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 2024  novembre 16 Sabato calendario

In morte di Luca Ferrero, veterinario

«Era un amico, prima che il nostro veterinario. Su di lui potevi sempre contare, in qualsiasi giorno e a qualsiasi ora. Era gentile, preciso, curioso». Centinaia di persone, con al guinzaglio i loro cani, si sono strette ieri mattina nella chiesa della Gran Madre per dare l’ultimo saluto a Luca Ferrero. Il «veterinario di tutti, non solo dei vip», ricordato da familiari, amici, colleghi e clienti come «una persona con una sensibilità fuori dal comune».Da quando aveva sei anni Luca aveva capito quale sarebbe stata la sua missione: aiutare i “pelosetti” e le loro famiglie. L’ha fatto per quasi trent’anni con passione, lavorando senza orari e aprendo la porta del suo studio in via Mazzini 39 a chiunque ne avesse bisogno. Alla vetrina di quello studio nei giorni scorsi sono state appese decine di lettere. «Fai buon viaggio amico mio», «sarai sempre nel nostro cuore».Era appassionato di sci e ciclismo Luca Ferrero. E proprio un incidente in sella alla sua bicicletta, in strada comunale Pecetto, gli è stato fatale: è morto l’11 novembre, a 54 anni, dopo sei lunghi giorni di ricovero al Cto di Torino. «Se c’è un paradiso – dice chi lo conosceva – Luca sarà là, circondato dai tanti amici pelosi a cui ha dedicato la vita».Non potevano mancare, dentro e fuori la chiesa, i “pazienti pelosi” di cui Luca si è preso cura. Era diventato il veterinario anche dei vip perché negli anni gli hanno affidato i propri animali domestici politici e calciatori di Juventus e Torino, oltre ai residenti del centro città: dall’ex presidente della Regione Piemonte, Enzo Ghigo, agli ex bianconeri Allegri, Bonucci, Barzagli e Chiesa, l’ex capitano granata Belotti e l’attuale portiere del Toro Milinkovic-Savic. «Quando portavo la mia cagnolina da lui, non voleva mai entrare: riconosceva lo studio e faceva marcia indietro – racconta una cliente tra i presenti in chiesa – Poi Luca la accoglieva dicendole: “Eccola, miss Coraggio”. Sapeva sempre come farci sorridere». «Ricorderò sempre – aggiunge qualcun altro –la sua sapienza e la usa cura: le mie bambine nelle sue mani erano al sicuro».A prendere parola in chiesa, per salutarlo, la sorella: «Mio fratello tirava fuori gli artigli gentili per proteggere chi amava. Il suo cuore era così forte non solo perché si allenava ma perché amava tanto, tantissimo». Le nipoti l’hanno ricordato come lo zio che «sorrideva sempre, con quello sguardo furbetto e le fossette pronunciate. Lo ricorderemo con il sorriso perché sarebbe triste di vederci piangere». A ringraziarlo anche gli amici: «Siamo stati fortunati ad averti». E le colleghe: «Luca eri il pilastro dell’ambulatorio. Siamo distrutte, proprio come dopo un terremoto. Rimangono solo le fondamenta, ma abbiamo il dovere di ricostruire».