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 2024  novembre 26 Martedì calendario

Spinse l’amica dalle scale, condannati i genitori

Dice: le colpe dei padri, e dei genitori in generale, non ricadano sui figli. E anche quelle dei figli non siano addebitate ai genitori. A meno che, a detta dei giudici, non si tratti di una sorta di “concorso di colpa”, con il guaio combinato dalla prole che può essere stato “facilitato” dalla mancanza di direzione addebitabile dunque a mamma e papà.
Un ragionamento che certo può portare a parecchie conseguenze giuridiche, non sempre così lineari, per la verità. Ma è quello alla base del pronunciamento del tribunale di Pistoia. La vicenda risale all’aprile del 2019, protagoniste due ragazzine 14enni, compagne di scuola. Chiesero alla professoressa di uscire dalla classe per andare a prendere qualcosa negli armadietti che si trovavano al piano inferiore rispetto all’aula. E però, arrivate nei pressi di una rampa di scale, una delle due ragazzine spinse l’altra con entrambe le mani, facendola cadere di schiena. La vittima sbattè la testa contro una colonna in cemento e venne subito trasportata in pronto soccorso, dove le diagnosticarono un trauma cranico e un taglio a partire dal volto di circa 12 centimetri. La ragazzina venne dimessa con venti giorni di prognosi. E in seguito la famiglia chiese un risarcimento, accusando sia i genitori della compagna di classe, sia l’istituto scolastico.
Si arriva dunque al processo. Oltre alla responsabilità della scuola – la quale ha rigettato le responsabilità sostenendo che insieme alle due ragazzine c’era anche una collaboratrice scolastica i cui richiami non furono ascoltati, versione però messa in dubbio dalle testimonianze – al centro del dibattimento finisce “l’educazione” impartita alla ragazzina che ha spinto l’amica, provocandole le gravi ferite. Ed è proprio questa la principale motivazione alla base del riconoscimento di un risarcimento da versare alla vittima di 85mila euro (comprese le spese legali).
Secondo il giudice, infatti, i familiari «non hanno educato a dovere la figlia», così non impartendole «un’istruzione consona al rispetto delle regole basilari della coesistenza civile». Nella sentenza, il tribunale ha anche più genericamente sottolineato «l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli».
E quindi, per tornare alle considerazioni iniziali, sì, in questo caso la colpa della figlia (maleducata) ricade sui genitori. A suon di euro. C’è di che meditare.