LORD BYRON, UN AMORE A RAVENNA, 25 novembre 2024
LORD BYRON, UN TRAPANATORE IN TRASFERTA! – NEL RESTAURATO PALAZZO GUICCIOLI DI RAVENNA APRE IL MUSEO DEDICATO AL POETA INGLESE, CHE SOGGIORNÒ IN ROMAGNA DAL 1819 AL 1821 – L'ALLORA 31ENNE STRINSE UNA RELAZIONE AMOROSA CON LA CONTESSA TERESA GUICCIOLI. PRIMA DI PARTIRE, IL LORD SI ERA PREFISSO LO SCOPO DI “CORNIFICARE UN CONTE PAPALE... NELLA SUA STESSA CASA” – NEL FRATTEMPO, IL LETTERATO SI AVVICINÒ ALLA CARBONERIA. E, NELLE CANTINE DELLA DIMORA, NASCONDEVA LE BAIONETTE DEGLI “AMICI ITALIANI”… -
Estratto dell’articolo di Pierluigi Panza per il “Corriere della Sera” L’inquieto e inesauribile amatore Lord Byron (George Gordon Byron, 17881824) trascorse a Palazzo Guiccioli, nel cuore di Ravenna, anni ricchi in sentimenti e ispirazione, mentre intorno a lui germinavano le cospirazioni che portarono ai moti del 1820-21.
Qui, dal 29 novembre, i visitatori potranno immergersi in quelle storie con le ventiquattro sale del Museo Byron e Museo del Risorgimento, nuovo complesso di 2.220 metri quadrati promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, proprietaria del restaurato palazzo.
Il percorso museale, che comprende anche una sezione dedicata a Garibaldi (cimeli dalle fondazioni Spadolini e Craxi) e il Museo delle Bambole (collezione Graziella Gardini Pasini), è stato progettato da Studio Azzurro. Il progetto museografico è curato da Donatino Domini e Claudia Giuliani.
È il primo museo in Europa dedicato a Byron, a parte la casa dei progenitori vicino a Nottingham e quello a Missolungi, Grecia, dove morì duecento anni fa, il 19 aprile 1824, combattendo per l’autonomia del Paese.
Palazzo Guiccioli è associato alla residenza a Ravenna di Byron tra il 1819-1821, ma la sua storia incomincia a fine Seicento. Nell’ottocento lo acquista il conte Alessandro Guiccioli, di ideali giacobini e sposo della giovanissima Teresa Gamba, quarant’anni in meno e subito amante di Byron, che giunge trentunenne in città il 10 giugno 1819 prendendo dimora a palazzo dove lo raggiungerà l’amico Percy Shelley. Il palazzo passa di mano in mano sino al 1983, quando lo acquista il Comune per cederlo, nel 2012, alla Cassa di Risparmio.
Il restauro rivela oggi anche lo studiolo dell’eroe di Missolungi e riporta alla luce i magnifici apparati decorativi nascosti da strati di intonaco — scene galanti, paesaggi arcadici, capricci —, nonché affreschi che lo stesso Byron commissionò a un pittore che dipinse una Danae tizianesca.
L’allestimento ha un gusto narrativo (video, filmati…) e ripercorre il Grand Tour del poeta dalle Alpi, a Venezia fino a Ravenna, passando da amante in amante. Nella parte nobile sono conservati cimeli e i ricordi di Teresa e Byron: gioielli, capelli del poeta a formare un bracciale, libri, quadri, busti, camei, stampe, un frammento di pelle di Byron dopo una nuotata (pare nuotasse dal Lido al Canal Grande), il cestino con le lettere, i souvenir «vegetali» dei pellegrinaggi in Inghilterra (rami d’albero e le ceneri di una rosa del parco di Newstead Abbey). Ogni stanza è animata da video di ottima qualità e apparati multimediali.
[...] il bookshop si trova dove i tedeschi costruirono un bunker, la Taverna Byron occupa le cantine dove il Lord nascondeva le armi per la Carboneria e dove c’è la caffetteria si trovava il piccolo zoo che Byron portò da Venezia (gli struzzi si affacciavano alle finestre). Byron si pensò come prosecutore di Dante e ora Ravenna associa alle memorie del Divin poeta quelle del più grande inglese dopo Shakespeare.
2. IN CANTINA LE BAIONETTE DEGLI “AMICI ITALIANI” Estratto dell’articolo di Robin, 13° Lord Byron, per il “Corriere della Sera” «Ben mio — eccomi giunto a Ravenna», scrisse nel giugno 1819 un ansioso Lord Byron al suo nuovo amore, la giovane Teresa, contessa Guiccioli, avendo assecondato la sua richiesta di lasciare Venezia per farle visita nella città romagnola. È davvero emozionante pensare che, duecentocinque anni dopo il suo primo arrivo a Ravenna, la memoria di Byron vi sarà mantenuta viva per sempre grazie al nuovo museo dedicato a lui e al Risorgimento, e che aprirà ufficialmente il 29 novembre a Palazzo Guiccioli.
L’ansia provata dal poeta nel giungere a Ravenna è pienamente comprensibile. Si era prefisso lo scopo dongiovannesco di «cornificare un conte papale... nella sua stessa casa» e non sapeva come avrebbe potuto riuscirci o quale accoglienza gli avrebbe riservato il marito di Teresa. Il conte Alessandro Guiccioli aveva la reputazione di persona senza scrupoli verso chi lo ostacolava.
Byron non aveva ancora appreso le convenzioni del Cavalier Servente e si sarebbe stupito di sapere che, a tempo debito, avrebbe occupato un piano del palazzo del conte, con sua figlia Allegra, i servi, sei gatti, due cani, un tasso, un falco, un corvo addomesticato e una scimmia.
[...] «A Ravenna le vecchie usanze italiane si conservano forse più che in qualsiasi altra città d’Italia», scrisse in una delle sue rare lettere a Lady Byron dall’Italia. «È lontana dai percorsi di viaggiatori ed eserciti, e quindi la gente ha mantenuto la sua originalità».
[...] Reputo molto appropriato, inoltre, che il museo sia dedicato anche al Risorgimento. Mentre risiedeva a Ravenna, il bisogno di avventure e il desiderio di sostenere una causa liberale ben presto attrassero Byron negli ambienti della Carboneria. Sebbene inizialmente non fosse che uno spettatore empatico, non passò molto tempo prima che il padre e il fratello di Teresa, il conte Ruggero e Pietro Gamba, lo coinvolgessero nelle loro trame. All’inizio del 1821 i carbonari ravennati organizzarono la consegna di una partita di armi a Palazzo Guiccioli e Byron ne descrisse le cantine come «piene delle loro baionette, fucili, cartucce e quant’altro...». La rivolta prevista non ebbe luogo, ma Byron si dimostrò pronto a esporsi a rischi considerevoli.
Costantemente perseguitato dalla polizia e consapevole del fatto che la sua stessa vita poteva essere in pericolo, scrisse rassegnato: «Non importa molto, supponendo che l’Italia possa essere liberata, chi o cosa venga sacrificato».
Tutt’altro che tranquilla, in particolare per la complessità del suo rapporto con il marito di Teresa, ciò nonostante, la vita di Byron a Ravenna presenta svariati aspetti positivi. Continuò a scrivere, completando tre canti di Don Juan e i due grandi drammi veneziani Marino Faliero e I due Foscari.
Nel rivedere Byron per la prima volta da quando aveva lasciato Venezia, l’amico poeta Percy Bysshe Shelley fu piacevolmente sorpreso nel trovarlo in miglior salute e in uno stato d’animo più sereno, attribuendo questo cambiamento alla sua relazione consolidata con Teresa, «una dama di rango». Della sua vita domestica e delle sue donazioni per opere di carità, Shelley disse: «Sta diventando ciò che dovrebbe essere, un uomo virtuoso».
Quella di Byron e Teresa è una delle grandi storie d’amore della letteratura di tutti i tempi ed è quindi assolutamente appropriato che si inauguri un museo il cui obiettivo sarà quello di celebrare il loro rapporto, ma anche di rendere onore a Byron, il maggior poeta narrativo inglese della sua generazione, e, non ultimo, di testimoniare la vita politica a Ravenna nel diciannovesimo secolo e il ruolo svolto dalla città nella grande storia del Risorgimento italiano.