la Repubblica, 17 novembre 2024
Malcolm X, le figlie fanno causa “Cia, Fbi e polizia sono coinvolte”
NEW YORK – «Con ogni mezzo necessario»: proprio come insegnavapapà Malcolm X, il teorico dell’autodifesa come diritto primario degli afroamericani. È con questo spirito che Ilyasah, Malaak, Qubilah Attallah e Gamilah Shabazz, figlie dell’attivista dei diritti civili, hanno deciso di far causa a Cia, Fbi e Polizia di New York. Accusate di aver avuto un ruolo nell’omicidio di quel Malcolm Little che sostituì il cognome schiavista (ereditato dai vecchi padroni dei suoi avi) con la simbolica X: salvo cambiare ancora nome dopo la conversione all’Islam e un pellegrinaggio alla Mecca, diventando Malik el-Shabazz.Malcolm X aveva 39 anni quando, il 21 febbraio 1965, fu ucciso con un colpo al petto all’interno dell’Audubon Ballroom, il teatro sulla 165esima strada dove organizzava le assemblee della Organization of Afro-American Unity, il gruppo da lui fondato dopo aver abbandonato la controversa “Nazione dell’Islam” cui aveva aderito mentre era in carcere per reati comuni, diventandone uno dei leader. Infatti, all’epoca, vennero accusati dell’omicidio proprio tre membri della “setta islamica militante”, come i membri la definivano: Norman 3X Butler (in carcere rinominatosi Muhammad Aziz) Thomas 15X Johnson (poi Khalil Islam) e Thomas Hagan (diventato Mujahid Abdul Halim): quest’ultimo, esecutore materiale, subito bloccato dalla folla. I tre furono condannati a vent’anni di prigione e scontarono la pena, nonostante Hagan avesse sostenuto fin dall’inizio di aver organizzato con altri quattro, di cui per decenni non ha fatto i nomi, l’agguato a Malcom X, «per le sue critiche pubbliche alla Nation of Islam».Solo nel 2020 un documentario targato Netflix, “Chi ha ucciso Malcom X?”, ha messo in luce elementi all’epoca volutamente lasciati fuori dal processo: all’interno dell’Audubon c’erano agenti di polizia in borghese; la mattina dell’omicidio – avvenuto alle 3 del pomeriggio un giornalista del Daily News ebbe la soffiata che qualcosa stava per accadere allo scomodo leader nero; e un testimone ancora vivo, tal J.M. confermò a favor di telecamere l’alibi di Aziz: gli aveva telefonato all’ora del delitto trovandolo in casa. Insomma, qualcuno sapeva e non aveva fatto nulla per fermare i killer. Oppure, peggio, Malcolm X era stato vittima di un complotto più ampio. Un anno dopo, nel 2021, l’allora procuratore di Manhattan Cyrus Vance jr. esonerò Butler e Johnson: innocenti.«Intelligence e Polizia cospirarono per assassinare nostro padre», affermano ora le sorelle Shabazz, chiedendo un risarcimento da 100 milioni di dollari. E a giudicare dal legale scelto, potrebbero ottenerli.Benjamin Crump è infatti l’avvocato superstar coinvolto in tutte le maggiori cause per i diritti civili degli afroamericani. Legale anche della famiglia di George Floyd, soffocato nel 2020 dal poliziotto che gli premette il ginocchio sul collo per 9 terribili minuti (la sua morte scatenò proteste in tutto il Paese); di quella di Trayvon Martin, l’adolescente ucciso nel 2012 dalla guardia giurata spaventata dal suo cappuccio sul capo; e di Breonna Taylor, morta in casa sua durante una perquisizione nel 2020, il cui detective- killer è stato condannato “per uso eccessivo della forza” solo una settimana fa.La denuncia depositata da Crump (l’intenzione di fare causa era già stata annunciata un annofa) è durissima: «Ci fu un legame corrotto, illegale e incostituzionale tra forze dell’ordine e assassini spietati. Agenti governativi hanno nascosto informazioni per decenni». A sostegno dell’ipotesi del complotto, il legale rivela che il giorno prima dell’omicidio «gli uomini della scorta di Malcom X furono arrestati». E se la causa non è stata intentata prima, spiega, è perché per anni l’esecutore materiale «ha taciuto l’identità di chi sapeva della pianificazione». È tempo di fare giustizia: con ogni mezzo – legale necessario.