Corriere della Sera, 24 novembre 2024
Il poeta Byron a Ravenna
«Ben mio – eccomi giunto a Ravenna», scrisse nel giugno 1819 un ansioso Lord Byron al suo nuovo amore, la giovane Teresa, contessa Guiccioli, avendo assecondato la sua richiesta di lasciare Venezia per farle visita nella città romagnola. È davvero emozionante pensare che, duecentocinque anni dopo il suo primo arrivo a Ravenna, la memoria di Byron vi sarà mantenuta viva per sempre grazie al nuovo museo dedicato a lui e al Risorgimento, e che aprirà ufficialmente il 29 novembre a Palazzo Guiccioli.
L’ansia provata dal poeta nel giungere a Ravenna è pienamente comprensibile. Si era prefisso lo scopo dongiovannesco di «cornificare un conte papale... nella sua stessa casa» e non sapeva come avrebbe potuto riuscirci o quale accoglienza gli avrebbe riservato il marito di Teresa. Il conte Alessandro Guiccioli aveva la reputazione di persona senza scrupoli verso chi lo ostacolava. Byron non aveva ancora appreso le convenzioni del Cavalier Servente e si sarebbe stupito di sapere che, a tempo debito, avrebbe occupato un piano del palazzo del conte, con sua figlia Allegra, i servi, sei gatti, due cani, un tasso, un falco, un corvo addomesticato e una scimmia.
Mi rammarica profondamente non poter essere presente all’inaugurazione del museo. In quest’anno di celebrazioni del bicentenario della morte di Byron in Grecia nel 1824, sono numerosi gli eventi in tutto il mondo e, nello stesso periodo dell’inaugurazione ravennate, mi sono impegnato a tenere una conferenza in Giappone su Byron e i suoi antenati. Mi mancherà in modo particolare visitare di nuovo Ravenna, dove venni per la prima volta nel 2018 in occasione della International Byron Conference, organizzata dalla Italian Byron Society con il supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna. Avevo già visitato la maggior parte delle città rinascimentali d’Italia, alcune più volte, ma Ravenna si rivelò un’esperienza completamente diversa. Mi parve più autenticamente italiana, ed è interessante notare che la reazione di Byron fu esattamente la stessa. «A Ravenna le vecchie usanze italiane si conservano forse più che in qualsiasi altra città d’Italia», scrisse in una delle sue rare lettere a Lady Byron dall’Italia. «È lontana dai percorsi di viaggiatori ed eserciti, e quindi la gente ha mantenuto la sua originalità».
Durante la mia precedente visita a Ravenna ebbi la fortuna di poter vedere i cimeli byroniani raccolti da Teresa Guiccioli e conservati presso la Biblioteca Classense: tra questi c’erano busti, dipinti, medaglioni, manoscritti e persino frammenti della pelle del poeta – ora, mi si informa, trasferiti al nuovo museo. So anche che molti altri oggetti importanti sono stati raccolti negli ultimi dieci anni, tra cui preziose prime edizioni, dipinti e manoscritti – oggetti che sono impaziente di vedere quando tornerò a Ravenna.
Reputo molto appropriato, inoltre, che il museo sia dedicato anche al Risorgimento. Mentre risiedeva a Ravenna, il bisogno di avventure e il desiderio di sostenere una causa liberale ben presto attrassero Byron negli ambienti della Carboneria. Sebbene inizialmente non fosse che uno spettatore empatico, non passò molto tempo prima che il padre e il fratello di Teresa, il conte Ruggero e Pietro Gamba, lo coinvolgessero nelle loro trame. All’inizio del 1821 i carbonari ravennati organizzarono la consegna di una partita di armi a Palazzo Guiccioli e Byron ne descrisse le cantine come «piene delle loro baionette, fucili, cartucce e quant’altro...». La rivolta prevista non ebbe luogo, ma Byron si dimostrò pronto a esporsi a rischi considerevoli. Costantemente perseguitato dalla polizia e consapevole del fatto che la sua stessa vita poteva essere in pericolo, scrisse rassegnato: «Non importa molto, supponendo che l’Italia possa essere liberata, chi o cosa venga sacrificato».
Tutt’altro che tranquilla, in particolare per la complessità del suo rapporto con il marito di Teresa, ciò nonostante, la vita di Byron a Ravenna presenta svariati aspetti positivi. Continuò a scrivere, completando tre canti di Don Juan e i due grandi drammi veneziani Marino Faliero e I due Foscari. Nel rivedere Byron per la prima volta da quando aveva lasciato Venezia, l’amico poeta Percy Bysshe Shelley fu piacevolmente sorpreso nel trovarlo in miglior salute e in uno stato d’animo più sereno, attribuendo questo cambiamento alla sua relazione consolidata con Teresa, «una dama di rango». Della sua vita domestica e delle sue donazioni per opere di carità, Shelley disse: «Sta diventando ciò che dovrebbe essere, un uomo virtuoso».
Quella di Byron e Teresa è una delle grandi storie d’amore della letteratura di tutti i tempi ed è quindi assolutamente appropriato che si inauguri un museo il cui obiettivo sarà quello di celebrare il loro rapporto, ma anche di rendere onore a Byron, il maggior poeta narrativo inglese della sua generazione, e, non ultimo, di testimoniare la vita politica a Ravenna nel diciannovesimo secolo e il ruolo svolto dalla città nella grande storia del Risorgimento italiano.