Avvenire, 26 novembre 2024
La spesa annua in armi è di 306 dollari a testa
Ingenti investimenti e guadagni altrettanto sostanziosi. È un settore che non conosce crisi quello della Difesa, complice una situazione geopolitica particolarmente difficile, con il mondo diviso in blocchi e tanti conflitti aperti. Le spese per armi ed eserciti sono in costante aumento. Il cronicizzarsi delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, solo per citare i due conflitti alle porte dell’Europa, le situazioni esplosive in Sudan e Myanmar, hanno prodotto nuovi livelli record nel 2023. Per difendersi si spendono ben 306 dollari a persona nel mondo, qualcosa come 2443 miliardi di dollari, con un aumento del 6,8% rispetto al 2022. A beneficiarne i bilanci dei principali player del comparto, con ricavi in crescita del 9,8%, alti rendimenti in Borsa (+72,2% in tre anni) e ottime prospettive per il futuro. La Difesa in un anno di crescita globale fiacca (+3,2% di Pil), continua a correre. Dati messi nero su bianco dal rapporto dell’Area Studi Mediobanca sul Sistema Difesa The Defense era: capital and innovation in the current geopolitical cycle presentato ieri a Milano che esamina i dati finanziari delle 40 multinazionali e delle 100 aziende italiane più grandi che operano nel comparto.
A livello globale, se si considerano tutte le società con ricavi legati alla sicurezza superiori al mezzo miliardo di euro, il giro d’affari sfiora i 615 miliardi di euro. Delle 40 multinazionali citate, che rappresentano il 40% del business mondiale, 17 hanno sede in Europa, 16 negli Stati Uniti e sette tra Medio Oriente e Asia. Lo scenario è da tempo dominato dai gruppi statunitensi, con una quota del 68% dei ricavi (Lockheed Martin, Raytheon Technologies, Boeing e Northrop Grumman che hanno come azionisti i colossi della finanza) seguiti dai player europei (Bae Systems, Airbus e Fincantieri) e da quelli asiatici con il 5%. L’Italia, rappresentata da Leonardo e Fincantieri rispettivamente in nona e trentunesima posizione, entrambe a controllo statale, rappresenta il 14% del giro d’affari europeo e il 4% di quello mondiale. Assai più piccole, e specializzate, le altre realtà. Le cento aziende italiane analizzate sono tipicamente “dual use” ovvero venditrici di prodotti e servizi sia nel mercato civile che in quello della sicurezza. Danno lavoro a 181mila persone e hanno un fatturato di 40,7 miliardi di euro, attribuibile solo per la metà alla Difesa in senso stretto, che ha un valore aggiunto pari allo 0,3% del Pil italiano. Lo Stato è il principale attore: il contributo delle società a controllo statale è infatti pari al 59,3% dei ricavi. Rilevante anche la presenza di gruppi stranieri: 36 delle cento aziende più grandi hanno una proprietà estera che controlla il 25,1% del fatturato. Il comparto dell’aerospace/automotive rappresenta il 49% del volume di affari, seguito dalla cantieristica navale (23,2%). Le esportazioni rappresentano il 68,2%.
Se sino ad oggi i player asiatici e quelli statunitensi sono stati i più dinamici, nel 2024 lo studio di Mediobanca prevede un sorpasso delle realtà europee con un incremento dei ricavi dell’11% contro l’8% di quelle americane. Per il 2025, in un contesto di disinflazione e tassi in discesa ma anche di un mondo con grandi contrapposizioni, la crescita stimata è del 12%, il quadruplo del Pil mondiale. Una previsione fatta in una situazione di stabilità, vale a dire senza considerare l’inizio di nuovi conflitti, ma che tiene già in conto il potenziale aumento della spesa per la Difesa legata all’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump. Di uno scenario paragonabile a quello vissuto negli anni della guerra del Golfo e all’indomani dell’11 settembre ha parlato l’amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel. Uno scenario che «ha conferito rinnovata rilevanza ai temi della difesa e della sicurezza, tanto con riferimento alla protezione dei confini quanto alla tutela dell’ordine interno degli Stati» ha detto Nagel, sottolineando come l’Europa sia arrivata impreparata e come prima mossa debba lanciare eurobond specifici. Dal governo è arrivato un appello agli investitori privati. «Fuori dall’Europa i nostri competitor corrono, fanno innovazione, fanno crescere i propri sistema di Difesa» ha detto il sottosegretario Matteo Perego di Cremnago. Pronto ad investire in Italia il colosso Usa Lockheed Martin. «Ci sono grandi interessi nell’aumentare la nostra collaborazione nel settore spazio» ha spiegato Emanuele Serafini, vice president Western Europe sottolineando che il primo partner strategico è Leonardo, «che muove una serie di fornitori in Italia» e il secondo Fincantieri «con una collaborazione decennale negli Stati Uniti».