Avvenire, 24 novembre 2024
90 anni dalla nascita dell’editore Scheiwiller
«Càpitano in libreria col loden verde / il cappello chinato sopra i libri / sfogliano pagine, talvolta appena un cenno / a un loden di un banco più lontano / intellettuali a Milano», ha scritto Luciano Erba in un selfie in versi accanto all’amico Vanni Scheiwiller, editore di All’insegna del Pesce d’Oro, dal nome di una trattoria al Verziere. Così si chiama una delle esperienze più belle di quell’editoria italiana che è piccola per numeri, formati e budget ma grande per fiuto, durata e valore degli autori scelti, da Rebora alla Merini, basterebbero già loro, tacendo di Montale di cui si sentiva «la ruota di scorta» editoriale. Per i 90 anni dalla nascita a Scheiwiller (morto nel 1999) il centro Apice-Archivi della parola, dell’immagine e della comunicazione editoriale, che ne conserva l’archivio, dedica martedì e mercoledì un convegno in Statale dal titolo Vanni fa 90. Memoria ed eredità del più grande piccolo editore italiano. Tra i recenti studi sulle sue carte si segnala il saggio Le Strenne del Pesce d’Oro di Francesco Marinello in uscita nel volume Editoria in versi. Fare e pubblicare poesia (Edizioni Santa Caterina, pagine 212, euro 18,00).
Con altri poeti e critici – Gatto, Cattafi, Piero Chiara, Maria Corti e altri – Scheiwiller ha iniziato a fare letteratura all’ambrosiano «caffè di amici», il Blu Bar in piazza Meda. Quando inizia a sedersi a quei tavolini, nel 1951, Vanni non è ancora maggiorenne ma ha ricevuto dal padre Giovanni il testimone della casa editrice molto domestica, avviata nel 1936 con la minuscola Serie letteraria in ventiquattresimo. Ricorderà: «A me liceale, aspirante giocatore di tennis, mio padre stanco e sfiduciato della sua piccola editrice del sabato e della domenica mi chiese a bruciapelo se volevo continuare, io: “Sì, papà”. Il tennis perse un mediocre giocatore e l’editoria italiana si guadagnò il suo editore di libri o microlibri, non tascabili ma taschinabili». Ha casa e bottega al numero 6 di via Melzi d’Eril, «unico dipendente l’editore stesso che ricopre alternativamente il ruolo di lettore e critico, redattore e correttore di bozze, impaginatore e distributore, proprietario e commesso viaggiatore», amando quelle edizioni d’artista perché fanno sintesi di tre sue passioni: la letteratura, la grafica nella declinazione editoriale e l’arte d’avanguardia. Insegna anche l’attenzione alla materialità preziosa del libro se in grado di dare valore aggiunto al contenuto, artistico o letterario, come ha ben fissato nella memoria Mary De Rachelwiltz, la poetessa e saggista statunitense figlia di Ezra Pound: «Vanni preparava il menabò con righello e forbici, gomma e matita, che si portava appresso, come pure campioni di carta per il testo e la copertina che doveva intonarsi con l’umore del contenuto, la data di pubblicazione coincidere con quella di nascita – o altra ricorrenza. Il numero delle copie da 5 a 500. Mille era il massimo. Numerate a mano, e certi numeri sempre destinati alle stesse persone. Poi i pacchetti con carta marrone e spago fine». I Pesci d’Oro nuotano spesso nella collana Acquario, come un testo dell’amico poeta «tranviere metafisico»: «Dopo la mareggiata / guardavo quel po’ d’onda che restava / nel cavo di uno scoglio sotto il molo / un pesce d’oro guizzava sul fondo / ingrandito dall’acqua / poi fuggì via quando un’altra onda / lo riportò nel grande mare».
Un lettore d’un tempo in effetti può ancora riconoscere degli scrittori «alla Scheiwiller», non perché non abbiano pubblicato con altri ma per il sentire che il piccolo editore, sempre in viaggio con la sua borsona di pelle strapiena di libri, chiamava ironicamente l’«inutilità» del suo catalogo. Anche con stelle di prima grandezza come quella, a suo modo isolata nel cielo della poesia italiana del Novecento, di Luciano Erba, che in un angolo del suo studio teneva volumi e lettere dell’amico Vanni con cui ha condiviso sino alla vecchiaia la speranza nelle parole e nei libri già espressa in uno dei primi testi giovanili pubblicati nel dopoguerra, grazie al maestro e amico Contini: «Tra poco svolterò / per tornare ai miei libri / raccolto / nel loro segreto».