https://museodiroma.it/it/mostra-evento/galleria-colonna-1872-2003, 23 novembre 2024
Storia della Galleria Colonna (e del Palazzo Piombino)
La mostra, organizzata dal Museo di Roma in occasione della riapertura della Galleria Colonna dopo un lungo intervento di restauro, propone una selezione di disegni di architettura, documenti e fotografie antiche che provengono dalle raccolte del Museo di Roma e dell’Archivio Capitolino.
Per cinquanta anni, dal 1872 al 1922, la cosiddetta «questione di piazza Colonna» coinvolge, appassiona e divide i romani e non solo i romani.
Al suo prendere consistenza contribuisce, già con i progetti Linari e Mengoni nel 1872-73, l’idea di una grande galleria da realizzare tra la piazza e la fontana di Trevi, destinata a divenire il nuovo centro civico metropolitano, luogo di ritrovo «centrale, ampio e maestoso, in cui la cittadinanza possa radunarsi a passeggiare a tutte le ore (…) dove negozi eleganti e spaziosi (…) possano fare splendida mostra delle più ricche merci».
L’idea della grande galleria, dapprima accolta favorevolmente, viene più tardi rifiutata, per l’eclettismo insito in questo tipo edilizio, che porta in evidenza lo stile industriale nelle coperture e nella cupola e che male si addice ad una immagine di città che si vuole invece sottomettere, nella massa e nelle proporzioni, al modellato dei palazzi già esistenti sulla piazza.
In realtà, la trasformazione diviene inevitabile non per la volontà di dare nuova forma alla storica piazza, ma per la necessità di migliorare la viabilità del tratto centrale di via del Corso che, tra i palazzi Chigi e Piombino, misura nove metri di ampiezza, troppo pochi per la progettata comunicazione tra piazza Barberini ed il quartiere Prati attraverso la nuova via del Tritone, prevista dal piano regolatore del 1883 e tracciata a partire dal 1884.
È questa necessità a determinare la demolizione di palazzo Piombino, tra il 22 giugno ed il 4 dicembre 1889, una decisione certo affrettata, poiché presa in assenza di un progetto approvato, e che non facilita la sistemazione della piazza ma, anzi, ne rende ancora più indeterminati i contorni, accendendo la polemica tra chi la vuole ampliata ad includere lo sterrato e chi vuole ricostruire il fronte continuo lungo via del Corso.
In questi cinquant’anni si moltiplicano, in un crescendo continuo, i progetti e le iniziative proposti al Comune di Roma.
La sistemazione di piazza Colonna stimola all’iniziativa tanto solidi imprenditori che dubbi uomini d’affari, tanto affermati professionisti che dilettanti perdigiorno. A rendere incerti i confini del tema è la difficile combinazione che il Comune vuole attuare: sprovvista delle risorse necessarie alla costruzione di un grande edificio pubblico, l’amministrazione cerca un difficile compromesso tra le ragioni dell’arte ed il guadagno di chi deve darsi carico di portare a termine, a sue spese, la realizzazione.
Per la sistemazione non ci sarà mai un concorso, auspicato da molti e, particolarmente, dall’ordine professionale degli ingegneri (per gli architetti non esiste ancora una professione riconosciuta dalla legge) e dalle influenti associazioni artistiche della capitale. Il Comune respinge in più occasioni e con forza l’idea del concorso, che verrebbe a creare l’aspettativa per una sistemazione dispendiosa che non si ritiene possibile sostenere.
Tanta pubblicità nuoce alla capacità del municipio di decidere. Le deliberazioni stabilite vengono messe in discussione da proposte che le contraddicono e che trovano autorevoli sostenitori. I giornali riportano in tutta evidenza le decisioni e gli umori dell’amministrazione; le associazioni artistiche della capitale e particolarmente l’Associazione artistica fra i cultori di architettura, la Società degli ingegneri e architetti italiani, la Società artistica internazionale tengono seguitissime assemblee, emettono ordini del giorno che vengono affissi per le strade.
La paternità della soluzione spetta ad Ernesto Nathan che nel 1908, all’indomani dell’insediamento, ha fretta di giungere ad un assetto definitivo in tempo per le celebrazioni del cinquantenario dell’Unità d’Italia. Il 16 agosto 1913 si stipula il contratto con Carbone, Mion, Miari e Meschini, i concessionari della sistemazione di piazza Colonna, dopo che il progetto è stato sottoposto ad una revisione formale che ne modera l’apparenza eclettica, a seguito di un intervento d’autorità del Consiglio superiore di antichità e belle arti. La caduta della Giunta e la successiva reggenza commissariale non vedono la posa della prima pietra.
Negli anni, si è prodotto un profondo cambiamento nel concetto di sistemazione della piazza. Nel 1889 in palazzo Piombino si era visto un dannoso intralcio alla circolazione, ora l’ornato cinquecentesco del prospetto rifabbricato da Ascenzio Servi per i Boncompagni intorno al 1822 è motivo di rimpianto. Non è in discussione quale edificio costruire, quanto invece come ricostruire il quarto lato mancante alla piazza, degno di fronteggiare la Colonna Antonina, capace di armonia con il decoro degli altri tre nobili lati e specie con il portico di Vejo, esempio apprezzatissimo di decoro e buono stile.
La nuova giunta di Prospero Colonna eredita controvoglia il progetto di Dario Carbone. Il 30 novembre 1914 si consegna ai concessionari lo «sterrato Piombino».
Importanti ritrovamenti archeologici interessano l’intera estensione dello scavo. Dapprima le statue acefale che si rinvengono in suolo moderno e che Lanciani attribuisce alla collezione rinascimentale di Cosimo Giustini. In seguito, sino ad una quota di 11,93 metri sotterranei, colonne e fitti resti di costruzioni e di strade che si rilevano prima di procedere alla demolizione.
Negli anni successivi la guerra fa sentire i suoi effetti, rallentando i lavori e rendendo arduo l’approvvigionamento dei materiali, soprattutto del ferro.
I lavori di costruzione terminano ufficialmente nel 1922.
Dopo aver commissionato a Giuseppe Guastalla ed Ercole Drei i due gruppi scultorei, intitolati all’industria ed commercio, da collocare nel fastigio del prospetto, Carbone si preoccupa che il Comune non indugi nel dettare l’iscrizione che, in lettere di bronzo di carattere romano, deve rubricare la lapide che sovrasta la loggia del prospetto maggiore. Per rimediare infatti «l’attuale nuda pesantezza, e per ridurlo alle giuste proporzioni, come pure per dargli le sue vere funzioni di elemento decorativo collegante le due parti terminali decorate coi gruppi, il fastigio ha bisogno [tuttora, aggiunge l’autore di questo testo] di essere ornato con la forma classica dell’iscrizione».
Restauro della Galleria Colonna
La ristrutturazione e rilancio culturale – commerciale della Galleria Colonna è stato realizzato dalla società proprietaria Immobiliare Colonna, partecipata dalla San Paolo Investimenti Patrimoniali, dalla Rinascente e dalla Lamaro Appalti, che ha curato l’intero intervento di ristrutturazione e di restauro.
Della particolare cura prestata nell’intervento della complessa opera risaltano la nuova pavimentazione in mosaico, la ripulitura delle facciate, degli stucchi, dei soffitti ed il ripristino della superficie a vetrata del velario di copertura, che hanno restituito alla Galleria Colonna il suo elegante aspetto.
InformazioniLuogoMuseo di RomaTipoMostra|Architettura e Design, Mostra|Fotografia, Mostra|DocumentariaAltre informazioniLa m ostraè stata realizzata grazie alla sponsorizzazione della società Lamaro Applati che ha curato il restauro della galleria.
Sito WebCuratoreFrancesco Giovannetti, Maria Elisa Tittoni, Simonetta Tozzi