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 2024  novembre 28 Giovedì calendario

L’Europa fluida

Con il voto di ieri a Strasburgo, il Parlamento europeo si conferma l’autentico sismografo degli equilibri politici nell’Ue e il laboratorio dove si testano nuovi scenari del paesaggio politico dell’Europa.
Ursula von der Leyen ha ottenuto il definitivo segnale verde dell’Assemblea e da lunedì potrà dar via al secondo mandato alla guida della nuova Commissione. Ma con 370 voti a favore, 282 contrari e 36 astenuti, quello di von der Leyen non è solo il peggior risultato dal 1995, cioè da quando i presidenti dell’esecutivo comunitario devono sottoporsi al voto di fiducia. È anche il segnale che nei prossimi cinque anni, la maggioranza di cui potrà disporre nell’Europarlamento, chiamato ormai a intervenire su tutti gli atti dell’Ue, non sarà mai certa e scontata, ma fluida e in continuo rimescolamento. Non è un male in sé, ma sarà più difficile per von der Leyen dettare un’agenda e una linea ambiziose diventando, come lo fu Jacques Delors, il volto di un ideale fronte europeista. Anche se occorre dire che in condizioni complicate, von der Leyen si è rivelata manovratrice abile e spregiudicata: un caso per tutti l’incarico di consigliere per la transizione ecologica dato all’ex leader dei Verdi Philippe Lamberts, che le è valso i voti di oltre la metà del gruppo ambientalista.
Ma nell’aula di Strasburgo è successo qualcosa che va oltre il ruolo e la figura di von der Leyen. Ci sono oggettivamente due vincitori nella partita, che per molte settimane ha visto gli schieramenti politici europei combattere senza esclusione di colpi, intorno alla composizione del collegio. 
Il primo è sicuramente Manfred Weber, leader del Ppe, che è riuscito a tenere insieme gli opposti: ha infatti riconfermato, sia pure al prezzo di molti mugugni e defezioni (quasi tutte spagnole) nelle sue stesse file, l’alleanza tradizionale tra i suoi popolari, i socialisti e i liberali che da sempre ha espresso la maggioranza nell’Europarlamento. Ma ha anche sdoganato una parte della destra, più precisamente quella conservatrice che fa capo a Fratelli d’Italia, i cui voti sono entrati a pieno titolo nel sostegno a von der Leyen. È vero che tecnicamente non sono stati decisivi, perché per la fiducia sarebbe bastato anche un solo voto a favore in più dei contrari, ma politicamente contano molto. 
Ora, è vero che Weber ha astutamente indicato in Le Pen, Orbán e AfD i nemici dell’Europa, marcando la linea rossa dell’europeismo. Ma poiché su molti temi (dal Green deal alle migrazioni) i Conservatori e Riformisti, di cui fa parte FdI, hanno un effetto di trascinamento anche su altre forze della destra più estrema, il risultato è che da questo momento Weber può contare su quella maggioranza a geometria variabile che sognava e a seconda dei temi gli consentirà di cambiare postura, ora aggregando il centrosinistra ora le destre. La leader socialista Iratxe García Pérez lo ha messo in guardia: «Non accetteremo il doppio gioco». Ma i numeri parlano chiaro.
L’altra vincitrice è Giorgia Meloni, un successo tuttavia da qualificare. La premier italiana incassa la vicepresidenza esecutiva per Raffaele Fitto, vero pomo della discordia dell’intera partita e con il sì dei suoi deputati a von der Leyen entra di fatto nel salotto buono dell’Unione europea, dove la vera discriminante, con le parole della presidente della Commissione, è il sostegno all’Ucraina e il no a Putin. Ma come dice l’adagio, «fai attenzione a quello che desideri, perché potresti ottenerlo». Esser parte di una maggioranza europeista significa infatti anche assumersi responsabilità di fronte alle sfide che si addensano: per citarne alcune, il rapporto con la nuova amministrazione Usa, il ruolo dell’Europa nell’eventualità di un ritiro del sostegno americano a Kiev, la difesa europea, la transizione ecologica che va rivista ma non può essere dimenticata. Saprà Giorgia Meloni agire in modo conseguente? O sarà tentata da «fughe» trumpiane? E come gestirà i toni scompostamente antieuropei e filorussi di Matteo Salvini, il suo vicepremier? Oggi, si può solo registrare un paradosso, tutto italiano: le due coalizioni che ancora due settimane fa si davano battaglia in Emilia e Umbria, a Strasburgo si sono trasfigurate. Con FdI, Forza Italia e il Pd da un lato a votare von der Leyen, e la Lega, i Cinque Stelle, i Verdi e la sinistra dall’altro tutti insieme appassionatamente con i nemici dell’Europa. Potenza di Ursula.