Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  novembre 29 Venerdì calendario

Parla Angela Carini

Quarantacinque secondi che hanno fatto parlare tutto il mondo.
«Sarebbe facile cancellarli, ma non lo farò. Della vita non va tolto neanche un secondo, perché è sul passato che si fonda il futuro». Angela Carini, napoletana, 26 anni, colonna della Nazionale di boxe, torna sul ring per i campionati italiani a Seregno (3-8 dicembre). Non accadeva dal 1° agosto, quando ai Giochi abbandonò l’incontro all’alba del primo round contro la pugile algerina Imane Khelif, accusata di essere un uomo, poi vincitrice dell’oro nei 66 kg.
Carini, sente la pressione di questo ritorno?
«In fondo non sono mai andata via. Ho solo pensato fosse giusto allontanarmi per un po’ da tutti e stare con la mia famiglia, il mio ragazzo. Insomma con chi mi ama. E la pressione, ammesso che ci sia, non la sento neanche un po’. Sono carica, a parlare sarà il ring come lo ha sempre fatto nella mia vita. Ogni incontro ha la sua storia, gli Assoluti apriranno una storia nuova».
Una legge che a Parigi è stata dura. Ricordiamo il suo pianto alla lettura del verdetto.
«Quelle lacrime in ginocchio erano un chiedere scusa a mio padre che non c’è più. In quel momento si è fermato il mondo. E ho capito che il mio sogno di regalargli la medaglia olimpica era svanito di nuovo. Anni di duro lavoro che nessuno ti restituisce, di privazioni in cui ho sacrificato tutta me stessa».
Le hanno detto che le è mancato il coraggio. Si è mai pentita di essersi ritirata?
«Sarebbe facile cancellare tutto, ma non lo farò. La verità è che molti preferiscono parlare male invece cheimmedesimarsi in te. Non sanno che il coraggio sta già nel salire sul ring quando tutto il mondo ti sta guardando, il coraggio è la saggezza delle scelte che si fanno».
Ma secondo lei Khelif può gareggiare con le donne?
«Ho detto allora che non giudico nessuno. Però sarebbe bene che neanche Imane lo facesse con me. Non voglio aggiungere altro».
Imane Khelif ha detto che lei è stata consigliata a comportarsi in quel modo.
«Appunto. Sono state dette tante cose non vere sul mio conto, anche in alcune trasmissioni televisive nelle quali si cercava di tirare somme sulla mia persona sollecitando anche Imane. Ho trovato tanta disumanità, anche nella telecronaca che mi è stata fatta durante il match. La verità è che non sono stata consigliata proprio da nessuno. La sera prima dell’incontro ero con mio fratello, gli parlavo dei sacrifici per arrivare fino lì, di papà che ci guardava dall’alto, di come mi sarei battuta fino alla fine. Poi quei due colpi mi hanno messa ko, soprattutto il secondo alla mascella. Di pugni ne ho presi tanti in carriera, ma in quel momento ho sentito il bisogno di fermarmi».
Umar Kremlev, il presidente dell’Iba, la federazione mondiale esclusa dal Cio, ha promesso di pargarle il premio del vincitore.
«Mai preso un euro o anche un semplice regalo da nessuno. Che questo sia molto chiaro. Dopo Parigi si parlava quasi solo di me, sono state dette tante cose false sul mio conto nate solo per un giochetto giornalistico. Potevo sfruttare inqualche modo questa popolarità, anche se arrivata in maniera non gradita. Invece mi sono chiusa nella mia riservatezza. Ho meditato, mi sono allenata nel silenzio».
Dopo Parigi cosa è cambiato nella sua vita?
«Ho capito chi mi vuole bene davvero. La mamma che mi aspetta nell’ambiente ovattato di casa, mio fratello, il mio ragazzo. Quelli che hanno dato una pacca sulla spalla, rialzandomi quando ero in difficoltà. E ci metto il presidente federale D’Ambrosi, le Fiamme Oro, il maestro Foglia e la famiglia Parlati che mi ha accolto nella sua palestra di judo».
Irma Testa e le altre ragazze non le sono state accanto?
«Non parlerei del singolo ma dell’unità della squadra. Nessuna ha teso una mano verso di me. La cosa non mi meraviglia, loro però sanno benissimo chi è la vera Angela, una ragazza che dà battaglia sul ring senza tirarsi mai indietro. Ma non ho trovato una di loro che abbia detto una frase di incoraggiamento, è la cosa che mi ha fatto più male. Sono persone che non fanno più partedella mia vita».
In un periodo difficile a cosa si è aggrappata?
«Mi sono chiusa nella palestra di Caivano facendo di quel progetto una missione di vita. Frequentandola insieme ad altri tecnici delle Fiamme Oro mi è stato trasmesso, da parte dei ragazzi che alleno, un amore incondizionato che mi ha dato la forza di abbattere ogni opinione cattiva. A questi ragazzi dedicherò tutta me stessa. Sul muro della palestra c’è una frase che dice: “Continua a sognare il tuo percorso e vai verso il tuo futuro”. L’ho riletta tante volte e rispecchia il mio sogno».
Un sogno chiamato solo Olimpiadi o c’è anche il professionismo?
«Il dilettantismo è il lato del pugilato che mi piace di più. Certo, l’incontro tra Taylor e Serrano è stato affascinante e unico. Ma per ora resto nella boxe olimpica».
E tra 10 anni come si immagina?
«Sposata, con una bambina alla quale insegno boxe in palestra. O un maschietto che somigli a mio padre».