Corriere della Sera, 18 novembre 2024
Intervista a Carlo Nordio
Roma Ministro Carlo Nordio l’Anm denuncia attacchi mirati ad assoggettare i giudici alla politica. È così?
«No. E non capisco da dove traggano questa convinzione. Mi attendo argomentazioni logiche, non slogan folcloristici».
Temono che screditarli prepari il terreno per sottomettere alla politica il controllo di legalità. La separazione delle carriere non è il primo step?
«No. Esiste in tutti i Paesi democratici che hanno introdotto, come noi, il codice accusatorio. Inglesi e americani ci ridono dietro quando diciamo che è un attentato all’indipendenza del giudice».
Il governo vuole magistrati intimiditi e ridotti al silenzio o che rinuncino al dovere costituzionale di partecipare al dibattito pubblico?
«Il presidente Mattarella si è più volte espresso sui limiti del cosiddetto protagonismo dei giudici. La partecipazione deve essere contenuta in quei limiti. Io mi riconosco in pieno nelle sue sagge parole».
Ma il magistrato è libero di manifestare o no?
«Appunto: libero, ma vincolato dall’imparzialità che deve manifestare al cittadino. Se un giudice definisce pericoloso il presidente del Consiglio, la credibilità sua, e di chi lo difende, cade a zero».
L’Anm le chiede di scongiurare l’irragionevole aggravamento di competenze sulle Corti d’appello, che con le convalide dei trattenimenti verrebbero messe in ginocchio. Che farà?
«L’emendamento parlamentare prevede esattamente il contrario. Abbiamo tolto i reclami contro i provvedimenti delle sezioni specializzate, come chiedevano i loro presidenti. E l’eventuale devoluzione delle convalide può essere una maggiore garanzia giurisdizionale».
Esclude che al governo o nella maggioranza ci sia chi attacca i magistrati non per il contenuto tecnico dei provvedimenti, ma perché sgraditi?
«Io continuo a predicare e ad auspicare un dialogo franco e fruttuoso con la magistratura di cui mi sento ancora di fare parte. Non esistono magistrati sgraditi. Come spero non esistano, per i magistrati, politici sgraditi».
Non è prerogativa dei giudici interpretare le leggi tenendo conto della gerarchia dei valori tra cui primazia del diritto europeo e separazione dei poteri?
«Questione complessa, e infatti in Europa ognuno va per conto suo. La soluzione non può che essere unitaria a livello politico. Prima si fa, meglio è».
Quando presenterà ricorso contro la decisione del Tribunale di Bologna di rivolgersi alla corte Ue sui Paesi sicuri?
«I primi sono già stati depositati, e la Cassazione si pronuncerà a dicembre. Come ha detto Santalucia, se i provvedimenti si ritengono sbagliati, si possono impugnare. Lo stiamo facendo».
Non è stata un’ingerenza sui giudici, la sua, dire che il referendum non si farà?
«Il contrario. Io ho detto, e lo ripeto, che prima di tutto occorre leggere la motivazione della sentenza, e che a spanne, leggendo il riassunto del dispositivo, è presumibile che i quesiti siano in gran parte superati. E comunque l’ultima parola spetterà alla Cassazione e alla stessa Corte costituzionale».
Ha detto di condividere le obiezioni della Consulta alla legge sulle autonomie. Quali?
«Ho detto che condivido la sentenza della Corte perché un ministro della Giustizia deve condividerla per definizione. Proprio perché la Corte è l’interprete autentica della Costituzione».
Aveva espresso quei rilievi al ministro Calderoli?
«No. Per la ragione che ho detto, non mi sono nemmeno posto il problema».
Autonomia e premierato erano state presentate come riforme che si bilanciavano. Svuotata l’autonomia il premierato deve mutare?
«Non credo proprio».
Calderoli si augura che l’opposizione possa tacere per sempre. È squadrismo, come dice il Pd?
«Ma quando mai? È un auspicio espresso in termini vigorosi».
Il governo non doveva replicare a Musk sull’«autocrazia dei giudici»?
«Per il momento è un privato cittadino che si è espresso come gli è sembrato. Anche molti nostri politici si espressero in modo severo contro la Corte Suprema americana. Se e quando avrà incarichi istituzionali, deciderà se sia più utile adeguare il linguaggio al suo nuovo ruolo».
Gratteri dice che le riforme non aiutano chi è in prima linea e allungano la vita alle mafie. Non è così?
«Gratteri è un grande magistrato. E gli voglio bene. Ma Senofane diceva: se un triangolo potesse pensare vedrebbe Dio fatto a triangolo. La lotta alla mafia è importante ma non tutto è mafia. Dobbiamo agire in una prospettiva più ampia e combattere le criminalità in tutte le loro manifestazioni. Stiamo predisponendo i mezzi adeguati».
Dice che servirebbe equiparare i reati informatici a quelli mafiosi. Lo farete?
«Ci stiamo pensando, ma non sarei d’accordo. La mafia è troppo particolare per essere assimilata ad altre forme di criminalità. Se tutto diventa mafia, nulla è più mafia».
Ha chiesto di far presto contro le violenze di piazza. Cosa intende?
«Ho visto nascere il terrorismo anni 70. E per tre anni ho condotto l’indagine sulla colonna veneta delle Br. La situazione politica di allora non è ripetibile. Ma il terrorismo può assumere volti nuovi, anche senza una ideologia definita. È vero che non tutte le violenze di piazza degenerano nel terrorismo. Ma è anche vero che tutto il terrorismo nasce dalle violenze di piazza e dalla mancanza di una repressione immediata ed efficace. Per questo auspico indagini e giudizi e, in caso di colpevolezza conclamata, pene adeguate».