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 2024  novembre 20 Mercoledì calendario

“LA CHIESA DEVE AVERE IL CORAGGIO DI STARE ALL’OPPOSIZIONE CONTRO CIÒ CHE È DOMINANTE E CHE TUTTI REPUTANO GIUSTO” – NEL 1997 L’ALLORA CARDINALE RATZINGER (FUTURO PAPA BENEDETTO XVI) IN UNA INTERVISTA INEDITA CITO’ LA LEZIONE DI PASOLINI: “LA CHIESA DOVREBBE DIVENTARE PIÙ POVERA, PER DIVENTARE PIÙ RICCA -  HO PAURA DEL DENTISTA, FORSE, O ANCHE DI ALTRI TRATTAMENTI MEDICI. ALTRIMENTI, HO LA PREOCCUPAZIONE DI NON RIUSCIRE A ESPRIMERE BENE QUALCOSA, CHE VADA STORTA UNA CONVERSAZIONE SU UNA COSA IMPORTANTE - IL DIO GIUSTO O IL DIO BUONO? SPERO PROPRIO CHE SIANO LA STESSA COSA” -

Questo è uno stralcio dell’intervista inedita in italiano concessa dall’allora cardinale Joseph Ratzinger nel 1997 alla radio Bayerischer Rundfunk. Il testo fa parte del nuovo volume dell’Opera Omnia di Ratzinger che verrà presentato domani alla LUMSA di Roma alle 17, alla presenza di padre Federico Lombardi, presidente della Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, e mons. Georg Gäswein, già Segretario particolare di Benedetto XVI. Testo di August Everding pubblicato da "la Repubblica"

Eminenza, siamo stati invitati a una trasmissione dal titolo “Incontro a Roma”. Un incontro a Roma, nel Suo caso, è evidentemente un incontro in Vaticano. Il Vaticano è ancora il centro del mondo? «Non mi esprimerei in questi termini; ma rappresenta ancora un significativo centro spirituale nel quale s’incontrano persone che giungono da ogni dove, un luogo che conduce gli uni verso gli altri».

E per un cardinale non è una prigione? «Niente affatto, perché i cardinali volano, attraversano in lungo e in largo il mondo. Su ogni aereo potrebbe trovarne uno».

Lei è sempre in dialogo. È ancora in dialogo col mondo, oppure dialoga solo con i vescovi, con il Papa e con Dio? «È naturalmente difficile rispondere. Ma, al riguardo, direi che a volte, forse, i vescovi vivono eccessivamente distanti dal mondo, benché nel complesso anche i vescovi sono un pezzo di mondo. In effetti, parliamo prevalentemente con vescovi e con uomini di Chiesa.

Ma parliamo anche con altre persone, perché, proprio oggi che ci sono questi grandi problemi di etica politica, di etica medica e di etica sociale, gente proveniente da questi ambiti viene da noi col desiderio di un dialogo. Perciò non si può dire, che ci muoviamo solo in una prigione clericale rispecchiando noi stessi. La realtà di oggi è talmente forte che per forza ci si confronta con essa, ed effettivamente colpisce».

Lei in realtà si sente ancora compreso? Quando scrive e quando parla, la ascoltano, la capiscono? «Dipende. Ci sono naturalmente alcuni libri di carattere teologico che sono forse un po’ troppo distanti dal pensiero e dal linguaggio della gente. Ma domande come: “Quando si vive nel modo giusto?”, “Quando si vive in modo sbagliato?”, riguardano e sempre riguarderanno ogni uomo».

Quale è stata la sua prima esperienza con l’arte? Ho letto che lei giocava pure con un teatrino delle marionette in una soffitta. «Esatto. A Tittmoning, quando eravamo ancora piccoli, un nostro amico aveva un teatrino di marionette e quella soffitta, per noi, era piena di segreti. Fu naturalmente un’esperienza veramente magnifica e molto stimolante, che non ho mai dimenticato».

Il cardinale Meisner una volta ha detto che lei sarebbe il Mozart della teologia. «È troppo gentile».

Ma con Mozart ha comunque un rapporto molto particolare. Quale? «Semplicemente lo amo, e direi che è un amore che, come ogni grande amore, non ha un vero “perché”, che non è necessario motivare razionalmente; vi percepisco semplicemente la grandezza del bello, della stessa realtà. Non c’è nulla di artificiale, nessuna captatio benevolentiae in essa. Direi che quella musica è semplicemente bella, com’è bella la creazione».

Di che cosa ha paura? «Ho paura del dentista, forse, o anche di altri trattamenti medici. Altrimenti, ho piuttosto la preoccupazione di non riuscire a esprimere bene qualcosa, a capire bene qualcosa, che vada storta una conversazione su una cosa importante. Naturalmente penso poi anche al Giudizio finale».

Io ho paura del Dio giusto. Spero nel Dio buono. «Io spero proprio che siano la stessa cosa. Ciononostante, penso sia bene tenere sempre d’occhio anche il Dio giusto, sapendo che non si può semplicemente vivacchiare».

Signor cardinale, una volta le è stato chiesto: quante vie portano a Dio? E la sua risposta, per me assolutamente sorprendente, fu: tante quanti sono gli uomini. È una risposta che non mi sarei mai aspettato. Pensavo che avrebbe risposto: la via passa ancora solo per la Chiesa. «Sì, ma Dio ha fantasia. Secondo la nostra fede, egli ha creato ogni singolo uomo, dunque ha in mente qualcosa di specifico per ognuno e a ognuno ha preparato la sua propria via. Naturalmente le vie sono in relazione tra loro. E se poi le si guarda più dal profondo, ci accorgiamo che tutte rappresentano un’unica via, perché, come noi crediamo, Cristo è la via. Egli non è una lontana figura storica ma è presente nella Chiesa che vive. Ma si può stare su questa via nei modi più vari, per così dire, e ognuno ha davvero la sua particolarissima via, che in ultima analisi conoscono solo lui e Dio».

Che effetto le fa il giudizio del professor Küng per cui “Ratzinger, servendosi di una terminologia moderna, difende posizioni del tutto medievali”? «Bisogna naturalmente chiedersi che cosa si debba intendere per medievali. Non reputo il Medioevo così cupo come forse lo giudica Küng.

Ma, soprattutto, sono dell’opinione che, come cattolici, abbiamo una fede che si sviluppa: inizia con la fede di Israele, ha il suo punto di cristallizzazione nella fede del Nuovo Testamento e tutte le generazioni cercano di affermarla a loro modo. È importante la continuità delle generazioni, soprattutto la continuità nell’essenziale. Spero di credere le medesime cose di san Paolo».

Perché con il cristianesimo il mondo non è diventato migliore? Siamo già ormai a 2000 anni di cristianesimo e si è sempre desiderato che il mondo diventasse un po’ migliore, ma è rimasto ancora così cattivo.

Perché il cristianesimo non ha prodotto quasi nulla? «Questa, naturalmente, è una grande questione che opprime ogni credente. Ma io penso che in questo caso si debba appunto considerare la libertà dell’uomo e che la storia non è semplicemente un continuum, un procedere continuo, come nello sviluppo di apparati o cose simili. Al contrario, ogni generazione è nuova, ognuna può deflettere, ognuna può agire in modo completamente diverso.

Significa che fin tanto che c’è libertà, lo sviluppo della storia non è semplicemente un continuum – né nella direzione del sempre meglio, né in quella del sempre peggio – ma è sempre l’avventura di un nuovo inizio. Penso che si debba appunto considerare questo».

Lei sa che Pasolini ha detto che la Chiesa dovrebbe stare all’opposizione. Ha ragione? «Non mi esprimerei in termini così apodittici, ci sono anche tante cose che la Chiesa deve approvare. Non deve essere contro solo per principio, ma distinguere. Anche nella società moderna ci sono molte cose che possiamo approvare, per cui non dobbiamo semplicemente vincolarci a stare nei banchi dell’opposizione.

Ma Pasolini ha ragione nel senso che ogni società è tentata di adattarsi a forme di vita che poi in qualche modo divengono ingiuste e disumane, e che perciò l’opposizione è sempre necessaria.

In questo senso la Chiesa deve veramente avere sempre il coraggio di stare all’opposizione contro ciò che è dominante e che tutti reputano giusto; ma non acriticamente: ci sono e ci saranno sempre anche molte cose buone. Ma il coraggio di opporsi, proprio in cose molto comuni, quello deve esserci».

Per usare una sintesi giornalistica: la Chiesa dovrebbe diventare più povera, per diventare più ricca. «Sì, esattamente».

Eminenza, Lei conosce bene la storia della Chiesa e sa tutto quello che è successo nelle elezioni dei papi: crede veramente che all’elezione dei papi cooperi lo Spirito Santo; lo dico riferendomi, ad esempio, al IX secolo? «Non direi che sia lo Spirito Santo di volta in volta a sceglierlo, perché ci sono troppi esempi di papi che con tutta evidenza lo Spirito Santo non avrebbe scelto. Ma direi che lo Spirito Santo non perde del tutto il controllo della faccenda e come un buon educatore, per così dire, ci dà molto spago, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza però mollare del tutto. Il ruolo dello Spirito Santo dovrebbe essere inteso in un senso molto più ampio, non che a un certo punto indichi il candidato per il quale si debba votare. Di certo, però, consente solo quanto non può totalmente rovinare la faccenda...».