Corriere della Sera, 19 novembre 2024
Parlare di libri? Meglio che leggere
Si torna sempre felicemente rinfrancati dai festival dei libri. Ora a Milano si è conclusa BookCity (1.600 incontri in quattro giorni) e presto a Roma si aprirà Più Libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria. Intanto #ioleggoperché ha chiuso la campagna di raccolta dei libri per le scuole. È da molti anni un bel modo per aiutare le librerie e aggirare la scarsità di risorse pubbliche per le biblioteche scolastiche. «Ogni libro donato è come un albero che si pianta nel giardino della grande comunità culturale italiana», ha detto il ministro Giuli per promuovere la donazione dei privati cittadini. Bella immagine. Tutto si fa per il libro, per la lettura, per la cultura. Anche il festival Scrittorincittà che si è concluso domenica a Cuneo e il Festival del Classico che si inaugura il 27 novembre a Torino; anche il festival DiPassaggio che partirà il 28 a Genova. È un tripudio di chiacchierate e discorsi sui libri in un Paese in cui i libri si vendono (e soprattutto si leggono) a fatica: in Italia, chi leggeva poco legge sempre meno, mentre il lettore forte legge sempre di più. Fatto sta che solo il 35 per cento degli italiani sopra i 16 anni legge almeno un libro l’anno. Questione antica, ma con la moltiplicazione dei benemeriti festival sembra avverarsi l’invito ironico lanciato nel 1967 da Luciano Bianciardi in un famoso articolo pubblicato sul settimanale ABC: «Non leggete i libri, fateveli raccontare». Era il tempo in cui uscivano 12 mila titoli l’anno: oggi sono più che settuplicati (85 mila libri usciti nel 2023). Scriveva Bianciardi: «Non c’è neanche il tempo di leggere i titoli e i risvolti di copertina». Per chi si buttava allora nella lettura, avvertiva Bianciardi, c’era il grave rischio di affogare. Figurarsi oggi. L’autore della Vita agra ironizzava: «Chi vuol darsi una formazione culturale ha dinanzi a sé questa prospettiva: morire prima». Ma poi precisava che in realtà il pericolo di morire per farsi una formazione culturale era remoto. «Nessuna persona seria e pratica vuole oggi formarsi: basta informarsi». Dopo tanti anni la persona seria può soprassedere anche all’informazione. Bianciardi consigliava dunque, soprattutto al giovane che volesse affrontare una conversazione in società, di farsi raccontare i libri da qualche kamikaze che li aveva letti davvero: «Basta che ascolti e saprà tutto in mezz’ora», scherzava. Con i festival è ancora più comodo.