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 2024  novembre 17 Domenica calendario

Il mini G20 di Lula

Tutto pronto a Rio de Janeiro per il G20 dei leader in programma domani e dopodomani. Al museo di Arte Moderna, vicino all’aeroporto Santos Dumont, sono attese 55 delegazioni: 40 Paesi tra membri e ospiti, comprese Unione europea, Unione africana e Santa Sede (papa Francesco manderà il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato), più organizzazioni internazionali come Onu, Fao e Unesco. È rappresentato l’85% del Pil globale. La “cidade maravilhosa” è blindata, al punto che il Comune ha indetto due giorni festivi creando un “ponte” (in Brasile è festa nazionale mercoledì 20). Come spesso accade in queste situazioni, è stata messa la polvere sotto il tappeto “ripulendo” le aree nevralgiche dalle migliaia di senza casa e dalla criminalità, che a Rio e in tutto in Brasile è in drammatico aumento. Preoccupa un po’ la manifestazione pro Palestina in programma domani, ma la città nell’ultimo anno ha già ospitato 140 eventi legati al G20 e si appresta a beneficiarne con un indotto stimato in oltre mezzo miliardo di reais (100 milioni di euro). Si tratta del doppio dei soldi stanziati dal governo per l’organizzazione, non senza polemiche visto che la first-lady Janja ha tenuto ad allestire un maxi concerto stile Live Aid, spendendo risorse per i cachet
degli artisti. Quello presieduto per la prima volta dal Brasile sarà un G20 di leader depotenziati. Il russo Vladimir Putin non ci sarà, mentre il presidente statunitense Joe Biden è all’ultimissima apparizione prima di passare il testimone a Trump, notoriamente disinteressato a questi incontri: fu così durante il suo primo mandato, figuriamoci adesso che l’agenda la detta Elon Musk. Anche alcuni leader europei non attraversano un gran momento, come il tedesco Olaf Scholz, costretto alle elezioni anticipate. Lo stesso presidente brasiliano Lula è uscito a pezzi dalle amministrative di ottobre e la sua popolarità è ai minimi storici. Ci sarà il cinese Xi Jinping, reduce dall’inaugurazione di un mega-porto in Perù, finanziato al 100% da Pechino. E ci sarà il francese Macron, tanto che giorni fa il Cristo Redentore è stato illuminato con i colori della bandiera della Francia, a testimoniare la sua amicizia personale con Lula (i due alloggiano nello stesso hotel, a Copacabana). Dall’Italia arriva (dopo uno scalo tecnico a Capo Verde) Giorgia Meloni, attesa oggi dal padrone di casa per un bilaterale. Bisognerà trovare un accordo in una fase delicata del contesto internazionale, segnata dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente, dall’emergenza climatica e dalle disuguaglianze. La presidenza brasiliana, che sulle guerre ha una posizione “non allineata”, si aspetta «un grande G20» e sta puntando tutto su temi sociali e ambientali come la lotta contro la fame, pallino di Lula, e la transizione “green”. Ma non mancano le resistenze, in particolare dell’Argentina di Javier Milei, fresco di incontro con Trump in Florida e che a modo suo ne farà le veci al G20 carioca. Proprio per questo, nonostante l’intenso lavoro degli sherpa, difficilmente finirà nel documento finale la proposta sulla quale è scettico pure il governo italiano e cioè una tassa globale minima del 2% sui patrimoni superiori al miliardo di dollari, che possa fruttare fino a 250 miliardi l’anno per finanziare la lotta contro gli effetti dei cambiamenti climatici. In estate l’idea aveva anche incassato il consenso di papa Francesco. Al veto di Milei Lula proverà a rispondere mandando un messaggio a Trump: secondo O Globo, il presidente brasiliano avrebbe chiuso con Biden un’iniziativa congiunta sulla transizione energetica da lasciare al prossimo inquilino della Casa Bianca e, insieme all’Onu, vorrebbe istituire un fondo contro le fake
news sul clima.