la Repubblica, 24 novembre 2024
L’assemblea costituente del M5s/2
Roma – Alla Leopolda di Giuseppe Conte non si parla di politica, non sia mai rovini l’atmosfera. Sul palco al centro della sala, immaginato così da Rocco Casalino «per avvolgere Conte facendolo abbracciare dalla comunità» si susseguono pensosi dibattiti su sanità, scuola, diseguaglianze. Lo sbadiglio è in agguato, il colpo d’occhio è da convegno dell’Udc, persino Enrico Lucci spegne la telecamera e si arrende: «Qua so’ diventati tutti democristiani». Ma basta nominare Beppe Grillo che i volenterosi “contini” (già grillini) ritrovano la rabbia di un tempo. Patrizia, 74 anni, viene da Napoli e si è portata in borsa alcuni fogli A4 pronti all’uso, nel caso il comico facesse l’errore di presentarsi a sorpresa. Sopra c’è scritto: «Grillo killer su commissione». Uno slogan un po’ criptico, che Patrizia chiarisce volentieri: «Grillo è la voce di Draghi, è stato sollecitato da Draghi per far fuori Conte. Chi me l’ha detto? Lo disse Domenico De Masi. Sta perseguendo questo obiettivo con tutti i mezzi, è arrivato persino a dire che può chiudere il M5S. E no caro Beppe, non siamo più i tuoi embrioni, siamo cresciuti».
Ecco, se c’è una cosa che mette tutti d’accordo, è il risentimento contro il fondatore. I vertici, da Fico ad Appendino, fanno giochi d’equilibrio per non attaccarlo. Ma la platea non ha questi problemi diplomatici. «Quando ha detto che Draghi era grillino – osserva Riccardo, 57 anni da Roma – Grillo si è scavato la fossa da solo. Ora vuole fare come il padre padrone che dice al figlio: io ti ho creato e io ti distruggo. Se venisse qui lo applaudirei come fondatore ma lo fischierei come…affondatore». E poi ci sono i giovani e giovanissimi, che Grillo forse – forse – l’hanno visto solo su qualche vecchio spezzone di Youtube. Come Samuele, 22 anni da Gela: «Quando ero piccolo ricordo questa figura importante. Ma negli ultimi anni non si è più sentito. Dovrebbe lasciare spazio a chi si è davvero dedicato al partito». In questa bolgia di gente che si saluta, che affolla il bar, che si vede in presenza forse per la prima volta, ci sono anche tanti ex. Arrivano alla spicciolata. Aria discreta, bavero alzato, dicono di esser venuti a «curiosare», da fedelissimi del Movimento quali si professano. Sono gli ex deputati e senatori, ormai spettatori, che hanno esaurito i due mandati, ma si aggrappano con tutta la forza all’abolizione del limite. La festa sta per ricominciare e loro non vogliono mancare. «Non chiamiamola abolizione, bensì superamento del limite dei due mandati, per favore», precisa Stefano Buffagni, ex sottosegretario ed ex viceministro, arrivato da Milano per sentire il profumo del nuovo corso. «Però, se mi ricandido, devo dimagrire, altrimenti Casalino non mi fa andare in tv», scherza maneanche troppo l’ex consigliere regionale della Lombardia, che nel 2018 ha portato M5S e Lega al Pirellone per scrivere il programma di governo. Nei corridoi mussoliniani del palazzo dei Congressi all’Eur, dove Berlusconi riuniva Forza Italia, si rivedono Giulia Sarti, Alberto Airola che si stringe in un abbraccio con Roberto Fico, Giuseppe Brescia, Gianluca Castaldo. Si raccontano le loro nuove vite sognando il Parlamento.
Intanto, nella distrazione generale, il premio Nobel Joseph Stiglitz sta parlando male di Trump in collegamento dagli Stati Uniti. Ma male davvero: «Trump mostra le caratteristiche peggiori che possa avere un leader perché mente, è demagogico, porta al caos e, secondo alcuni, è una versione del fascismo del Ventunesimo secolo». Difficile che «Giuseppi» condivida una critica così tagliente. Di sicuro non la condivide chi sta in platea come Riccardo: «Trump una minaccia? D’accordo, ma allora anche Biden lo è. È Biden che manda ai missili all’Ucraina. In Usa è una lotta tra un cattivo e uno più cattivo: io, come Conte, non scelgo nessuno dei due». Vincenzo, che a 25 anni fa il consigliere comunale a Gela, è convinto anzi che Trump «possa fare qualcosa per far smettere le guerre. Anche se porterà svantaggi all’economia italiana con i dazi, però fa solo gli interessi del suo Paese». E sempre Vincenzo, in uno slancio di sincerità, ammette di aspettare che salti il limite dei due mandati: «Altrimenti io, per continuare la carriera politica, tra dieci anni sarei costretto a cambiare partito». Sì, sono decisamente cambiati.