la Repubblica, 16 novembre 2024
La moda delle svendite
Sono diversi i motivi per cui sarà ricordata la moda del 2024. I giri di poltrone dei direttori creativi. La crisi dei consumi: secondo uno studio di Bain e Altagamma, quest’anno si sono persi 50 milioni di consumatori. E il trionfo, inequivocabile, della cultura dello sconto. Al momento infatti, tutto il settore è immerso in una sequenza ininterrotta di svendite online e offline, siti dedicati allo shopping di lusso a metà prezzo, flash sale a tempo e ribassi svuota-magazzini. Il tutto, e anche qui sta la novità, alla luce del sole. Un tempo lo sconto era considerato un’onta, in quanto simbolo di una stagione non riuscita, e le svendite erano destinate, in segreto, ai dipendenti e a pochi altri. Ora, invece, questo mercato gode del prestigio dei grandi eventi, con liste d’attesa, calendari sempre più fitti (solo nelle ultime settimane ci sono state lesample saledi Alaïa, Marc Jacobs, Maison Margiela, Diesel, Bally, Jil Sander, Giambattista Valli, Balmain, Missoni) e migliaia di post sui social, con gli acquirenti che mostrano orgogliosi i propri bottini a prezzi tagliati.Il fenomeno è così rilevante che il New York Times ha dedicato un reportage alla svendita newyorkese di The Row, nuovo emblema del lusso, tra tate in coda al posto delle datrici di lavoro e professioniste con tanto di laptop accampate davanti all’entrata dalla notte precedente. Una frenesia solo parzialmente giustificata dall’entità dei ribassi; alla base di sicuro c’è la FOMO, fear of missing out, cioè la paura di perdersi qualcosa, un sentimento che domina la vita sociale contemporanea e che qui, complice la breve durata di certi eventi, diventa l’elemento scatenante. Il timore di mancare l’affare della vita fa presa, in un settore in cui il desiderio è tutto. Ma c’è altro.«Si è rotta l’equazione prezzo-valore: i consumatori non comprendono più perché acquistare a prezzo pieno», spiega Claudia D’Arpizio, senior partner e responsabile globale moda e lusso di Bain&Company, riferendosi alla recente impennata dei prezzi. «E infatti, a queste svendite partecipa anche chi si potrebbe permettere di comprare senza sconti». In altre parole i clienti, tutti i clienti. non giustificano più certe cifre. «D’altro canto però, l’interesse per certi eventi si spiega con l’attaccamento ai brand, che non cala».Al momento, le svendite mettono perciò d’accordo i due sentimenti, il che spiega il successo di piattaforme dedicate come la francese Arlettie e l’italiana Say Wow!, attuali leader del settore e gestori degli eventi più di prestigio. «Il mio socio e io abbiamo iniziato organizzando unafriends and family sale per un grande gruppo del lusso», racconta Luca Bensaia, mente e “voce” di Say Wow! (tutte le mail del sito hanno lui come mittente, e sono uno degli emblemi del fenomeno). «Da lì sono arrivate altre proposte, e la richiesta di allargare certi eventi a una platea più vasta: oggi la nostra piattaforma ha 200mila iscritti». Un’espansione dovuta anche a un’altra ragione: i magazzini pieni. Il crollo dei consumi in pandemia, e il successivo aumento dei prezzi, hanno moltiplicato l’invenduto; le svendite sono unmodo per i marchi per fare pulizia. «E se per i brand più grossi questi introiti sono irrisori, per quelli più piccoli fanno la differenza nei fatturati. Non dimentichiamo che la cassa di risonanza dei social media trasforma queste occasioni in momenti virali, che amplificano la popolarità dei marchi». Per esempio, vedere su Tiktok una cliente che esibisce una pila di scarpe Manolo Blahnik pagate un terzo del loro prezzo a una svendita non svilisce il marchio, anzi: gli dà visibilità, e aumenta la desiderabilità tanto del brand quanto dell’evento.Più che sostituirsi ai canali ufficiali, le svendite li hanno quindi affiancati. Con un effetto collaterale insolito, per questi tempi: «Nelle flash sale il canale dominante è l’offline», afferma Bensaia. «La gioia della caccia “dal vivo” è essenziale. L’online c’è e rimarrà, ma l’esperienza reale fa davvero tanto». Insomma, la macchina funziona. Sin troppo, forse. «Dall’anno scorso le svendite sono raddoppiate, e sono tutte concentrate tra aprile-maggio e ottobre-novembre. Tutti i brand vogliono esserci, solo che gli stipendi non sono certo aumentati. E così i consumatori sono obbligati a scegliere dove comprare». Risultato: 20 per cento in meno negli introiti delle sale. Il bilancio del settore resta positivo perché il numero crescente di eventi garantisce volumi maggiori. Forse, andrebbe già rivisto qualcosa.