Corriere della Sera, 28 novembre 2024
Punire e integrare non sono in contrasto
Caro Aldo,
ho visto in tv gli incidenti successi a Milano nel quartiere Corvetto, incidenti e manifestazione dopo la morte di un cittadino egiziano scappato a un posto di blocco delle forze dell’ordine, e schiantatosi con lo scooter. Anche Milano ha la sua banlieue, lo scopriamo ora?
Marco Salvatore
La situazione al Corvetto è da sempre critica. E la reazione alla morte del ragazzo è eccessiva e non va tollerata. Per quel che riguarda l’incidente, ci sono, giustamente, le indagini in corso, la verità deve esser garantita per tutti. In ogni caso io dico che la violenza non va mai tollerata.
Sara Dessi
Cari lettori,
sulla rivolta del Corvetto si sono scatenati gli opposti estremismi. Quelli che si rallegrano, come se ci si potesse rallegrare della tragica morte di un ragazzo di diciannove anni, con tutta una vita da costruire. E quelli per cui la colpa è sempre e solo della società. Proviamo a fissare qualche punto fermo.
Il Corvetto non è «banlieue». È un quartiere di Milano.
All’alt dei carabinieri o della polizia ci si ferma: sempre.
Il ragazzo morto aveva precedenti – a diciannove anni – per rapina, quello che guidava la moto con cui fuggiva per spaccio. Se la società ha una responsabilità – ricordo che lo fece notare qualche anno fa Enrico Mentana – è la domanda di droga: chi consuma droga arricchisce la criminalità organizzata e contribuisce a indirizzare questi ragazzi su una falsa pista.
Punire i delinquenti e integrare i figli degli immigrati non sono due azioni in contrasto. Bisogna fare l’una e l’altra cosa. Mettiamoci nei panni del carabiniere iscritto al registro degli indagati per omicidio stradale. La prossima volta non si getterà all’inseguimento, se qualcuno non si fermerà all’alt lo lascerà andare. C’è chi dice: Ramy sarebbe ancora vivo. Altri rispondono: se i carabinieri lasciassero andare chi non si ferma all’alt, metterebbero a rischio la sicurezza dei cittadini.
Di sicuro la verità su quel che è accaduto va accertata. Ma tenere in scacco un intero quartiere, i cui abitanti non hanno fatto nulla di male, non aiuta l’integrazione e anzi scava un solco tra immigrati e milanesi; mentre ci dovrebbero essere solo milanesi, e basta.