo venne a casa si erano visti massimo tre volte in 10 anni. Lui parte con una specie di soliloquio nel quale esprime un progetto di vita insieme. Mia madre lo guarda. Allora lui dice: poi c’è anche l’idea di sposarci a un certo punto. Mia madre apre la borsa tira fuori l’agenda e gli chiede: e quindi quando? Dopo un quarto d’ora aveva già fissato il nostro matrimonio. Data, luogo, parroco, catering».
Oggi perdonerebbe un suo tradimento?
«No, non lo accetterei».
Perché?
«Intanto perché sono innamorata di Carlo. E poi perché io non sarei capace di gestire un tale affronto. Per me la fedeltà è un valore fondamentale».
Tre figli
«Pensi che io non volevo figli. Ero focalizzata sulla carriera. Ha insistito Carlo».
Carlo ha una figlia avuta all’età di sedici anni da una precedente relazione. Che rapporti ci sono fra voi?
«I miei figli hanno una straordinaria sorella. Non la vediamo spesso purtroppo ma tra loro il legame è solido».
Carlo ha raccontato che lei ha insegnato a Lapo Elkann a fare la spesa.
«Sì. Io arrivai nella casa dove vivevano Lapo e Carlo, a Modena, in inverno. Fuori nevicava. Ricordo che trovai Lapo a girare per casa in pareo. Dissi: ma che fai? E lui: in questa casa fa un caldo allucinante. Sa che era successo? Che loro non avevano capito che per il riscaldamento c’era un termostato. E che il termostato era fisso a 40 gradi. E da mesi morivano di caldo».
Quanto avete vissuto insieme?
«Quattro mesi. Divertentissimi. Lapo era un personaggio straordinario. Però era naif. Disordinatissimo. Comprava casse di mozzarelle. Lapo e Carlo erano due mine vaganti: non cambiavano le lenzuola».
Una volta arrivata in quella casa cosa fece?
«Dissi: O vi civilizzate o me ne vado».
Montezemolo lo ha conosciuto bene?
«Quando Carlo lavorava alla Ferrari. Per noi lui è l’avvocato. È una persona molto importante nella vita di Carlo».
Lei ha affrontato due terribili malattie: leucemia e tumore al seno. Mi dice come ha vissuto il momento in cui glielo hanno comunicato?
«Quando te lo dicono entri in un mondo parallelo. Tutto assume un’altra forma. Il mondo cade addosso. Nel mio caso le cose sono state un po’ diverse. Ho fatto delle analisi e cinque minuti dopo ero ricoverata al Gemelli. Io non ho avuto il tempo di capire cosa mi stesse accadendo. Quando il mio medico mi ha confermato la diagnosi di leucemia, io non l’ho recepita. Continuavo a dire: ma io devo tornare a casa, domani i bambini vanno a scuola. Mi hanno detto di mettermi il pigiama. Io non volevo».
Lei a un certo punto ha avuto paura?
«Avevo avuto la leucemia e avevo risolto con la chemio. Poi il tumore al seno e avevo curato e battuto anche quello. Passano otto mesi e io torno in pista. Mi erano ricresciuti i capelli. Ero felice. All’improvviso mi dicono che avevo la recidiva di leucemia e dovevo fare il trapianto di midollo. Ho avuto paura, una paura tremenda di non farcela. Un mese e 12 giorni dalla diagnosi al trapianto. I giorni più brutti della mia vita».
Come lo ha spiegato ai suoi figli quello che le stava succedendo?
«La prima volta gli abbiamo detto che stavo male. Non ho mai parlato di tumore, di leucemia. Avevano l’età per cercare su internet e non volevo. Quando ho avuto la recidiva però ho dovuto dire loro la verità. Loro mi hanno visto. Camminavo appena, vomitavo, piangevo. Era impossibile addolcire».
Quanto è stato importante il supporto familiare nel suo difficile percorso?
«Una squadra intorno a me. Carlo e mia suocera si sono occupati dei ragazzi. Io mi sono trasferita da mia madre perché avevo le difese immunitarie azzerate e non potevo stare con loro. Mi ha accudita come quando ero bambina. Ha messo da parte completamente la sua vita. Esistevo solo io».
Carlo cosa faceva a quell’epoca?
«Il ministro».
Cambia una persona con la malattia?
«Per me è cambiata la paura della morte. Io ne avevo una gran paura, soprattutto dopo il lutto, da giovanissima, di mio padre. Ora, dopo averla sfiorata davvero la morte, non ho più paura. So che verrà e che mi porterà una grande serenità».
Non ha più paure?
«Sì: ho paura della sofferenza. Dopo che l’hai provata ti terrorizza».
Ha rapporti col suo donatore?
«Solo lettere. Ma censurate. Non sappiamo neppure come ci chiamiamo, né dove viviamo. Io sono ammirata: un gesto così generoso da un ragazzo di vent’anni. Ho chiesto ai miei figli di diventare donatori di midollo. Me lo devono».