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 2024  dicembre 01 Domenica calendario

Percvché in Siria si torna a combattere

La guerra civile siriana è un caleidoscopio di violenza: geo metrie mutevoli di fazioni politiche, religiose o tribali che rispondono a logiche interne o a interessi stranieri. Alcune hanno identità millenarie, come la confessione alawita a cui fa capo il dittatore Bashar al-Assad; altre spuntano all’improvviso, come il consorzio armato di Idlib. Si alleano o litigano in continuazione ma quello che non cambia è il disegno brutale.La sorpresa del momento è Hayat Tahrir al-Sham, Hts: una formazione jihadista che ha combattuto per anni ad Aleppo sotto la bandiera di Al Qaeda. Dopo la fuga della città si è arroccata nell’ultima terra ribelle, la fascia tra Idlib e la Turchia. Secondo l’account X del governo libanese nella notte il suo leader Abu Mohammad al-Jolani sarebbe stato ucciso da un attacco aereo russo.Al–Jolani aveva capito subito che i tempi erano cambiati. Nel 2019 aveva ripudiato l’affiliazione con la rete di Osama Bin Laden e cercato nuovi referenti in Occidente: anche i servizi segreti italiani hanno trattato con lui per ottenere la consegna di un boss camorrista finito rocambolescamente nelle sue mani. Hts ha intrecciato contatti con gli americani – la prima amministrazione Trump lo considerava «il meno peggio rimasto in Siria, dove non c’è molta scelta» – ha dialogato con emiratini, sauditi e qatarini per poi guardare con decisione ad Ankara. Nei suoi ranghi sono entrati molti reduci dell’Isis, tra terroristi dell’Uzbekistan e del Tajikistan.In quattro anni al-Jolani ha realizzato un’operazione da manuale: ha messo sotto un’unica regia 13 bande, con diversi sponsor esteri e la comune fede sunnita, trasformandoli in un esercito disciplinato forte di 60 mila miliziani. Hanno team di incursori, mezzi corazzati, artiglieria, droni e una rete di comando efficiente: ad addestrarli sono stati i turchi e, per alcune specialità, gli ucraini.Nonostante parecchi dei guerrieri siano esuli di Aleppo, finora in cittànon si registrano vendette: al-Jolani ha ordinato ai suoi mujaheddin di «mostrarsi gentili con gli abitanti; la nostra priorità è preservare proprietà e persone». Sa che la paura è controproducente: ha bisogno del consenso della popolazione per riuscire ad abbattere il regime.In maniera autonoma e sincronizzata si muove il Syrian National Army, la pedina di Erdogan in Siria, che non ha partecipato alla marcia su Aleppo: si è spinto contro i curdi, uno degli obiettivi primari di Ankara. Nella dissoluzione dell’armata del dittatore, i curdi dell’autoproclamato Rojava sono gli unici in grado di opporsi alla confraternita di Aleppo. Agiscono sotto la doppia gestione delle Syrian Defence Force (Sdf), federazione di minoranze equipaggiata dagli Stati Uniti, e del Ypg che ha sconfitto lo Stato Islamico a Raqqa. Adesso sono asserragliati in un quartiere di Aleppo e hanno offerto protezione alla storica comunità cristiana, legata da sempre al regime. Sui social ci sono filmati in cui i miliziani di Hts fanno apezzi gli alberi di Natale, figuriamoci cosa potrebbe accadere nelle trenta chiese della metropoli.Anche i palestinesi in Siria sono divisi in due. Hamas sostiene Bashar al-Assad e gli ha fornito squadre di fuoco durante la guerra civile. Gruppuscoli dei campi profughi hanno invece scelto l’opposizione in nome del credo sunnita. Il dittatore conta sulla comunità alawita, una confraternita neoplatonica esoterica, radicata nella regione costiera di Latakia, nella capitale e a Homs: i quadri dirigenti amministrativi e militari sono in maggioranza alawiti, con un certo numero di cristiani e drusi. Quando la rivolta democratica della primavera araba in Siria si è tramutata in lotta jihadista, alcuni ambienti della borghesia sunnita hanno preferito il governo alla legge coranica. Un’adesione cresciuta poi nel 2015 quando è dilagato l’Isis.Fondamentale per la famiglia Assad è stato il rapporto con Hezbollah, rinforzato durante l’occupazione siriana del Libano: sono stati i guerriglieri di Nasrallah a permettere la sopravvivenza di Damasco nella fase dirompente dell’insurrezione. Ora però le caserme del Partito di Dio sono vuote: sono tornati tutti in patria per opporsi all’offensiva israeliana. L’altro pilastro è l’Iran, che ha cercato di estendere l’influenza sulla società siriana con il proselitismo degli ayatollah. I Guardiani della Rivoluzione hanno fornito schiere di soldati sciiti – spesso iracheni, afghani, uzbechi ma negli ultimi due mesi sono stati mutilati dai bombardamenti israeliani, che hanno raso al suolo le installazioni in Siria. Non a caso, il primo bersaglio della campagna trionfale di Hts mercoledì è stata la distruzione della base iraniana alle porte di Aleppo.Infine i russi, i più preoccupati per la crisi perché mette a repentaglio le basi sul Mediterraneo e l’asse creato con Teheran. Pure loro hanno sguarnito il contingente per le esigenze della guerra in Ucraina ma i loro bombardieri hanno già iniziato a colpire duro sui ribelli. E tutti in Siria hanno imparato sulla loro pelle quanto siano crudeli gli emissari di Putin.