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 2024  novembre 25 Lunedì calendario

Cacciari sulla politica impotente davanti alle guerre

Il recente voto in Emilia-Romagna e Umbria significa più di un campanellino d’allarme per la caravella del governo Meloni. Secondo un’ottica meno minimalista esso andrebbe letto anzitutto dal precario cantiere del «campo largo» delle opposizioni. Che in regioni di tale consolidata partecipazione alla vita pubblica e di impegno politico si precipiti a un astensionismo superiore al 50 per cento, con un crollo intorno al 20 per cento rispetto alla precedente tornata, dovrebbe indurre tutti a qualche riflessione di lungo periodo. Non può trattarsi soltanto di generica sfiducia nei confronti dell’«offerta» politica. Tantomeno di semplice indifferenza (come potrebbero restare indifferenti lavoratori e pensionati davanti a un costante peggioramento dei loro redditi e della condizione in cui versano sanità, scuola, ecc.?). L’astensionismo rivela ormai un male più profondo. Alla semplice denuncia dell’incapacità dei vari governi ad affrontare i problemi strutturali del Paese, subentra ora come un senso dell’impotenza dell’intera classe dirigente. Un disinganno prossimo alla disperazione. In fondo, si sono provate tutte, dai governi tecnici ai Renzi, dai Renzi ai Salvini, ai governi tecnici di nuovo, alla Meloni. Non sarà che proprio la politica, o almeno la nostra politica, non ce la fa fisiologicamente a reggere la barca nel salto d’epoca che attraversiamo e che nessuno può dire quale nuovo ordine produrrà? Se lo stesso presidente degli Stati Uniti appare ormai un «rappresentante» dei Musk, come potrebbe il governo di un singolo Stato dell’antica Europa confrontarsi con le grandi potenze globali economico-finanziarie che possono determinarne il destino?Eppure, alcune cose, nella coscienza dei propri limiti, anche questo singolo Stato le potrebbe fare. Sì, certo, nessuno da solo può affrontare l’immane catastrofe rappresentata dai 100 milioni di persone che sono state negli ultimi anni costrette a abbandonare la propria casa, esule 1 persona ogni 80 abitanti del pianeta. Ma non è perciò necessario fingere di combinare qualcosa gettando faccia e soldi con operazioni tipo Albania. Sì, certo, né Italia, né Francia, né Germania potrebbero avere parola decisiva in Ucraina o in Palestina. E nessun singolo Paese può impedire l’esponenziale crescita del potere dei Musk, non solo nell’attuale Occidente. Ammesso col necessario realismo tutto ciò, alcuni segni di vita potrebbero pure essere dati. Ricordiamone qualcuno. Sul tassare i mostruosi profitti realizzati dalle grandi corporations e da molte banche in questi anni di crisi si è fatto davvero tutto quello che si sarebbe potuto? No, è stata una linea politica ben precisa a non volerlo. Sull’uso dei debiti – ricordiamocelo – del Pnrr si è mirato a opere infrastrutturali davvero indispensabili, tipo far viaggiare i treni lungo Adriatico e Tirreno o tra Milano e Genova? Vogliamo continuare? È strategicamente vitale per il benessere italico la spinta giustizialista che emerge dai recenti provvedimenti in materia di sicurezza? Una sorta di terribile bulimia punitiva, al di là di ogni logica preventiva, che fa stracci del principio fondamentale, il favor libertatis. Esempio eclattante, su cui altre volte ho richiamato invano l’attenzione dell’ex-garantista Nordio: il caso Cospito. Questo pericolosissimo comandante dell’esercito anarchico in Italia, è da tre anni in regime di 41 bis, per 23 ore al giorno chiuso da solo in cella, senza poter neppure appendere una foto di sua madre. L’alta Corte di Giustizia europea dovrebbe svegliarsi anche su questi esempi di barbarie, e non solo per le tragedie del conflitto israeliano-palestinese. Possibile che su casi così clamorosi tacciano i nostri illustri giuristi? Sileant iuristi in munere alieno? [«tacete, teologi, sulle questioni non di vostra competenza», 1588, il giurista marchigiano a Oxford Alberico Gentili, ndr].E poi ci sono le guerre. È oramai evidente che esse rappresentano un fattore fondamentale nelle scelte dell’elettorato e per le stesse politiche interne. Non ci interessano i «diritti umani»? Che ci interessino almeno quelli economici. Le guerre in corso rappresentano costi sempre più difficili da sostenere, non solo per noi europei. La vittoria di Trump si spiega anche per questo – e la vicepresidenza Vance ne è chiara dimostrazione: l’America vuole finirla con le guerre imposte dall’ondata neo-conservatore di inizio millennio, dei Bush jr., dei Rumsfeld, dei Cheeney. Ci sono colossali problemi di indebitamento (350 per cento del pil) a rendere sempre meno praticabile la linea neo-con (3.000 miliardi di dollari è costata la guerra in Iraq). Si va rafforzando un’opinione pubblica, ben oltre il «mondo» trumpiano, che è indotta a riflettere seriamente sul Project of a new American Century, progetto contro cui si erano levati da subito gli appelli di alcuni tra i maggiori politologi e consiglieri politici, come George Kennan. L’America ha contato 10.000 morti (e 15 feriti per ogni morto) per Golfo, Iraq, Afghanistan. L’America è stanca di essere, ha detto qualcuno, un Paese di reduci di guerra.L’opinione pubblica europea è forse più convinta di quella americana a continuare il confronto Nato-Russia sulla pelle degli ucraini fino alla più improbabile delle vittorie? E allora non potrebbe ogni governo europeo, con tutta la necessaria coscienza dei propri limiti, anche nel drammatico latitare di una volontà politica comune, farsi interprete della volontà di porre termine ai massacri e dichiarare la propria idea su come giungere almeno a un armistizio? Non essere l’attore decisivo rende succubi, esonera dal dire la propria? E non è forse chiaro quale idea dovrebbe esprimersi? Quella perfettamente in linea con tutto ciò che gli stessi leader europei avevano cercato di realizzare con i vari trattati di Minsk. Per chi voglia davvero capire ragioni e responsabilità del loro fallimento, legga il «diario» di Alessandro Cassieri, Tra Russia e Ucraina – è da quei punti che è necessario ripartire, dai punti indicati da Hollande e ribaditi da Macron, da Merkel, da Steinmeier: piena sovranità ucraina sugli attuali confini, statuto di autonomia sul modello Alto Adige per il Donbass. Il nostro governo crede o no in questa prospettiva? O pensa invece a come promuovere l’escalation? Forse i nostri concittadini sono abbastanza maturi da sapere che questo dramma incide sulle loro vite assai più delle elezioni in Emilia. E altrettanto il conflitto israeliano-palestinese. Non si tratta di prender posizione sul mandato di cattura per Netanyahu, si tratta, anche qui, di dichiarare se la nostra linea è rimasta quella dei Craxi come degli Andreotti, dei Mitterand come dei Kohl: non c’è soluzione a questa tragedia senza la costituzione di un vero Stato palestinese.