la Repubblica, 1 dicembre 2024
Parla Giannola Nonino dopo la perdita del marito
PERCOTO(UDINE) Giannola Bulfoni Nonino ha 86 anni e l’8 luglio scorso ha perso il marito.Benito aveva 90 anni. Hanno vissuto insieme per 65, tre dei quali da fidanzati. Sono stati la coppia inseparabile che nella seconda metà del Novecento ha fatto la rivoluzione nel mondo della grappa, affrancandola dall’immagine illusoria e disperata di termosifone da taschino. La distilleria di famiglia, nata nel 1897 su un carretto che spostava un alambicco di casa in casa, è stata indicata come la migliore del mondo. In occasione dei quarant’anni dalla creazione della prima acquavite d’uva, distillata con Benito il 27 novembre 1984, la donna che Gianni Brera chiamava “nostra signora delle grappe” per la prima volta ha accettato di parlare della fase più crudele della sua vita.Chi è lei oggi, senza più suo marito?«Non sono rimasta sola. Lui è sempre con me: continuiamo a litigare e a volerci bene. Sono stata fortunata perché ho conosciuto la morte solo a 86 anni».Come è stata la vostra vita?«Bellissima. Non ho incontrato la noia: ogni giorno qualcosa da scoprire, difficoltà da superare. Di giorno lotta continua, la sera a ballare e a darci baci».Come sono trascorse le ultime settimane di Benito?«Si era rotto il femore. Per controllare la freschezza della buccia dell’uva, ancora si alzava alle tre di notte. È scivolato. Alla fine ha scelto di lasciarsi andare. Fino all’ultimo io non ho accettato la realtà: ai vecchi capita di rifugiarsi nell’inconsapevolezza».Quale eredità lascia suo marito a lei e alla sua grande famiglia?«Un’ossessione: qualità, qualità, qualità».Crede sia ancora possibile, nell’era delle relazioni liquide, una comunione amorosa di oltre sei decenni?«Ai giovani auguro lunghe avventure. Il problema è che si devono innamorare: imparare a fare la pace, trovare un modo per volersi bene, custodire l’attrazione».In lei oggi prevale la nostalgia, o la determinazione a andare avanti?«Andare avanti, senza mai mollare.La battaglia che Benito mi ha lasciato è strappare a Stato e Ue il rispetto legale per i consumatori.Hanno il diritto di sapere davvero cosa mangiano e cosa bevono».Perché l’arte della distillazione si è trasformata nell’universo della sua vita?«Assieme a Benito sentivamo che il riscatto della grappa era unnecessario risarcimento morale: di una civiltà, del mondo essenziale dei contadini, sempre umiliati e offesi».Dopo tanti successi, tanti premi e i massimi riconoscimenti da parte delle istituzioni, come affronta la sfida del dolore?«La prova più dura è accettare di essere ciò che siamo: esseri umani.Di giorno continuo a combattere con figlie e nipoti, la sera crollo e cerco di anestetizzarmi».Perché lei sorride sempre?«I miei genitori mi hanno insegnato come difendermi. Vivo l’attimo e alla vecchiaia non penso. Prendiamo l’ironia. Se mi definisco trentottina evito di confessare di avere 86 anni. Se mi presento come grappaiola non occorre che io delimiti pubblicamente i miei confini. Il sorriso salva».Con Benito, per onorare la sapienza contadina, avete creato il Premio Nonino, anticipando cinque Nobel: perché i contadini, pur nutrendo l’umanità, restano sul fondo della scala sociale?«Hanno accettato la fine della famiglia. La terra non perdona chi si consegna alla solitudine e chi resta solo non può più amare la terra».Essere una donna in Italia è una zavorra per chi ambisce a ruoli di primo piano?«Ho avuto genitori eccezionali. Si sono sempre confrontati con me come con un qualsiasi organismo pensante. Mio marito è rimasto orfano di padre a otto anni: ha vistosua madre guidare la distilleria.Quando sono arrivata io, le nostre tre figlie e le sette nipoti, è stato tutto naturale. La realtà però è che ancora prevale un’educazione maschilista e patriarcale. Aggiornare la pedagogia è un’urgenza».Lei è cresciuta nel secolo delle guerre mondiali: vede analogie con i conflitti contemporanei?«Io ho vissuto la ricostruzione italiana ed europea. Per questo sono preoccupata: le guerre di oggi sono a un passo dal rendere impossibile una rinascita. Armi e rancori hanno potenzialità definitive. Solo i giovani possono trovare il coraggio di fermarsi».Quale consiglio dà alle sue sette nipoti e all’unico nipote?«Rispettare gli altri e la terra, puntare in alto, scegliere la vita solo con il metro della felicità».Quali sono le sue figure di riferimento?«A livello privato mio marito, sul piano pubblico il presidente Mattarella».Cosa serve al nostro Paese e all’Europa per non finire ai margini della nuova mappa del mondo?«Abbiamo bisogno di una classe dirigente preparata, concentrata sul bene collettivo. L’Italia ce la fa se ognuno si rimbocca le maniche per lavorare di più e parlare di meno».Tra i soldi e la terra lei cosa sceglie?«La terra. Con i soldi, senza una terra sana e rispettata, non si fa niente.Prima ancora però vengono i giovani: solo loro, pur senza un centesimo, sono ricchi e interessati a curare il pianeta».Premi, successi, traguardi: ricorda anche un personale fallimento?«No. Ho lavorato sempre, senza accettare mai il fallimento.L’insuccesso continua a rafforzare la mia determinazione a combattere. Sono stata sconfitta solo nella prova cruciale: non sono riuscita a non far morire mio marito. Per questo resto con lui, anche se non riesco a vedere dov’è».L’alcolismo nel nostro Paese resta una piaga spesso nascosta, anche nel nome dell’interesse nazionale: come si può frenare un’emergenza che non smette di aggravarsi?«L’abuso dell’alcol nasce dentro la famiglia. Il suo concime è il dolore. I fari vanno accesi sull’ignorata sofferenza che occupa le nostre case svuotate di amore. Il piacere conviviale di vini e distillati è un’altra cosa: la misura, opposta all’eccesso, è lo specchio della gioia».Perché nelle fotografie lei e le sue figlie siete sempre tra le vigne, tra gli alambicchi o tra le botti, ma vestite in modo elegante?«La bellezza, nella vita, è alla base di tutto. Mia madre mi ha insegnato che presentarsi al meglio significa rispettare gli altri. La bellezza però non è il sinonimo dell’estetica, adottata invece dal marketing. Noi mostriamo il meglio di noi perché siamo in debito con la dura bellezza del nostro destino».Cosa farà adesso?«Lavorerò, in fondo sono solo una trentottina. E presto girerò il mondo per ringraziare di persona tutti quelli che hanno creduto in noi quando non eravamo nessuno. La fiducia è stata il nostro vento: dire grazie sarà il mio modo di sopravvivere».