Libero, 17 novembre 2024
I conti della campagna di Harris
Il cambiamento climatico non conta se di mezzo c’è una campagna elettorale da vincere. O meglio, a parole Kamala Harris ha continuato a sottolinearne la “minaccia esistenziale” promettendo misure drastiche, nei fatti ha razzolato tutto il contrario.
È di almeno 12 milioni di dollari la somma totale spesa durante la campagna per l’utilizzo di jet privati durante la campagna, per lei durata poco più a malapena tre mesi, di 2,2 milioni di dollari la cifra sborsata per tali voli nel rush finale a fine ottobre nel disperato tentativo di battere Trump.
A beneficiarne principalmente è stata la Private Jet Services Group con sede nella Florida meridionale che si vanta di essere la prima compagnia aerea privata a zero emissioni di carbonio d’America e sostiene che i suoi voli sono tutti carbon-neutral attraverso il suo “programma di riforestazione”. Promette insomma che le sgasate inquinanti di Kamala Harris da una parte all’altra del Paese saranno compensate dalla già programmata piantumazione di 79 mila alberi sulle Montagne Rocciose.
Basterà? Un un jet privato produce circa 2 tonnellate di anidride carbonica in un’ora e il loro alto tasso di emissioni di diossido di carbonio per passeggero li rende 14 volte più inquinanti di un volo di linea. Ma non è questo il punto. Secondo molti ambientalisti piantare gli alberi è un atto positivo e dovuto, ma compensa solo una frazione dell’inquinamento e di conseguenza è un modo molto limitato e inaffidabile di affrontare il cambiamento climatico. Mentre è un espediente comprovato di mettersi in pace con la coscienza. Anche Trump durante la campagna elettorale ha fatto abbondante uso di jet privati che possiede personalmente, ma almeno non si è mai eretto a paladino della difesa del clima. Kamala invece lo ha fatto, almeno inizialmente, e si è meritata anche l’appoggio incondizionato del Green New Deal, una coalizione di circa 20 gruppi di difesa del clima, tra i quali il Sunrise Movement e la Climate Justice Alliance e Greenpeace. Il tycoon al contrario si è meritato il loro disprezzo, credendo fermamente nell’utilità dei combustibili fossili e nelle tecniche di perforazione, come il famoso fracking, che dagli ambientalisti sono viste come il male assoluto.
Quella per i voli peraltro non è l’unica cifra che ha fatto storcere il naso della campagna di Kamala che ha avuto a disposizione la somma monstre di 1,6 miliardi di dollari, dei quali uno solo in raccolta fondi diretta. Il triplo di Trump, eppure alla fine la Harris, oltre a perdere malamente, è riuscita addirittura a dichiarare un debito di 20 milioni. Colpisce tra l’altro che al 16 di ottobre, cioè a 20 giorni dalle elezioni, aveva ancora a disposizione 180 milioni di dollari. Ma come ha fatto a fulminarli tutti e anche di più? Secondo i dati ufficiali la maggior parte del totale è stata destinata alla pubblicità: circa 654 milioni di dollari.
Ma tra le somme che più hanno fatto imbestialire partito ed elettori ci sono quei 20 milioni, lo stesso ammontare del debito, spesi per i concerti e le apparizioni di celebrità come Jon Bon Jovi, Christina Aguilera, Katy Perry, Megan Thee Stallion e Lady Gaga. Una spesa che alla fine dei conti è risultata perfino controproducente.