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 2024  novembre 28 Giovedì calendario

Parte il gioco dell’Opa

Come sempre quando si lanciano delle offerte pubbliche in Borsa tra i due contendenti si apre una battaglia tecnica e legale, su mosse e possibili contromosse in grado di cambiare l’esito finale.Nel caso di Unicredit e Banco Bpm la guerra è già partita con i comunicati stampa che hanno annunciato l’offerta dell’attaccante e la risposta del cda sotto attacco. E il primo oggetto di scontro è un terzo soggetto, Anima, società che gestisce circa 200 miliardi degli italiani, partecipata al 22,5% da Banco Bpm e su cui lo stesso istituto il 6 novembre aveva lanciato un’Opa da 1,6 miliardi per conquistare il rimanente 77,5%. Bisogna considerare che Anima ha anche altri azionisti vicini al governo come Poste, Caltagirone, Fsi (Fondo strategico italiano) che avevano in qualche modo assecondato il lancio dell’Opa anche perché connessa all’operazione di blindatura del Monte dei Paschi, organizzata dal Tesoro. L’eventuale arrivo di Unicredit in cima alla catena potrebbe però far saltare il consenso attorno all’operazione. E i primi sintomi di malessere già si vedono.L’invio in Consob del prospetto informativo per l’Opa su Anima, avvenuto martedì, ha sollevato un problema tecnico non da poco. L’Opa va infatti approvata da Banca d’Italia, che dovrà valutare se l’utilizzo del cosiddetto Danish compromise,cioè lo sconto sull’assorbimento dicapitale a beneficio dell’offerente Banco Bpm, sia corretto o no. Secondo Andrea Orcel, ad di Unicredit, il Banco ha usato questa agevolazione in modo troppo aggressivo, dunque lui stima che Banco Bpm dovrà trovare circa 370 milioni di capitale in più se vuole andare avanti con l’Opa su Anima senza lo “sconto danese”.Anche per questo, il prezzo offerto da Unicredit nell’Ops sul Banco è stato tenuto basso, perché alla fine quei 370 milioni in più potrebbero essere a carico di Unicredit.Giuseppe Castagna, ad del Banco, rifiuta la tesi anche perché è scritto nel comunicato di Opa che se la vigilanza non approvasse lo schema diutilizzo del Danish compromise (che permette di assorbire soli 30 punti base del capitale di Banco Bpm), l’Opa su Anima perderebbe una precondizione di efficacia. Fine.Castagna e i suoi vengono descritti come preoccupati, ma impegnati ventre a terra a trovare qualsiasi strada che possa sventare i piani diOrcel. Si analizzano tutte le possibilità di eventuali contromosse, dal lancio di un’Opa su Mps (che però dovrebbe essere approvata dall’assemblea straordinaria dei soci, data la passivity rule scattata dopo il blitz di Unicredit), all’ipotesi che i francesi di Crédit Agricole, primi azionisti al 9,2%, possano lanciare una contro Opa. O anche l’ipotesi che sia Mps, forte del sostegno governativo, a fare una contro Opa su Banco Bpm. Fino all’ipotesi, estrema, che il governo spinga Intesa Sanpaolo a entrare in campo, per non far passare l’odiato Orcel. Ma nessuno al momento, al Mef, a Palazzo Chigi o in via Nazionale, sembra avere le idee chiare su cosa fare. La mossa di Unicredit ha scompaginato un difficile equilibrio che era da poco stato trovato intorno a Mps, e ora si deve ripartire da capo. Giorgetti, ministro del Tesoro, potrebbe convocare il Cicr per far entrare ufficialmente la politica e Bankitalia in partita, ma per ora ha solo evocato il golden power, arma tuttavia incerta e che allontanerebbe gli investitori esteri dall’Italia.C’è chi spera in nuove notizie a favore dell’uno o dell’altro. Una contro Orcel è arrivata ieri dalla Corte di Giustizia europea, che non ha accolto la sospensione chiesta da Unicredit contro i provvedimenti imposti dalla Bce sull’uscita della banca dalla Russia.Se il giudizio nel merito sarà dello stesso tenore e Unicredit fosse costretta a vendere la sua banca in Russia l’impatto sul suo capitale potrebbe essere pesante.