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 2024  novembre 19 Martedì calendario

La guida suprema è morta o no?

All’interno degli apparati occidentali si è diffusa per giorni la notizia, pur rimasta senza alcuna conferma, della presunta morte a 85 anni della Guida Suprema della Repubblica Islamica, Alì Khamenei. Malato di cancro da tempo, nelle scorse settimane le sue condizioni di salute avrebbero subito un peggioramento tale da ridurlo in coma, prima del sopraggiungere della dipartita.
Il regime non ha né confermato e né smentito la notizia, lasciando fertile il terreno su cui si gioca la guerra dell’informazione e della propaganda tra attori nemici. Israele ed Iran si stanno sfidando apertamente anche in questo campo, ragion per cui le indiscrezioni sulla salute della Guida Suprema vanno analizzate secondo gli schemi relativi alle suddette tipologie di conflitto non convenzionale.

A Teheran tiene banco il delicato tema della successione a Khamenei: l’eredità dell’incarico spetterebbe di diritto al figlio Mojtaba Khamenei, 54 enne ritenuto più intransigente del padre rispetto ai nemici della teocrazia ma al tempo stesso meno influenzabile da apparati e forze armate.
La necessità di organizzare la successione senza che il periodo di transizione del potere determini l’indebolimento strutturale del regime è impellente. Lasciar presagire l’incombenza di scenari nefasti dovuti alla precaria salute della Guida Suprema potrebbe preparare l’opinione pubblica nazionale allo scenario di un rapido cambio della guardia. Tuttavia, lasciar circolare notizie non verificate, senza neanche smentirle, sulle condizioni di Khamenei potrebbe derivare dall’attuazione di una tattica politica: illudere i nemici che a Teheran si stia per attraversare una fase all’insegna dell’incertezza ai vertici del potere, mirerebbe ad infondere la sottovalutazione di capacità militari e prontezza all’azione dei due eserciti nazionali.
Dall’altra parte della barricata c’è Israele che è parte integrante della sfida giocata pure nei settori dell’informazione e della propaganda. Il primo ministro Benjamin Netanyahu di recente si è pubblicamente rivolto al popolo iraniano, invitandolo a proseguire la lotta contro il regime, paventando la possibilità di arrivare presto ad un cambio ai vertici della teocrazia grazie pure al supporto esterno. «Non lasciate che un piccolo gruppo di teocrati fanatici distrugga le vostre speranze e i vostri sogni. So che non sostenete gli stupratori e gli assassini di Hamas e Hezbollah, ma i vostri leader lo fanno. Meritate di più», ha dichiarato in uno dei suoi interventi. Anche in questo caso la comunicazione delle istituzioni israeliane potrebbe coniugare la conoscenza di informazioni sensibili relative al fronte nemico con l’intenzione di trasmettere un messaggio politico. Se a Gerusalemme vi fosse conoscenza delle condizioni di salute di Khamenei, ponendo il caso sia egli in stato terminale o addirittura già morto, diffondere l’immagine della prontezza a sostenere le rivolte contro il regime e i dissidenti che vorrebbero insediarsi alla guida del paese rappresenterebbe una tattica efficace.

Al tempo stesso, se le informazioni sulla salute della Guida Suprema dovessero essere false, Israele potrebbe comunque rilanciarle per ledere l’immagine del nemico e spingere i cittadini oppressi a rivoltarsi contro i propri aguzzini. Considerando la probabile escalation nelle ostilità tra i due attori, dato l’atteso attacco iraniano e l’eventualità che sia Gerusalemme a colpire preventivamente l’Iran, l’uso della guerra psicologica e dell’informazione non ricopre un ruolo secondario.
Dal futuro della teocrazia dipende il destino del Medio Oriente, ragion per cui anche le operazioni psicologiche sulle condizioni di salute dei suoi capi assumono un’importanza potenzialmente decisiva. Nelle prossime settimane gli eventi bellici e diplomatici potrebbero favorire il ritrovo della chiarezza pure su questo tema, superando la coltre di fumo che lo circonda e sembra destinare all’incertezza.