Corriere della Sera, 17 novembre 2024
Tysn sconfitto
Iron Mike sconfitto ai punti dallo youtuber Jake Paul. Un incontro farsa per l’ex mito del pugilato con gravi problemi fisici dopo una vita di eccessi
«N on voglio mancare di rispetto allo sport che amo, chiedo scusa ai fan che hanno pagato per questo». Quasi 20 anni fa Mike Tyson diceva basta con la boxe dopo essere stato abbattuto dall’irlandese Kevin McBride, modesto pugile a cui in altri tempi non avrebbe lasciato scampo. Parole cancellate dal tempo, ricordi che rendono ancora più amara la caduta definitiva di un mito, nel frattempo anziano e malato, picchiato in malo modo da Jake Paul, youtuber, attore Disney e ciarlatano dei social media, fervente sostenitore di Trump insieme al fratello che, nello spogliatoio, lo caricava con frasi così: «Un giorno, se mi candidassi alla Casa Bianca, sarei onorato di averti come mio vicepresidente o segretario della difesa. Saresti il responsabile del pulsante rosso, quello dell’onnipotente arma nucleare che si trova anche all’estremità della tua mano destra».
Sotto le luci sfavillanti dell’AT&T Stadium di Dallas i due si sono presentati a bordo di una Chevrolet personalizzata, mentre Tyson indossava una semplice maglietta nera nel tentativo di far riecheggiare la minaccia che fu. Ma fin da quando ha iniziato a camminare sul ring, con un tutore al ginocchio destro e in un equilibrio precario, è sembrato inevitabile che l’incontro farsesco si sarebbe concluso con la disfatta di un uomo di 58 anni con alle spalle una lunga storia di problemi di salute fisici e mentali e che un tempo era considerato il pugile più forte del pianeta. Un’icona dello sport che non avrebbe mai dovuto risalire sul ring. Robotico, impacciato, sbilanciato, inchiodato sulle gambe mentre il suo avversario – privo di velocità o agilità – danzava rifilandogli jab e ganci sinistri. A metà incontro il serbatoio di Tyson era già vuoto, da lì in poi i suoi attacchi si sono limitati a sporadici scatti in avanti che lo hanno sfinito. Alla settima ripresa ha rifilato un colpo alla testa dell’avversario, senza però riuscire a cambiare l’inerzia dell’incontro: k.o. ai punti, decisione unanime dei tre giudici.
Doveva essere uno show davanti a 80.000 spettatori e superstar come Charlize Theron e Shaquille O’Neal. Si è rivelato invece uno spettacolo noioso e deludente, tanto quanto il servizio offerto da Netflix, al primo grande evento sportivo in esclusiva, i cui problemi tecnici per le troppe richieste di streaming sollevano dei dubbi sulle speranze della piattaforma di sfondare anche in questo settore. L’eccitazione iniziale si è trasformata in delusione e frustrazione, al gong finale (i round sono stati ridotti a 8 e accorciati a due minuti l’uno) non sono mancati i fischi e gli spalti si sono svuotati rapidamente. Paul si è portato a casa 30 milioni di dollari, ammettendo di aver alzato il piede dall’acceleratore per rispetto di Tyson: «Non volevo far male a qualcuno che non aveva bisogno di essere ferito».
Iron Mike ha cercato di riabilitare la sua immagine dopo anni di vergogna fra accuse di abusi, droga e alcol. Sta affrontando gravi problemi fisici, che lo hanno costretto su una sedia a rotelle e che lo hanno portato a vomitare sangue su un volo per Los Angeles, tanto da dover posticipare il match con Paul di quattro mesi. Dopo la sconfitta non ha escluso altre apparizioni, ma in pochi fra i suoi fan vorrebbero vedere il loro eroe sottoporsi a un’altra umiliazione. In otto round ha tirato solo 97 pugni, uno ogni 10 secondi. Durante la cerimonia del peso aveva rifilato uno schiaffone all’avversario, promettendo che avrebbe portato sul ring «il diavolo in persona». Non ce l’ha fatta, ma Tyson resta il santo patrono dei pugili. Paul solo un intruso.