La Stampa, 22 novembre 2024
La legge e Netanyahu
Sospetto, come la Corte penale dell’Aia, che Benjamin Netanyahu a Gaza abbia commesso crimini di guerra. Sono convinto che crimini di guerra siano stati commessi ottanta anni fa dagli Stati Uniti a Hiroshima e a Nagasaki e dall’aviazione alleata sulle città tedesche, rase al suolo, sterminata la popolazione civile. Ringrazio il cielo di non essere nato in un tempo e in un luogo nei quali l’uso della forza fosse necessario alla sopravvivenza e alla sconfitta del tiranno, e cioè in un tempo e in un luogo nei quali fosse necessario ammazzare per salvarsi e ammazzare per accorciare la guerra e salvare più persone possibile. Ringrazio soprattutto il cielo di non essere passato, per questo, dal metro di un giudice che stabilisse innocenza o colpevolezza, un centimetro di qui o uno di là. Da Norimberga in poi – e penso Norimberga compresa, dove si processarono i criminali nazisti – il tentativo di dividere i buoni e i cattivi in guerra, secondo le Tavole della Legge, è stato disastroso. Già incriminare Vladimir Putin è un’assurdità. Forse una necessità giuridica, ma un’assurdità politica. Poi che fai? Tratti col criminale di guerra? E le aiuta, quelle trattative, un’incriminazione? E servirà a qualcosa la nuova incriminazione in Medio Oriente? Le guerre si concludono, dopo orribile sperpero di morte, per volontà politica perché la politica è la più alta delle attività umane: è flessibile, malleabile, trova l’incastro impossibile. La giustizia invece è per suo stesso nome assoluta: non vuole più nessuna sfumatura. Mi pare questo il caso perfetto in cui la giustizia si mette più in alto della politica, e fa solo danno.