Corriere della Sera, 17 novembre 2024
Il piano di Musk
NEW YORK «A Twitter ho eliminato l’80% del personale e va benissimo. Proviamo a fare la stessa cosa col governo?». Poi l’idea di tagliare duemila miliardi di dollari di spese dal bilancio federale, operazione impossibile con l’attuale sistema amministrativo, previdenziale, sanitario e della Difesa: il bilancio 2024 degli Stati Uniti è di 6.750 miliardi, ma le spese «disponibili», compreso l’intero bilancio di quelle militari, è di 1.900 miliardi. Poi l’invito ai talenti, i giovani più brillanti e volonterosi, a candidarsi per andare a lavorare, per 80 ore alla settimana nella loro task force, anche per periodi limitati di tempo, anziché puntare subito sulla Silicon Valley o su Wall Street.
Elon Musk e Vivek Ramaswamy iniziano la loro «sfida dell’efficienza» con un programma assai ambizioso. Nulla a che vedere con le spending review nostrane, basate su interventi compatibili con le leggi esistenti, con regole e contratti di lavoro, con la volontà del Parlamento. L’imprenditore di Tesla e SpaceX, e quello del gruppo biotech Roivent Sciences prescindono da questi vincoli. Musk pensa di poter volare dentro le amministrazioni e le agenzie federali americane in assenza di gravità, come sulle sue astronavi. Si possono liquidare tutti questi propositi come un irrealizzabile libro dei sogni (o degli incubi). Certo, oggi Trump controlla tutto: Casa Bianca, Camera, Senato e, anche se non direttamente, la Corte Suprema. Ma le innovazioni che Elon ha in mente devono essere tutte approvate dal Congresso: come reagiranno deputati e senatori repubblicani davanti al licenziamento di migliaia di dipendenti dei loro collegi elettorali?
C’è già il precedente significativo della «rivoluzione reaganiana» degli anni Ottanta: quando entrò alla Casa Bianca, Ronald Reagan insediò la Grace Commission, guidata dall’imprenditore Peter Grace, capo del gruppo che portava il suo nome, proprio per eliminare gli sprechi di denaro pubblico. La task force, comprendente 150 uomini d’affari, tutti volontari, dopo un anno di lavoro (gennaio 1983) presentò un rapporto con 2.500 proposte d’intervento: il Congresso le accantonò quasi tutte. Nel 2017 Trump ci ha riprovato con un ordine esecutivo presidenziale per l’efficienza delle amministrazioni, mirante soprattutto a riorganizzare o eliminare agenzie federali come la Nasa o l’Epa (protezione ambientale). Anche stavolta risultati prossimi allo zero.
Potrebbe finire anche stavolta così. La task force di Musk avrà grande peso ma è comunque un organo consultivo, esterno al governo: Trump potrà sempre decidere quali programmi portare avanti e quali lasciare in stand by. E, dato che Donald ha promesso di lasciare, a chi si sente vittima di soprusi governativi, la possibilità di vendicarsi, è verosimile che ai suoi due arieti venga lasciata mano libera per colpire le agenzie federali con le quali hanno avuto conflitti: Musk ha litigato brutalmente con la Sec (l’authority di Borsa) e detesta, insieme ai suoi amici della Silicon Valley, la Ftc (antitrust) i cui capi, Gary Gensler e Lina Khan, sono considerati due morti che camminano. Nel mirino di Elon anche Epa e Faa (l’authority che regola l’aviazione) per i vincoli ambientali e di sicurezza posti ai lanci delle sue astronavi, ancora sperimentali, Starship. Mentre Ramaswamy, attivo nel biotech farmaceutico, ce l’ha a morte con la Food & Drug Administration che definisce «stupida e corrotta».
Da genio a parafulmine
Se il Paese si ribellerà a questi colpi di mano, Trump potrà sempre scaricare Musk
Ma Trump ha dato loro un mandato più ampio: oltre alla revisione delle agenzie federali, il «dimagrimento» del governo, la lotta agli sprechi, l’abolizione di molte regole. Possibili, dunque, interventi radicali che scavalcano vincoli legislativi e procedure: è quello che Musk fa intendere quando dice di sentire vento di rivoluzione, quando parla di una «presidenza trasformativa». Dove, magari, la legittimazione di azioni radicali venga cercata non nella modifica delle leggi e nel consenso parlamentare, ma in forme di pseudo democrazia diretta, come i sondaggi che Trump fa tra i suoi follower su X quando cerca applausi per qualche decisione controversa. È la strada che sembra voler imboccare anche stavolta quando annuncia che i suoi piani verranno pubblicati e saranno aperti alla discussione online.
A quel punto Trump potrebbe frenare limitando l’azione di Elon e Vivek alle vendette contro le agenzie e ad azioni dimostrative, ma di portata limitata, come quelle nella lista dei 15 sprechi già pubblicata da Musk: il governo accusato di versare 171 milioni di dollari a detenuti come indennità di disoccupazione e di spendere 630 mila dollari l’anno per armi destinate al personale dell’Epa, agenzia civile per definizione disarmata. Ci sarebbero, poi, due miliardi sprecati per immobili federali abbandonati e un altro miliardo di trasferimenti a soggetti già deceduti: tutto da verificare, ma, comunque, briciole rispetto al piano da duemila miliardi di tagli. C’è anche chi pensa che Trump si sia spinto troppo avanti con Musk. Che abbia dato troppo spazio politico e visibilità a un personaggio già molto potente di suo: otto anni fa, quando Peter Thiel, un altro tycoon della Silicon Valley che si era insediato alla Casa Bianca, cominciò a fare proposte troppo radicali, The Donald lo mise alla porta. Difficile farlo oggi con un personaggio che si comporta da copresidente.
Ma, viste anche le nomine sconvolgenti fin qui annunciate per dicasteri-chiave, dalla Giustizia alla Difesa ai servizi segreti, è più verosimile che Trump voglia approfittare del brutale istinto di trasformazione di Musk e della sua capacità di coagulare attorno a sé un ampio consenso per azioni radicali, per sottoporre la macchina del governo alla terapia choc fallita nel 2017 e per demolire quello che lui chiama il Deep State: poteri che percepisce come suoi nemici, ma che sono l’ossatura del sistema di difesa degli Stati Uniti. E dell’Occidente.
Se, poi, il Paese si ribellerà a questi colpi di mano, Trump potrà sempre scaricare Musk, a quel punto indebolito. Da genio a parafulmine. Musk mette le mani avanti, anche per negare che nel nuovo ruolo favorirà le sue aziende ma conferma le sue terapie spietate: «Lavoro noioso, non ci guadagno nulla e mi farò un sacco di nemici: bell’affare».