Corriere della Sera, 26 novembre 2024
Biografia di Alberto Matano
Alberto Matano, giornalista, conduttore de La Vita in Diretta, giudice di Ballando con le stelle, da oggi in libreria con Vitamia, romanzo dai tratti autobiografici, con amori etero e amori omosessuali. Il libro si apre con la scena del matrimonio di Giulia, la co-protagonista. Quanto si è ispirato al suo sì con l’avvocato Riccardo Mannino?
«L’unica cosa in comune è l’Alleluja di Jeff Buckley, che ho voluto al momento del nostro arrivo all’altare. Ricordo quando io e Riccardo ci siamo guardati prima di attraversare la folla degli invitati. E quell’abbraccio forte dopo il sì».
Rocco è un giovane del Sud che arriva a Roma per studiare: si innamorerà, scoprirà la sua omosessualità dopo una storia importante con una donna.
«Scrivendo ho capito che non esiste un romanzo dove l’autore non mette qualcosa di sé. Ci sono suggestioni che mi appartengono: l’essere stato uno studente di Catanzaro, le paure. Ma poi il libro è andato per la sua strada».
Lei scrive: «L’amore è più grande di ogni definizione».
«Con questo libro ho voluto raccontare che l’amore non conosce limiti e categorie: mi auguro che qualsiasi persona legga questo romanzo si possa sentire libero di amare. Se fossi un genitore a mio figlio insegnerei proprio questo. È il libro di un cinquantenne che ha vissuto la propria vita pienamente, senza cupezza e rimpianto».
Lo sfondo sono gli anni Novanta, che sono di gran moda, anche negli aspetti laterali: pensi alle serie su Wanna Marchi o sugli 883.
«Sono stati i miei anni giovani, anni di svolta. Usciti dagli Ottanta gloriosi e consumisti, illusi di vivere in un Paese ricco, ci siamo accorti che la realtà era diversa. E abbiamo vissuto il passaggio dall’analogico al digitale: i miei personaggi iniziano spedendo cartoline e alla fine hanno il cellulare».
Giulia è il grande amore di Rocco. C’è stata una Giulia anche nella sua vita?
«Certo, ho amato anche io la mia Giulia, negli anni subito dopo l’Università, un amore totalizzante, poi ho vissuto la stessa intensità anche verso un uomo. L’amore che vivi a 20 anni ti travolge, magari finisce ma sai che ti ha cambiato e continua a vivere anche nell’assenza. Anche io ho avuto un grande amore giovanile, poi con la maturità abbracci tutto con armonia. I sentimenti grandi vanno ricuciti».
Quando ha fatto coming out in famiglia?
«Prima ne ho parlato con i miei fratelli, poi con i miei genitori, è stato un processo: Riccardo è stato il primo genero a entrare in famiglia. Dichiarare il proprio orientamento sessuale è qualcosa che parte da dentro, una scelta personalissima».
Nell’intervista rilasciata a Walter Veltroni sul Corriere ha ricordato come sua madre, primo assessore donna della Dc a Catanzaro, abbia ricevuto i complimenti da una sua amica sindacalista che le ha detto: «Alberto porta avanti la nostra lotta per i diritti».
«Lottare per i diritti sociali in fondo è lottare anche per i diritti civili. E non capirò mai perché il riconoscimento dei diritti negati a qualcuno sia un problema per chi quei diritti già li ha. Mi sono interrogato spesso vedendo le barricate di chi era contro le unioni civili: in cosa ne potevano essere lesi? Oggi sono orgoglioso di essermi sposato nel mio Paese; vent’anni fa non sarebbe stato possibile».
Qual è il suo primo ricordo?
«Mia madre che torna a casa con un loden per me: avevo 4 anni e mi sono rifiutato di indossarlo. Un gesto che anticipava il mio carattere: non ho mai agito per convenzione, ma per convinzione. Ho fatto solo scelte sentite».
Lei è un figlio di papà, come il protagonista?
«Per nulla: vengo da quella media borghesia illuminata che dava ai figli delle opportunità facendo dei sacrifici. A casa mia un viaggio negli Stati Uniti valeva più di un capo firmato da paninaro: e infatti ho trascorso sei mesi in Ohio a casa di una famiglia».
Era un secchione?
«Non direi. Se una cosa non mi piace la faccio senza interesse. Giurisprudenza per esempio: l’ho vissuta come “obbligo” formativo. Ma sapevo che la mia strada era un’altra».
Nel libro ci sono molte scene di sesso. Non ha avuto paura di turbare il suo pubblico?
«Mi sono interrogato su questo aspetto e ho deciso che volevo parlare di vita vera. Amare significa anche fare l’amore».
Fabio Canino, giudice storico di Ballando, vedendola danzare ha detto: «In ogni cosa che fa Alberto Matano ci mette mestiere».
«E lo ringrazio, ma penso che più del mestiere conti la passione, che metto in tutto quello che faccio. Se decido di raggiungere un obiettivo ce la metto tutta».
Da ragazzo del Sud a volto Rai. Come ha fatto?
«Ho frequentato la scuola di Giornalismo della Rai, la stessa di Monica Maggioni e Gerardo Greco. Il primo stage l’ho fatto al Giornale Radio Rai: ho avuto come caporedattore Lella Marzoli che mi ha fatto da faro. Ho avuto un percorso lineare e pulito, senza “agenti esterni”».
L’incontro con suo marito.
«Un colpo di fulmine. È entrato nel ristorante dove ero con alcuni amici e l’ho notato. Quando l’ho incrociato di nuovo in palestra ho fatto il primo passo. Era sul tapis roulant e gli ho detto: “ma quanto corri...”».
È stata Mara Venier a suggerirvi l’idea del matrimonio e anche ad officiarlo.
«Sì, eravamo al ristorante e lei ha lanciato la provocazione. Riccardo ha aperto l’agenda e ha segnato la data. Quando ci ha sposati eravamo tutti con gli occhi lucidi».
Qualche giorno fa in un’intervista ha detto che vedrebbe bene Stefano De Martino a condurre Domenica In dopo di lei. Ci è rimasto male?
«No, perché penso che non esista un “dopo Mara”, quel che fa è abbastanza unico. Nell’ottica di rivoluzionare il programma mi sembra una buona idea: penso che De Martino abbia talento. Oggi le persone identificano il programma con chi lo fa. Lo dico anche riferito a me, rivendico la mia Vita in Diretta: ho trasformato un titolo polveroso, passando dal 13 al 21 per cento di share giornaliero. Sempre con umiltà».
La Vita in Diretta racconta l’animo umano. Che idea si è fatto della gente? Siamo un Paesi di egoisti, di buoni, di narcisisti?
«Ho capito che l’Italia è fatta di persone perbene, che sono quelle che portiamo sotto i riflettori. Ho una certa attenzione per la salute mentale: un problema che se sottovalutato diventa una notizia di cronaca nera da prima pagina».
Ha detto di aver subito il bullismo durante l’adolescenza.
«Sì, ero più piccolo di statura dei miei coetanei, venivo escluso. Ma anche allora non mi arrendevo: trovavo il modo di imbucarmi e anche di fidanzarmi. Non mi sono mai sentito un nerd».
Crede in Dio?
«Ho una mia spiritualità ma non riesco a incanalarla. Non sono praticante, ma ho grande rispetto per chi lo è».
Non avere figli le è pesato?
«Da giovane li ho desiderati, ma non è successo. I miei nipoti hanno riempito la nostra vita meravigliosamente».
Il concorrente di Ballando che l’ha colpita di più?
«Le persone di una certa età che si sono messe in gioco come Valeria Fabrizi, Iva Zanicchi, Milena Vukotic. Lo stesso Lino Banfi. Un grande messaggio di vitalità».
L’intervista che vorrebbe fare.
«Mi piacerebbe avere al mio tavolo Obama e Lady Gaga. E papa Francesco».
Sogna Sanremo?
«No, ma vorrei un programma in cui non sono più solo giornalista. Dopo Ballando mi sento uno showman».
Si sente una gallina dalle uova d’oro?
«Mai, ogni giorno è una nuova sfida. Ho tanto indietro dal pubblico e quando non avrò più nulla da dare andrò a vivere in una casa in Maremma. Una delle mie aspirazioni».
Nel libro ricorre il numero 9.
«Tutte le volte che devo dare una data significativa inventata ci metto il 9».
Potrebbe essere un futuro televisivo.
«Per ora dove sono esprimo il mio potenziale al meglio. Da Fazio al Nove sono stato accolto benissimo. Ma per adesso sto bene così».
Si sente calabrese o romano?
«Sono diventato romano, ma il calabrese lo parlo».
Ci dica qualcosa in calabrese.
«Una frase di mia nonna:”Vai chi megghiu toi e facci i spisi”, frequenta le persone migliori di te, e pagane il conto».