Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  dicembre 01 Domenica calendario

Andie McDowell, io nonna sexy

«La mia seconda stagione? Devo dire grazie a mia figlia».
 Per il suo ruolo d’esordio, la Jane Porter di Greystoke. La leggenda di Tarzan, con cui 40 anni fa compì il non sempre facile salto dalle passerelle al grande schermo, la produzione preferì farla doppiare da Glenn Close, preoccupata dal suo accento del Sud. Ma nel giro di poco tempo Andie McDowell è diventata una delle attrici più ricercate, il suo nome associato a alcuni dei film cult a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta: Sesso, bugie e videotape, Ricomincio da capo, America oggi, Quattro matrimoni e un funerale. Ha poi vissuto, come altre sue colleghe, l’ostracismo di Hollywood verso le attrici over 40. E oggi, superati i 60, festeggiati con la splendente chioma argentea sfoggiata per la prima volta sul red carpet di Cannes 2021, si gode l’agenda di nuovo fittissima. Merito in primo luogo della serie Maid, per cui ha ottenuto una candidatura ai Golden Globes, dove ha recitato accanto alla figlia Margaret Qualley, e The Way Home, di cui sta per partire la terza stagione. E del cinema che ha ripreso a cercarla. Film d’autore e commedie per famiglie, come Ops! È già Natale di Peter Chelsom (in sala dal 5 dicembre con Notorious) per lei pari sono, assicura raccontandosi al Corriere dalla sua casa in campagna.
«Sto lavorando tanto, è vero. Credo che la televisione di qualità abbia fatto la differenza. Un tempo c’era un atteggiamento più snob: o cinema o tv. Ora è diventata un luogo di grande creatività».
Perché ringrazia sua figlia?
«È stata lei a convincere la produzione e me che sarei stata perfetta per il ruolo. Le sono molto grata».
Margaret ci ha raccontato che più che suggerimenti lei ha dato l’esempio ai suoi figli, insegnando che «l’unico limite è il cielo». Che effetto le fa vederla così lanciata?
«Cerco di parlare di lavoro con loro il meno possibile, sono felice che se la cavino bene. Il mio scrupolo è stato che non iniziassero a lavorare troppo presto, volevo si godessero l’infanzia. Se poi il mio esempio di madre lavoratrice è servito, evviva. Ma il nostro rapporto non è definito dal lavoro. Preferisco parlare dei nostri cani che dei nostri ruoli».
Cosa l’ha spinta a accettare questa commedia natalizia con Danny DeVito?
«Prima di tutto Danny, sognavo di lavorare con lui, è un essere umano speciale. E poi, il film ha un tocco europeo, diverso dalle commedie di Natale americane sdolcinate. Usa toni brillanti per raccontare realtà familiari contemporanee. Per esempio, io scopro durante queste strane vacanze natalizie ricreate in estate, che non voglio più stare con mio marito, è finita. E il regista l’ha raccontato con tenerezza, senza sensi di colpa all’idea che dopo tanti anni ci si possa lasciare. Un’idea di amore che le donne della mia età comprendono bene».
Cioè?
Ne cogli la complessità, al di là del romanticismo. Compreso che il lieto fine possa anche essere non stare più insieme ma volersi ancora bene».
A proposito di romanticismo, nel 2025 si festeggiano i 30 anni di «Quattro matrimoni...». Tre milioni di budget, 245 di incasso, un successo unico. Aveva capito che sarebbe diventato un classico?
«Sì. Avevo in ballo un altro film con un budget maggiore ma insistetti con il mio agente per accettare il ruolo. Un film perfetto, favoloso, si capiva già sul set».
Ha molti film in uscita, ruoli diversi, come li sceglie?
«Mi piace che abbiano senso. Non ho problemi a fare la nonna, come in questo film, lo sono anche nella vita. Invecchiare è un dono. Ma mi considero ancora un essere sessuale, mi piace essere guardata in modo diverso da quando ero più giovane. Voglio essere presa in considerazione per le cose per cui lo sarebbe un uomo: punti di forza, intelligenza, esperienza. E interpretare donne della mia età, interessanti, forti, sexy».
Il gap tra attori e attrici è ancora un problema?
«Il cambiamento è in corso, ma c’è ancora molta strada da fare. Lo squilibrio persiste. Per le donne è tutto più difficile, è un dato di fatto. L’età pesa in modo diverso. Credo che dobbiamo sostenerci tra noi, amarci. Se no, non ne usciremo».
Ha mai pensato alla regia?
«Sarei stata una buona regista. Faccio la produttrice, amo lavorare con gli altri, dire la mia. Ho una certa esperienza, diciamo così».