La Stampa, 16 novembre 2024
L’hotel che ospita i finalisti degli Atp finals
La musica blues, mosaici di Venini e vetri di Murano, profumo di croissant e omelette. La colazione è servita. Nel Salone delle Feste si parla sottovoce. I tennisti entrano ed escono. A un tavolo siede Zverev. L’hotel Principi di Piemonte|UNA Esperienze è la vera “casa tennis”, qui dormono e risiedono tutti i campioni delle Atp Finals (e relativi staff). Ogni anno. E ogni anno i bartender si inventano un cocktail speciale, questa volta alla vodka e liquore alla violetta, il dolce è sempre a forma di pallina da tennis, cambia il ripieno. In via Gobetti le transenne contengono la folla di fan. Il direttore Leonardo Serranti gode di un punto di vista privilegiato per valutare l’offerta alberghiera dopo che il sindaco Lo Russo ha ammesso, alla vigilia delle Atp, «in città manca ancora un’accoglienza di lusso che sia all’altezza».Direttore, è così?«In generale il sindaco ha ragione. Il turismo è cresciuto e chi arriva oggi ha aspettative molto alte. La visibilità data dalle Atp è un’opportunità che richiede uno sforzo ulteriore».Cosa fare di più?«Bisogna dare continuità all’evento. Cavalcare quest’onda: è un momento unico. Con la conquista delle Atp si è innescato un circolo virtuoso che accende l’interesse sulla città: va colto».Vietato fermarsi, insomma...«Dopo le Olimpiadi 2006 ci si è seduti, pensando di vivere di luce riflessa. Fu un errore, da non ripetere. Oggi abbiamo una posizione, va mantenuta e sostenuta, le istituzioni devono lavorare per comunicare molto bene “la destinazione Torino”, e impegnarsi per intercettare i flussi turistici».A proposito di fiere: la clientela business quanto conta?«Molto, investire in un centro congressuale/fieristico, come quello previsto all’ex Westinghouse, rappresenterebbe un’ulteriore svolta perché consentirebbe di destagionalizzare ancora di più l’offerta e gli arrivi».Torino è ora (più) conosciuta nel mondo?«Non abbastanza, si deve lavorare ancora, anche se i turisti internazionali aumentano».Da dove arrivano?«Ci sono innanzitutto gli americani: dopo il Covid sono tornati in cima alla classifica. Poi francesi, inglesi, australiani, brasiliani. Il Sud America, in particolare, è un mercato in crescita».Vuol dire che la città è entrata in nuovi circuiti e pacchetti turistici?«Comincia ad essere inserita nei percorsi tradizionali con Milano, Firenze, Venezia e Roma, e nelle rotte di compagnie aeree come Ryanair e Turkish Airline: significa che i buyer stimano un incremento dei flussi turistici».Qual è il feedback?«Tutti quelli che arrivano per la prima volta a Torino ritornano».Cosa cercano? È un turismo generalista o mirato?«Prematuro capirlo. Vogliono cultura (l’Egizio è tra i principali richiami), enogastronomia (con fuga nelle vicine Langhe) e sport. I grandi eventi sono stati una vetrina importante: Eurovision, la finale di Champions League femminile, la Nations League. Ed ora, dopo le Atp, gli All Blacks».Cosa manca ancora?«I brand internazionali, come Hilton, Belmond, Marriott o Four Season, per dirne alcuni».Non teme la concorrenza?«Tutt’altro. Il loro arrivo contribuirebbe a dare più visibilità alla città: ne gioveremmo tutti».Cosa migliorare allora?«Bisogna poter mangiare a qualsiasi ora, le nostre cucine sono aperte 24 ore su 24. Capisco che sia impossibile per i ristoranti, ma serve più flessibilità, è un input che arriva dagli ospiti e va tradotto in opportunità».Al Principi arrivano star hollywoodiane: l’ultima, Ridley Scott...«In gran segreto. Era in città per un sopralluogo, dopo una tappa a Milano. Si è fermato per una riunione creativa, è stato emozionante vederlo al bar discutere con la sua squadra davanti a un drink».È ancora epoca di “mattane”?«Molto meno, soprattutto i tennisti sono gentili e generosi. Sinner è umile e pacato, l’altro giorno si è trattenuto a fare foto con lo staff. I calciatori si concedono qualche bizzarria in più».Come gli attori?«Di solito no. Johnny Depp, l’anno scorso a Torino per girare il film su Modigliani, ruppe un bicchiere e dipinse sulla tovaglia la scritta “Attenzione, vetri rotti": l’abbiamo conservata, ma non dico dove».Si narra di una vostra chat interna per attivarsi in caso di esigenze stravaganti...«Ci serve per assecondare velocemente le domande. La usiamo molto, ad esempio, quando arriva Djokovic che ha ritmi e menù particolari».Il vip più disponibile...«Gianni Morandi. Anche Emma: quando è arrivata ha fatto un reel dicendo “sono a casa mia”. Noi selezioniamo il personale con cura, in base all’attitudine che dimostra nell’accogliere. Oggi è il valore aggiunto».La richiesta più curiosa...«Un cliente appassionato di Porsche ci ha chiesto la suite presidenziale, che è la 811: l’abbiamo cambiata in 911, costruendo una targa in legno e una welcome card apposta».