Corriere della Sera, 2 dicembre 2024
Cher si racconta in un memoir
L’editore di Cher – Il memoir. Parte prima (Harper Collins, sia in America sia in Italia) ha deciso subito che «una vita così immensa» non potesse essere rinchiusa tra le pagine di un singolo volume. E allora ecco che 560 pagine bastano a raccontare soltanto la prima metà di una carriera e di una vita fuori dall’ordinario come il talento di Cherilyn Sarkisian LaPierre nata nel 1946 a El Centro, California, da sette decenni in testa alle classifiche dei dischi più venduti (un record), inossidabile e immune al passare del tempo e altri disastri.
Il secondo volume uscirà tra un anno – questo ci lascia a metà del guado, quando l’amico Francis Ford Coppola le suggerisce di darsi al cinema aprendo così la seconda parte della sua carriera – ma pensandoci bene una vita così dickensiana – l’infanzia poverissima e il padre beone, la solitudine, il successo, il compagno che la maltratta e la deruba – sarebbe stata perfetta per una pubblicazione a puntate, seriale, proprio come i romanzi di Dickens. Con una differenza: qui non c’è l’Inghilterra vittoriana ma l’America del dopoguerra, del boom e dell’affermazione del «secolo americano» del quale Cher ha contribuito a scrivere la colonna sonora.
Il papà giocatore e eroinomane che scompare nel nulla (riapparirà, scena triste e prevedibile, annusando l’aroma dei soldi della figlia) e la mamma rockettara dai sei o sette mariti (le figlie hanno perso il conto) che per mantenersi da single e evitare la povertà più abbietta va a fare la cameriera di tavola calda al turno di notte, che rende di più, dopo aver lasciato Cher in orfanotrofio.
Quell’infanzia tristissima dimostra però una cosa: a volte anche il genitore meno attrezzato e più sgangherato riesce a fare una cosa giusta, una sola, ma che basta per cambiare una vita. Georgina, comparsa di Hollywood che non ce l’ha fatta, le gambe e il sorriso che rivedremo clonati nella figlia superstar, camminando senza timidezza sui suoi sogni infranti accompagna la figlia bambina a un concerto di Elvis. Elvis allora inviso a tutte le mamme d’America, presunto corruttore della meglio gioventù eisenhoweriana immortalata da «Happy Days». Quel giorno Cher capisce tutto: vuole essere lui.
Sogni proibiti senza limiti, contro la logica e il realismo di una povertà che pareva impossibile da lasciare alle spalle: e qualche anno dopo alla madre che le consiglia di sposare un uomo ricco risponderà «sono io l’uomo ricco».
Carattere
La madre cameriera le consigliò di sposare un uomo ricco. Lei rispose:
«Sono io l’uomo ricco»
Perché scappa a sedici anni e diventa famosa anche grazie a quel Sonny Bono (1935-1998) che con questo libro entra di diritto nella hall of fame degli uomini osceni della storia del rock, tra Ike Turner e Phil Spector. Certo non fu violento come Turner né assassino come Spector, ma lascia amareggiati il ritratto – senza rabbia ma senza sconti – del partner-manager che un giorno dice alla gallina dalle uova d’oro che gli ha appena dato una bambina che i soldi sono finiti, bancarotta senza uscita, e Cher non capisce come, visto che ha sfornato numeri 1 a raffica.
Bono, coniuge fedifrago e amministratore da incubo (la costringe a firmare un contratto-capestro per esibirsi a Las Vegas: «La consapevolezza che mio marito avrebbe sempre messo gli affari davanti a me e ai miei sentimenti mi tolse il fiato. All’improvviso ero arrabbiata, spaventata e mi sentivo completamente in trappola») è però soltanto uno dei protagonisti di questo libro che non è un capolavoro come «Open» di Andre Agassi o come «L’autobiografia» di Johnny Cash ma spicca nel genere grazie al punto di vista disincantato ma davvero molto acuto della protagonista.
Certi ritratti sono mirabili, come quello della mitologica direttrice di Vogue Diana Vreeland («Diana aveva il fegato e la lungimiranza per capire che noi eravamo le nuove donne, anche se non eravamo affatto belle nel senso classico del termine. Era una vita che aspettavo Diana») che la scoprì modella e la affidò ragazzina al fotografo numero uno, Richard Avedon, per una serie di copertine tuttora molto studiate da stylist e fotografi di moda.
Ecco, la moda: questo primo volume è quello della musica, e il secondo sarà quello del cinema e dell’Oscar e della rinascita, ma in questa prima parte anche la moda ha un ruolo importante perché al di là del vocione inconfondibile e di quella faccia indimenticabile e del quieto carisma molto californiano Cher è diventata Cher anche grazie allo stile, come il famoso vestito nude look di Bob Mackie finito in copertina su Time e censurato in vari stati dell’unione. Stile da ammirare o irridere, ma impossibile da ignorare, come lei