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 2024  novembre 28 Giovedì calendario

Passa l’aumento dei fondi ai partiti

«Ma quale blitz per reintrodurre il finanziamento ai partiti? Nessun blitz si fa con un emendamento. E il finanziamento già c’è. Lo abbiamo appena aumentato di 3 milioni di euro per quest’anno, secondo il desiderio espresso dai cittadini». Daniele Manca, capogruppo dem in Commissione Bilancio al Senato, prende di petto le polemiche seguite allo stop venuto dal Colle della norma che, inserita nel decreto Fisco, voleva innalzare a 42,3 milioni di euro il fondo per i partiti. 
Tutto era iniziato proprio da un emendamento, doppio: 10.1 presentato da Magni, De Cristofaro, Cucchi, Aurora Floridia (Avs) e 10.2 presentato da Roic (Pd) che chiedeva di aumentare il fondo da attribuire ai partiti – il 2 per mille dell’Irpef, che ha un tetto massimo di 25 milioni – con la dicitura «incrementato di 3 milioni di euro». 
Il governo lo aveva riformulato. E il fondo, dal 2025, sarebbe diventato di 42,3 milioni di euro: lo 0,2 per mille di tutta l’Irpef, anche di quanti non hanno optato in dichiarazione dei redditi per alcun partito da finanziare. L’esborso avrebbe causato una «corrispondente riduzione del fondo per interventi strutturali di politica economica». 
Ma non solo. La riformulazione ridisegnava l’intera disciplina del 2 per mille e del 5 per mille prendendo a esempio quella che regola l’8 per mille: il finanziamento alla Chiesa cattolica, senza tetto. 
La notizia però al Quirinale non ha trovato un’accoglienza calorosa. Anzi. Non per il contenuto in sé, trapela. Ma l’idea di varare per decreto, e nascosta tra le pieghe del dl Fisco una materia così delicata, non è sembrata idonea. Altro sarebbe una riflessione organica del Parlamento. Ma non con una norma così generica e con un potenziale esborso così importante da finire per sottrarre risorse ad altri interventi. Difficile poi dimostrare, oltre alla necessità, il criterio dell’urgenza richiesto ai decreti. Incongruo è stato ritenuto anche il paragone con l’8 per mille alla Chiesa cattolica, oggetto di un trattato bilaterale internazionale. 
I contatti 
Martedì i contatti tra gli uffici di Colle e Senato Sulla materia servireb-be una norma ad hoc 
E quindi dal Colle è arrivata una telefonata a Palazzo Madama. Nessuna moral suasion politica. Contatti tecnici tra gli uffici trasmessi al governo, dai quali il presidente del Senato Ignazio La Russa si è tenuto fuori. L’idea che la materia meritava una norma ad hoc è stata condivisa. E la riformulazione è stata ritirata. Lasciando una scia di imbarazzo e sospetti di blitz fallito. 
Il M5S rivendica di averlo contrastato. E mostrano la dichiarazione di Stefano Patuanelli che ha subito definito «inaccettabile» la modifica del 2 per mille: «Non è più l’opzione dei cittadini, ma un finanziamento pubblico ai partiti». Da Avs Tino Magni ha minacciato di ritirare l’emendamento originario. Alla fine comunque si è tornati all’ipotesi iniziale: 3 milioni di euro in più. Passata con il voto contrario del M5S che denuncia un accordo «FdI-Pd». 
«Io non ho nessuna vergogna nel parlare dei fondi ai partiti. Bisogna stare con la schiena dritta», afferma invece il dem Manca definendo «surreali» le polemiche: «Il governo aveva provato a equiparare alla disciplina dell’8 per mille, senza tetto, quella del 2 per mille. Nel 2013 era stato messo il tetto di 25 milioni di euro ma i cittadini nelle dichiarazioni dei redditi hanno mostrato di voler finanziare i partiti in maniera maggiore». E aggiunge: «In una Repubblica parlamentare il ruolo dei partiti è sancito dalla Costituzione, non sono qualcosa di pericoloso. E credo che sia utile la riflessione che si è aperta». L’obiettivo dunque è riprovarci? «È stata segnalata l’opportunità di una riforma organica ad hoc. Per evitare che invece di ricorrere a fondi pubblici si ricorra alle lobby». Non lo diceva Bettino Craxi? Che differenza c’è? «Il contesto è cambiato. Ma la differenza è la trasparenza sull’uso dei fondi».