La Stampa, 29 novembre 2024
A Strasburgo tutti al voto alla rinfusa
Forse una serie così articolata di mozioni sugli aiuti in armi all’Ucraina come quelle votate ieri nell’Europarlamento, in Italia non arriverà più. O forse le spaccature affiorate, sia nella maggioranza, sia nelle opposizioni – e in queste perfino all’interno degli stessi gruppi – consiglieranno di tenere il dibattito sulle armi, che prima o poi dovrà riprendere anche alla Camera e al Senato, più sulle generali, per evitare troppe divisioni. Ma mentre Putin sferra la sua offensiva invernale, agendo, non solo sui bombardamenti, ma sulle necessità di centinaia di migliaia di persone lasciate al freddo e senza generi di prima necessità, di motivi per pronunciarsi, dato che il voto di Strasburgo è puramente consultivo, ce ne sono. A cominciare dal via libera americano a missili che possono colpire anche il territorio russo, o all’uso di mine anti-uomo, o a iniziative in ordine sparso, vedi Scholz, per riaprire la comunicazione con l’autocrate di Mosca. Tutte materie su cui, appunto, i partiti italiani si sono divisi. Nella maggioranza Fratelli d’Italia ha giocato tra “sì” e astensione, e più o meno lo stesso ha fatto Forza Italia, con la Lega che invece è rimasta fedele a Putin sul “no”. Tra le opposizioni è successo di tutto: ma basti sapere che il Pd, che nelle precedenti votazioni in Italia ha quasi sempre votato a favore degli aiuti all’Ucraina insieme con il governo, a Strasburgo non ha ritrovato compattezza nemmeno in una sola delle numerose votazioni, mentre Movimento 5 stelle e Avs votavano “no”. Schermarsi con il fatto che quelli di Strasburgo sono poco più che sondaggi d’opinione, e la gestione della politica estera rimane in mano agli Stati sovrani, non serve. È evidente che a tutti i livelli e da una parte e dall’altra degli schieramenti è in corso un ripensamento politico che, se argomentato, anche con l’evidente stanchezza che affiora nella stessa Ucraina all’ingresso nel terzo inverno di guerra, potrebbe essere discusso e calibrato con le urgenze di un conflitto che tuttavia non accenna a fermarsi, né per una tregua né per l’apertura di una trattativa diplomatica. Ma così, con la maggioranza che si sente più libera di dividersi in un voto che non ha effetti pratici, e i parlamentari d’opposizione che vanno alla rinfusa, non ha molto senso.