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 2024  novembre 27 Mercoledì calendario

Intervista a Federico Palmaroli, Osho

Federico Palmaroli, il suo filosofo mistico è andato in pensione ormai da un po’. Ma Osho come nome d’arte le è rimasto.
«Impossibile separarsene».
È stato per via di controversie che ha dovuto smettere con le vignette su Osho?
«La fondazione che ha i suoi diritti mi ha fatto chiudere il profilo di Facebook dalla sera alla mattina».

All’epoca aveva soltanto i social come veicolo per le sue vignette. Che ha fatto?
«Niente. Quella mattina sono andato a Forte dei Marmi perché dovevo ritirare il premio della satira».
Ma dopo?
«Ho passato momenti critici, non avevo più un’identità. Poi è arrivato Gentiloni».
Paolo Gentiloni? Il nostro commissario europeo? 
«Sì. In quel momento era presidente del Consiglio. Ho cominciato a fare vignette di satira politica grazie a lui».
Cioè?
«Gentiloni mi ispirava moltissimo. Mi faceva impazzire, aveva una mimica fantastica. Lo trattavo come avevo trattato Osho».
Cosa vuole dire?
«Gli mettevo in bocca frasi senza sintesi politica. Come la frase dell’autogrill».
Cosa era successo all’autogrill?
«Gentiloni si era fermato lì e ovviamente tutti volevano salutarlo, fare i selfie. Su un giornale è finita una sua foto con le mani in tasca. Gli ho fatto dire: “Me so’ fregato i Ringo... “».
E Gentiloni?
«Mi ha chiamato a Palazzo Chigi».

Era arrabbiato?
«Al contrario. Mi ha fatto chiamare da Filippo Sensi, si era divertito. Io sono andato e gli ho detto: “Sono venuto a riprendermi i Ringo”. Sono uscite nostre foto. Se fossero state foto mie con Giorgia Meloni cosa sarebbe successo?».
Cosa?
«Non oso pensare».
Lei è di destra ed è amico di Giorgia Meloni.
«Appunto. Già così, senza immagini pubbliche, mi attaccano da ogni parte».
Dicono che l’amicizia con la premier la favorisce? 
«Anche. Nessuno però va a vedere e si informa che io ben prima ho cominciato a fare quello che faccio oggi. La mia vita non è cambiata da quando Giorgia Meloni è diventata presidente del Consiglio».
Quando vi siete conosciuti?
«Quando Fratelli d’Italia aveva percentuali bassissime. Ci presentò un’amica comune. Lei apprezzava le vignette che facevo, come del resto tanti altri politici».
Dopo la presentazione?
«È cominciata un’amicizia, una simpatia reciproca. Abbiamo un modo di scherzare molto simile. Non però un’amicizia che vive di momenti quotidiani. Soprattutto ora sarebbe impensabile».
Nelle sue vignette di satira non le sembra di essere più clemente con Giorgia Meloni rispetto ad altri? Anche nel suo ultimo libro Nun fate caso ar disordine (Rizzoli)...
«Tutti vogliono far credere di essere super partes, il solito ritornello sul potere».
Invece?
«Uno la satira la fa su quello che lo ispira. È normale che quando devo farla su qualcuno del Pd o dei Cinque Stelle mi arrapo di più. Questo mi pare evidente, e vale per tutti, anche per quei colleghi che lo negano».
Chi lo nega?
«Qualcuno si ricorda se uno come Vauro ha per caso fatto una vignetta sul caso Soumahoro?».
L’ha fatta?
«No e nessuno gli ha detto niente. Io invece sul caso Sangiuliano sono stato aggredito. Non ho voluto fare nulla per la storia di Sangiuliano con Maria Rosaria Boccia, mi è sembrata una vicenda umana, ho preferito lasciar perdere. Non era stato così per Galileo Galilei».
Quando Sangiuliano ha detto che Cristoforo Colombo si era mosso su indicazione di Galilei?
«Già, ho fatto satira in quel caso. Il fatto è che i vignettisti di sinistra possono essere schierati, impunemente. Se sei di destra devi essere super partes. La verità è che secondo me c’è soltanto uno che fa satira davvero super partes».
Chi?
«Maurizio Crozza».
Anche lei, come Giorgia Meloni ha raccontato di sé più volte, a scuola si sentiva una minoranza in difficoltà?
«Io non ho mai fatto politica attiva, però conoscevo persone che la facevano da destra. Per loro è stato sempre molto complicato».
Il mondo della cultura, inteso in senso lato, è praticamente tutto spostato a sinistra. Perché secondo lei?
«La cultura di sinistra è sempre stata dominante, è normale che si siano formati lì. Da quella parte c’è molta qualità. Poi però c’è dell’altro».
Cosa c’è?
«Penso che c’è tanta gente che magari non è di sinistra ma fa finta di esserlo per non sentirsi escluso. A me è successo il contrario».
Cosa vuol dire il contrario?
«Quando ho cominciato a fare vignette piacevano a tanti, quindi davano per scontato che io fossi di sinistra. All’inizio mi intervistava Il manifesto. Anche Repubblica, pubblicava addirittura i miei video».
Per quale motivo poi hanno smesso?
«In un’intervista ho deciso di rivelare che ero di destra. A quel punto non andava più bene. Anche con Andrea Scanzi era successo così».
Cosa le ha fatto Scanzi?
«Un giorno io e Scanzi andammo ospiti tutti e due a Rainews e lui mi fece un sacco di complimenti. Magari lui adesso può anche negare, ma io lo ricordo benissimo».
Perché Scanzi dovrebbe negare?
«Perché un paio d’anni dopo mi fece attacchi feroci. Disse che ero uno con una stipsi neuronale, che le mie non erano Le più belle frasi di Osho, ma Le più belle frasi di Fascio».
Cosa era successo nel frattempo per fargli cambiare idea in questa maniera?
«Ero andato ad una cena elettorale in Toscana per una che adesso è parlamentare di Fratelli d’Italia. Avevo fatto il mio spettacolino, così come avevo già fatto per il Pd, per i Cinque Stelle. Alla fine credo che i politici siano migliori dei giornalisti. E dico di più».
Cosa dice di più?
«I politici di sinistra sono molto più ironici e autoironici rispetto a quelli di destra. Glielo riconosco».
Perché secondo lei?
«Quelli di sinistra sono più abituati alle dinamiche del governo. È sul potere che nasce la satira».
A chi riconosce l’ironia?
«A Elly Schlein.
Fece una storia sui social con una mia vignetta, non era diventata segretaria del Pd».
Che vignetta era?
«Lei voleva fare le primarie online, ma veniva contrastata. Allora le feci dire: “Quasi quasi faccio le primarie per decidere come fare le primarie”. Però forse Nicola Fratoianni è stato ancora più ironico».
In che modo?
«Avevano approvato il decreto sui rave, quello che vieta i raduni con più di cinquanta persone. Ho rappresentato Fratoianni che parlava con Bonelli: “Per fortuna noi a cinquanta persone non ci arriviamo”. Lui ha commentato con l’emoticon di una risatina».
Lei ha anche amici di sinistra?
«Certo, una marea. Io vengo da una famiglia dove sono tutti di sinistra».
Come c’è arrivato allora dall’altra parte?
«Ho cominciato a fare politica perché mi piaceva molto Gianfranco Fini. E comunque ci tengo a dire: io non sono etichettabile tout court».
Vuole dire che non è proprio di destra?
«Sono di destra, ma non vivo di dogmi. Posso essere anche vicino alla sinistra: sono favorevole alle droghe leggere, all’eutanasia. Non sono militante, posso permettermi di pensarla diversamente».