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 2024  dicembre 02 Lunedì calendario

Knightley, il successo che può far male


ROMA – «Dovrei bere meno caffè, sto esagerando». Un’abitudine che risale all’epoca in cui Keira Knightley ricorda di «non aver avuto un giorno libero dai set per cinque anni». Oggi, l’attrice di Pirati dei Caraibi, Love actually oEspiazioneha rallentato il ritmo e concentrato le energie nelle azioni di Black doves (dal 5 su Netflix), la serie in cui interpreta una spia sotto copertura, moglie del ministro degli Esteri britannico. Quarant’anni, due figlie di cinque e nove anni con il marito musicista James Righton, ex tastierista dei Klaxons, tornerà sul set per il thriller La donna della cabina numero 10, dal bestseller di Ruth Ware.Una serie con un Bond donna?«Sono una purista, non c’è bisogno di scomodare Bond per immaginare un bel personaggio di spia al femminile. Più che a Ian Fleming, nel caso di Black dovespenso a Le Carré, di cui sono fan: i suoi personaggi hanno tutti unamalinconia di fondo perché pagano il loro sacrificio, allo stesso modo il mio paga il prezzo di una doppia vita. Ha accettato l’ingaggio dieci anni prima, ora ha dei dubbi ma non può tornare indietro. Cova rabbia, come un animale in trappola».Sei mesi di riprese con due figlie da gestire.«Per fortuna abbiamo girato a Londra, e sempre di sera: sono riuscita a portarle a scuola, seguirle nei compiti. Nessun senso di colpa: vai a lavorare sapendo di aver fatto la tua parte di madre».In “Love actually” aveva diciotto anni, è diventato un cult, gli inglesi lo hanno votato come il preferito per Natale.«Non so perché sia tanto amato, io l’ho visto solo quando uscì, e mai più. Ho provato con le mie figlie qualche anno fa ma a loro non interessa alcun film in cui ci sia io.Love actually non ebbe il successo che tutti pensavano, ma tre anni dopo ero in America e tutti mi chiedevano di questo film».Era all’inizio della sua carriera. Fu faticoso?«All’epoca non ho avuto un giorno libero per cinque anni, ho un ricordo confuso, immagini di diversi set, luci... Per carità, sono grata perché se non fosse andata così non avrei fatto questa carriera né avuto la solidità economica che ho. Ma non lo rifarei, mai e poi mai».Pagò quel successo con la depressione.«Capii che dovevo fare un passo indietro. Ognuno reagisce in modo personale all’idea che per molte persone sei una merce. Sono stata fortunata perché la mia famiglia è stata protettiva. Ci sono voluti anni per capire quanto sia decisivo il distacco, lo spazio privato».Condivide questa attitudine con suo marito, anche lui artista?«Condividiamo uno stile di vita fuori dai canoni, devi accettare una percentuale di caos, essere pronto a fare le valigie. Forse è per questo che gli artisti finiscono per stare insieme tra loro, hai bisogno di qualcuno che capisca».Ha interpretato tanti personaggi femminili: a quale vorrebbe che le ragazze guardassero?«La parola “modello” mi fa paura, sono attratta da personaggi che abbiano una criticità, una crepa.Detto questo, Sognando Beckham è la risposta: le mie figlie giocano a calcio, tutte le loro amiche hanno visto quel film, ci sono ancora tante ragazze che mi dicono quanto sia importante per loro. Avevo diciassette anni, mi emoziona pensare che lasci ancora un segno»