Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  dicembre 01 Domenica calendario

Chirurgia estetica low cost, ecco chi rischia di più

Ci sono leggi sbagliate dietro l’inganno del ritocchino low cost In un futuro distopico sedicenni “uglies”, ossia brutti, devono sottoporsi a massicci interventi di chirurgia estetica per diventare “pretties”, belli. È la storia di Uglies appunto, il film che da mesi spopola su Netflix. Ma il futuro è forse già qui, visto che secondo una ricerca condotta da mUp Research e Bilendi, agenzie di ricerca sul marketing, negli ultimi due anni 7,3 milioni di italiani si sarebbero sottoposti ad almeno un intervento estetico. Quota che sale al 30% tra i giovani under 25.Di fronte a una esplosione delle domanda di bellezza di queste dimensioni non ci si deve stupire se tra chi offre ritocchi e ritocchini ci sia di tutto. Come i medici TikToker che improvvisano balletti per reclamizzare miracolosi interventi di chirurgia estetica. «Mastoplastica al 20% della tariffa per le prime tre persone che prenotano», si legge sul profilo Instagram di una clinica privata milanese. O c’è chi propone di volare a Istanbul per una mastoplastica a 3.700 euro compresi viaggio, hotel e pasti al ristorante, quando rivolgendosi a un chirurgo serio in Italia non si spendono meno di 10mila euro.
Benvenuti nel Far West della medicina estetica, dove per rifare volto e seno non è richiesta alcuna specializzazione, i controlli preventivi sulla pubblicità ingannevole sono vietati da una norma europea che per tutelare la libera concorrenza non salvaguarda la salute dei suoi cittadini, mentre i controlli sono un optional. Nonostante i Carabinieri dei Nas ci si mettano di impegno a scovare praticoni e impostori, tanto che su 124 studi di medicina estetica controllati quest’anno la metà era irregolare (talvolta per infrazioni amministrative). Numeri che sono in ogni la caso la punta di un iceberg, come denuncia uno che alla chirurgia plastica ha dedicato una vita, Paolo Santanché. «Il web è pieno di gente che si proclama specialista senza esserlo o di “chirurghi dei Vip”, ma se si confronta la pletora di chi opera nel settore col numero degli iscritti alla Società e all’Associazione italiana di chirurgia plastica ed estetica, si scopre che gli specialisti veri, quelli con tutti i titoli a posto, se va bene sono la metà».
Una giungla che non riguarda solo i presunti maghi del bisturi della bellezza ma anche quelli del “ritocchino”, come filler per i contorno labbra o botulino, che come documentato dagli stessi Nas si effettuano anche a domicilio, nei centri estetici o dal parrucchiere: ambienti inadatti e non autorizzati. Il problema è che le fiale di acido ialuronico si comprano on line e alcune farmacie le consegnano senza prescrizione. Il caso più eclatante è quello della Hyaluron Pen, il “filler senza ago”, come è pubblicizzata in Rete dove è acquistabile. Peccato che con il fai-da-te si rischino traumi gravi al viso «perché si veicola un prodotto per pressione con possibili conseguenze vascolari» spiega Maurizio Benci, dell’Associazione italiana medicina estetica botulino, che invita i medici «a negare interventi non necessari. Magari perché un giovane vede nel ritocco un tentativo di migliorare l’autostima».
Non tutti i medici però dicono “no”. Anzi, sui social è tutto un promettere miracoli o ritocchi low cost. Che spesso nascondono insidie. Una deregulation, spiega il Presidente dell’Ordine dei medici, Filippo Anelli, dovuta a una rete di norme piena di buchi. «A cominciare da quello aperto dalla Bolkenstein, la direttiva europea che equiparando i medici alle imprese, ha finito per considerare qualsiasi intervento sulla pubblicità come una limitazione della libera concorrenza. Finendo così per legare le mani all’Ordine che prima aveva il potere di autorizzare un’inserzione pubblicitaria». Ora invece di fronte a una pubblicità ingannevole l’Ordine può intervenire solo su segnalazione di un medico o di un cittadino. Un altro buco è nelle norme italiane, «perché oggi la legge richiede il titolo di specializzazione solo per i medici di radiologia, anestesisti, radioterapisti e specialisti in medicina nucleare. Una specializzazione in medicina estetica tra l’altro non esiste», spiega Anelli. «Oggi è praticata soprattutto da chirurghi plastici e generali, otorini e dermatologi. Ma in ogni caso i medici che la praticano dovrebbero aver fatto un percorso specialistico e avere accumulato esperienza». Titoli che dovrebbero essere condizione essenziale per l’iscrizione a un elenco di specialisti che ancora non c’è. Fatto che finisce per alimentare il far west. E nel frattempo? Seguire il consiglio di Anelli: «Verificate almeno se il nominativo visto sui social sia presente negli elenchi delle società scientifiche di medicina estetica e chirurgia plastica».
--------------------------------------------