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 2024  novembre 20 Mercoledì calendario

In un anno attive 100 testate in più

Numeri e scenari inquietanti. Il «pericolo atomico» guadagna sempre più spazio e più rilievo nei documenti ufficiali delle tre potenze nucleari occidentali. Stati Uniti, innanzitutto, con un totale di 3.708 testate a disposizione, di cui 1.770 pronte al lancio e altre 1.938 custodite negli arsenali, ma utilizzabili nel giro di pochi giorni.
Poi la Francia: 290 atomiche, di cui 280 già dispiegate. Infine il Regno Unito: 225 totale e 120 pronte all’uso. I dati provengono dall’ultimo rapporto del Sipri (Stockholm international peace research institute), pubblicato il 24 settembre 2024. Il centro studi svedese ha elaborato le poche informazioni ufficiali disponibili, tracciando il quadro dell’atomica globale. Oltre a Usa, Regno Unito e Francia, nella lista radioattiva figurano altri sei Paesi: Russia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele. L’ammontare degli ordigni in possesso di questi nove Stati è pari a 9.585 testate, di cui 3.904 «operative». Attenzione: gli armamenti «pronti» sono 100 in più rispetto allo scorso anno. Questo significa che nel giro di dodici mesi, il «rischio nucleare» è aumentato.
La conferma viene dai documenti strategici delle tre democrazie dell’Alleanza Atlantica, le sole a muoversi con una certa trasparenza. Nel 2022, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il presidente Joe Biden ha disposto l’aggiornamento della «nuclear posture», la «dottrina nucleare» Usa. Resta confermato il principio base fissato nella prima «revisione» condotta dall’Amministrazione di Bill Clinton nel 1994: solo il presidente può ordinare una risposta atomica nel caso «di estreme circostanze per difendere gli interessi vitali degli Stati Uniti, dei suoi alleati e dei suoi partner». La formulazione è volutamente elastica, se non ambigua, come spiegano le «linee guida» di aggiornamento, pubblicate dal Pentagono. Ecco uno dei passaggi chiave: «Tutti i piani di impiego del nucleare devono prevedere la flessibilità per mettere in campo risposte su misura... per ogni crisi atomica». Gli americani puntano sulla «deterrenza», sulla capacità delle bombe atomiche di dissuadere «gli avversari a colpire». Non viene menzionata l’eventualità di un attacco preventivo; ma non è nemmeno escluso. Il mirino è puntato innanzitutto sulla Russia «che rappresenta un’acuta minaccia»: 1.710 atomiche schierate, più altre 2.670 stoccate nei depositi (totale: 4.380). Gli Usa temono che si possa costituire un «fronte nucleare» formato da Russia, Corea del Nord e Cina (24 dispositivi attivati su 500).
Regno Unito e Francia non si discostano molto dalle regole americane: il ricorso alla bomba è ammesso solo in caso di grave minaccia alla sicurezza nazionale. A Londra solo il primo ministro e a Parigi soltanto il presidente possono premere il bottone rosso, cosi come ce lo immaginiamo. I missili britannici sono montati soprattutto sui sottomarini che pattugliano quotidianamente le coste dell’Isola. Il Regno Unito ha dichiarato fin dal 1962 che il suo armamento nucleare era al servizio della Nato, a protezione, quindi, di tutti i Paesi membri (oggi sono 32). È un principio che vale anche per la «force de frappe» francese. I governi di Parigi, però, sono più gelosi delle loro prerogative. Un solo esempio. Nel 1966 la Nato ha istituito il «Nuclear planning group», con funzioni di analisi e di coordinamento. L’organismo è presieduto dal Segretario generale e ne fanno parte tutti i soci dell’Alleanza. Tranne i francesi, per una decisione presa all’epoca da Charles De Gaulle e mai rivista.