Tuttolibri, 18 novembre 2024
Immaginate che il commissario di uno sperduto paese in Borgogna vi chiami al vostro telefono di Parigi per informarvi della morte di vostra zia
Immaginate che il commissario di uno sperduto paese in Borgogna vi chiami al vostro telefono di Parigi per informarvi della morte di vostra zia. La stessa zia che avete sepolto tre anni fa.Ci dev’essere un errore, pensereste senza dubbio, come lo pensa Agnès, la narratrice di Tatà, il nuovo romanzo di Valérie Perrin pubblicato da e/o con un’accurata traduzione di Lorenzo Bracci Testasecca. All’obitorio, però, la realtà è inequivocabile: «La sua faccia, il suo collo, le sue spalle. È un po’ dimagrita e invecchiata. È lei senza essere lei, ma è lei. La riconosco. Il capitano mi domanda se sono sicura. Annuisco».È così che inizia Tatà (tata, senza accento, in francese è il diminutivo affettivo di tante, “zia"), e se il libro di Perrin supera le 600 pagine è perché contiene molte vite. Quella di Agnès, una celebre regista di trentotto anni, si è già spezzata un paio di volte: quando suo padre Jean, pianista prodigio, è morto prematuramente dopo un concerto, seguito qualche anno dopo dalla madre violinista. E quando Pierre, attore di tutti i suoi film, padre di sua figlia Ana e soprattutto grande amore della sua vita, l’ha piantata per un’altra.È dunque nella tormenta di una crisi personale che Agnès riceve la notizia della seconda morte di Colette, la sorella di suo padre con cui aveva sempre parlato poco ma con la quale aveva sempre trascorso le vacanze a Gueugnon, una cittadina operaia nel dipartimento della Saône-et-Loire (di cui Valérie Perrin è originaria).«Aveva il passo rapido, un bel portamento, era fine, non si è sposata, non le ho mai visto un innamorato, non ha avuto figli, era misteriosa come una tomba, talmente misteriosa che ignoro chi sia sepolto nella sua da tre anni, aveva belle mani e sapeva usarle, era tifosa del FC Gueugnon». La sua assenza, che per la prima volta lascia spazio alla sua autentica presenza, fa di tatà l’indimenticabile protagonista del libro, un personaggio commovente, delicato ma fortissimo come lo sono solo gli umili, gli invisibili.Calzolaia in una bottega del paese, di pochissime parole ma di una smisurata onestà, è difficile credere che Colette abbia messo in scena la sua morte nel 2007 solo per ritirarsi a vivere da sola in una casa di Gueugnon a pochi metri da quella in cui aveva vissuto tutta la vita. Eppure è così, confermano a Agnès gli unici che erano al corrente del piano della zia, il suo vecchio amico Louis e il dottore del paese che aveva firmato il certificato di morte.Mentre la polizia indaga, la nipote resta dunque in Borgogna per capire chi era davvero quella zia minuta e taciturna, ritrovando gli amici di quando era adolescente, Lyèce, Hervé e Adèle, che l’aiuteranno ad attraversare il lutto della perdita di Colette e della fine del suo matrimonio.Le sorprese però sono appena cominciate, come il romanzo: nella casa in cui la zia si era nascosta, Agnès trova uno scatolone che contiene centinaia di cassette sulle quali tatà ha registrato con un vecchio mangianastri la storia della sua vita.«Perché ha aspettato di essere morta per parlare con me?»: dalla voce registrata emerge il ritratto di una donna molto più complessa di quanto Agnès credeva, coraggiosa nel suo amore e nel suo dolore, con alle spalle un’infanzia tragica e con accanto un’altra donna, Blanche, incontrata da bambina al circo e dalla quale non si è più separata – forse fino alla tomba.Agnès scopre dunque che se il padre era diventato uno dei più grandi pianisti contemporanei, fu soltanto grazie alla volontà della zia, che riuscì a farlo studiare nonostante la miseria e la mancanza di amore nelle quale i due fratelli erano cresciuti. Scopre anche la terribile storia di Blanche, strappata alla madre, che ancora vive in una casa di riposo e che Agnès incontrerà, da un padre violento. Fino a scoprire di più persino su suo marito Pierre, che aveva sempre mantenuto un legame segreto con la zia, la quale anche da morta non rinuncia ad aiutare la nipote a ritrovare la felicità.Come con i romanzi precedenti, a partire da Cambiare l’acqua ai fiori, Valérie Perrin regala al lettore un romanzo scritto con l’inchiostro e una profonda empatia. Tatà è una storia di sensibilità invisibile ma potentissima, che si dipana soprattutto attraverso le voci delicate dei protagonisti, che emergono dalle cassette della zia e dalle confidenze degli amici. Le vite straordinarie di Agnès e dei suoi genitori, tutti artisti, trovano senso solo nelle vite ordinarie di Colette e degli abitanti di Gueugnon, nella loro umile capacità di avere cura e nelle poche parole di chi ama e sa aspettare.Dopo averlo letto tutto d’un fiato tanto sembra un film fuori dal tempo, il lettore avrà l’impressione di aver condiviso l’intimità dei protagonisti di Tatà, nella certezza che non siamo altro che i legami che abbiamo saputo costruire e trasmettere.