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 2024  novembre 25 Lunedì calendario

Chi è il bevitore di vino medio italiano

Ci sono luci. Come la buona performance del Brunello di Montalcino sul mercato americano nei primi 9 mesi di quest’anno: in una cornice depressa, con risultati negativi per i vini rossi fermi, non solo italiani, il Brunello ha messo a segno una crescita del 5% a volume e dell’1% a valore, piazzandosi anche al vertice del mercato luxury statunitense.
Non solo. È un progetto importante la creazione di un distretto della spumantistica umbra, nella fascia appenninica Eugubino Gualdese, che coinvolge le aziende agricole Semonte e Arnaldo Caprai. L’obiettivo è valorizzare zone montane abbandonate, offrendo alla vite un territorio più idoneo di fronte allo stravolgimento climatico in atto.
Sono solo due tra i molti esempi di vitalità e capacità progettuale del comparto vitivinicolo italiano, in procinto di chiudere una delle sue annate più complesse e in vista di difficili sfide. «Inflazione, salutismo e geopolitica hanno pesato sul mercato del vino e continueranno a farlo anche nel 2025», sottolinea Alessandro Regoli, direttore di Winenews, sito di riferimento del settore, sintetizzando lo scenario tracciato da Iwsr—International wine & spirits research.
Tra le ombre, oltre a quelle dovute ai conflitti aperti in Ucraina e Medio Oriente, ci sono preoccupazioni per la riforma delle imposte sugli alcolici nel Regno Unito (da febbraio 2025) e per le politiche che Donald Trump, rieletto presidente degli Stati Uniti, vorrà attuare in quello che è il primo mercato del vino al mondo e dove si temono nuovi dazi.
La riprova del peso della piazza Usa per gli operatori italiani arriva anche dai dati Istat dell’export del vino italiano nei primi 8 mesi del 2024, analizzati da Winenews. Le esportazioni hanno raggiunto i 5,17 miliardi di euro di valore, con un incremento del 4,6% sul 2023. Buono il risultato in Germania, tra i paesi top per l’Italia, ma sono appunto gli Usa a confermarsi lo sbocco principale per il vino made in Italy, con valori in crescita del 7,8% per 1,25 miliardi di euro, giro di affari superiore a quello generato con gli altri partner. È molto probabile, inoltre, una corsa degli ordini a fine anno, per evitare i problemi che potrebbero arrivare dai dazi sui prodotti europei già promessi da Trump.
Questo dunque lo scenario internazionale, ma qual è la fotografia dei consumi interni? Lo scatto più preciso e ricco di sorprese emerge dall’analisi dell’Osservatorio Uiv, realizzato a braccetto con Niq Italia. Si scopre così che il principale consumatore di vino ha oltre 55 anni, non ha più figli a carico, è titolare di un reddito sopra la media. Il valore generato da questa categoria corrisponde a 1,83 miliardi di euro l’anno, pari al 59% della spesa totale di vino nella grande distribuzione organizzata. Questo universo, che conta 11,3 milioni di famiglie, fa la parte del leone rispetto ai nuclei familiari con figli, che spendono meno del 24% del totale, e a quelli delle famiglie under 55 senza figli a carico, che si fermano a meno del 18%. In soldoni, chi compra più bottiglie di vino al supermercato è più avanti negli anni e ha più soldi in tasca.
Ma che cosa si compra? Puntando i riflettori questa volta sui consumi fuori casa, l’indagine registra una maggiore propensione per gli spumanti (63,4%) rispetto ai vini fermi (61%). Un risultato legato anche alle occasioni di consumo, che sono sempre più focalizzate sull’aperitivo a ogni età. La riprova di questa preferenza è anche nell’ultima rilevazione delle vendite di vino nella Gdo, registrata a settembre dall’Osservatorio Uiv-Ismea. In un contesto stagnante, con vendite che dimagriscono dell’1% in volume e crescono in valore (+1% per un totale di 2,1 miliardi), è la categoria degli spumanti che aiuta il risultato complessivo, grazie a una crescita del 4%.
Nella famiglia spumanti, chi tira la volata è il Prosecco, che rappresenta da solo la metà delle bollicine vendute. Interessante la dinamica dei vari segmenti di bollicine. Nell’ambito del Prosecco corre la versione Doc (+6%), tiene la Docg e frena l’Asolo (-2%). Buona la performance delle tante bollicine regionali (+6%) e del metodo classico (+3%), con Franciacorta e Trento Doc che marciano con lo stesso passo: +1% in volume e +4% in valore. La regione dove si vendono più bollicine è dunque il Veneto: con la vendita di 36 milioni di litri di Prosecco, incassa ben 256 milioni di euro diretti (+3,1%) più di quanto realizza con tutti gli altri suoi vini messi insieme.