La Stampa, 28 novembre 2024
Orcel ha aperto un fronte anche in Russia
Non sono solo due i fronti aperti per Andrea Orcel. L’ad di Unicredit, come noto, ha appena lanciato la sfida a Giuseppe Castagna con l’offerta pubblica di scambio per il Banco Bpm. Nel contempo resta aperta la partita tedesca. A Berlino la banca di Piazza Gae Aulenti, entrata nel capitale di Commerzbank con il 9% ma col 21% già prenotato in attesa del disco verde della Bce a superare il 10%, deve capire se mai ci sarà una possibilità di fare breccia in una politica che, pur con un governo in bilico, oppone un secco «nein» alle sue mire di espansione. C’è però un terzo fronte, in cui Orcel non gioca all’attacco, come gli è più congeniale, ma è costretto alla difesa: la Russia.
Il Tribunale dell’Unione Europea, cui Unicredit si era rivolto, venerdì scorso ha emesso un’ordinanza in cui respinge l’istanza di sospendere le misure disposte dalla Bce per mitigare il rischio connesso alle interessenze del gruppo italiano a Mosca, riservando le spese. La faccenda russa, insomma, resta aperta in attesa che il giudice entri nel merito. Di certo, sulle prime, non ha ravvisato un “fumus” tale da giustificare provvedimenti provvisori.
Per capire il quadro, occorre fare un passo indietro e andare all’11 aprile del 2023, quando sulla scrivania di Orcel sono giunte le prime valutazioni della Bce sul profilo di rischio di AO Unicredit Bank, banca russa del gruppo, e sul suo impatto sulla stabilità del gruppo. Il contesto è noto: la guerra di Mosca contro l’Ucraina e le sanzioni occidentali da un lato, dall’altro le restrizioni imposte da Mosca sulle società creditizie controllate da gruppi esteri.
Bce ha rilevato, ricorda oggi il Tribunale nell’ordinanza, «in particolare, l’aumento significativo di rischi operativi, reputazionali, sanzionatori e finanziari tali da potenzialmente superare i benefici per il gruppo derivanti dal proseguimento dell’attività in Russia». Da Francoforte, dunque, hanno sottolineato «l’urgenza di attuare misure incisive al fine di ridurre tali rischi, ivi compresa la possibilità per Unicredit di valutare la completa cessione delle società controllate russe». Orcel si è mosso di conseguenza, inviando alla Bce un piano per ridurre le proprie attività in Russia. Misure che a Francoforte hanno giudicato «insufficienti».
Il 22 gennaio di quest’anno la Bce hanno recapitato così a Unicredit un progetto di decisione. Ritenevano, si legge nell’ordinanza, che «permanessero i principali ostacoli ad una copertura globale del rischio di conformità, tra cui il rischio di riciclaggio di capitali e di finanziamento del terrorismo, nonché il rischio di sanzioni finanziarie». Non solo. La Bce ha rilevato che il diritto di Mosca «vieta alle società controllate russe di condividere informazioni» con Unicredit, «persino le informazioni sui clienti i cui conti e le cui operazioni sembrano sospetti, e di dare applicazione alle sanzioni occidentali in Russia». A questo la Bce ha aggiunto che «non è concesso alla dirigenza» di Unicredit «visitare i locali della AO Unicredit Bank e incontrarvi i dirigenti e il personale e che gli organi diretti a garantire la conformità del gruppo non possono effettuare ispezioni».
Il 19 febbraio la banca italiana ha mandato le proprie osservazioni, ma Bce il 22 aprile ha adottato la sua decisione, poi impugnata dalla banca. In tale decisione si formulano a Unicredit una raccomandazione, che riguarda la riduzione dei prestiti transfrontalieri, e cinque requisiti: sui prestiti, sui depositi, sul collocamento di fondi, quindi relative a restrizioni sui pagamenti e alla presentazione entro il 1° giugno di un «piano di attuazione» di tali misure.
Unicredit a quel punto ha provato la strada dell’interlocuzione con Bce per giungere a un accordo, per dirsi poi impossibilitata a ottemperare «integralmente i requisiti imposti». E ha impugnato la decisione chiedendo al Tribunale di «ordinare con effetto immediato la sospensione della decisione» fino a quando «il Tribunale non si sarà pronunciato sulla domanda di provvedimenti provvisori» e finché «non avrà deciso nel merito».
Unicredit in Russia rispetto al 1 trimestre 2022 ha ridotto del 94% l’esposizione cross-border, del 77% i depositi locali, del 78% i prestiti netti locali, del 64% i pagamenti transfrontalieri. Secondo il giudice però «la Bce ha effettivamente proceduto all’analisi delle azioni già intraprese» concludendo che «permangono vari ostacoli per garantire una copertura esaustiva dei rischi individuati». Il tribunale ha spiegato come secondo la Bce «la cessione di attività sarebbe altrettanto efficace» rispetto ai requisiti richiesti, «ma tale misura sarebbe ancora più invasiva».
Nonostante ciò qualcosa si è mosso per arrivare a una dismissione: il fondo Mubadala, dopo aver valutato il dossier, l’anno scorso avrebbe desistito per non rischiare di urtare i regolatori Usa. Orcel ora è stretto tra due fuochi. Da un lato la Bce, dall’altro la Banca centrale russa che, come riportato in una lettera del 7 settembre, minaccia una serie di sanzioni fino all’amministrazione straordinaria in caso Unicredit ottemperi alle richieste della Bce. Queste, alla luce della normativa russa, porterebbero a «rischi gravissimi», anche se per tribunale e Bce l’unica legge a cui la banca deve rispondere è quella europea.
Unicredit paventa «il sostanziale azzeramento del valore» della partecipazione. Un’uscita totale di Unicredit dalla Russia impatterebbe sul Cet1, il capitale di migliore qualità che è al 16,1%, per 52 punti base, all’incirca tra 1,5 e 2 miliardi di euro. Non un’enormità, ma pur sempre risorse importanti per una banca impegnata nel grande risiko del credito.