Corriere della Sera, 16 novembre 2024
Le torte di nozze di Iginio Massari
Iginio Massari, nella sua autobiografia Giorni, mesi, anni di una vita intensa, si scopre che lei ha fatto anche il pugile.
«E di buon livello. Ma sono stato tante cose, prima che il fornaio Limoni, che stava sotto casa di mia nonna a Brescia, mi indicasse la strada».
Nato nel 1942, che ricordo ha della guerra?
«Le corse nei sotterranei, la paura. Ero un bambino quando, in seguito, con mamma e papà emigrammo in Svizzera».
Com’era la vita dell’emigrante?
«Difficile. Però avevo 14 anni, iniziai a lavorare con un pasticcere geniale nel Jura bernese. Mi dividevo tra la lotta libera e le paste alla crema».
Poi la prima pasticceria a Brescia, il successo, gli altri laboratori dolciari in tutta Italia, i caffè. Di certo, tra la lotta libera e le paste, ha scelto le paste.
«Ma sa che ancora oggi, a 82 anni, mi alzo tutti i giorni alle 2.30 del mattino?»
E che cosa fa?
«Vado in laboratorio, lavoro. Metto le mani in pasta se necessario, controllo i lieviti. Facciamo 500 tipologie di dolci».
Nel 1975 lei ha fatto una storica rivisitazione del panettone, aggiungendo il cioccolato.
«Sfido la tradizione. Per esempio, nel 2017, feci sorridere i maritozzi: il maritozzo con la panna che lei vede oggi in tutta Italia ha quel taglio “a sorriso” che gli demmo noi Massari a Roma».
La torta nuziale più memorabile?
«Quella fatta per le nozze di una principessa indù. Aveva sposato un bresciano, organizzarono i festeggiamenti in un grande castello nei dintorni. Mi feci dare le misure della porta d’ingresso della cucina, e quelle erano giuste. Peccato che sbagliarono quelle della porta che conduceva al salone della festa. Se ne accorsero all’ultimo. Panico. Gli dissi: la mia torta non si tocca, se volete tagliarla lo farete in corridoio».
E come andò a finire?
«Mi svegliarono nel cuore della notte. La principessa si era rifiutata di tagliare una “torta così bella”, parole sue, e mi supplicarono di portare qualche cosa, qualunque cosa avesse zucchero. Saccheggiai la pasticceria di Brescia: brioche, panettoni, cioccolatini, caramelle. Mangiarono il dolce alle tre del mattino».
Lei fece la torta anche per le nozze di Marina Berlusconi.
«Sì e anche qui tutto andò bene fino a quando, alla vigilia del matrimonio, ricevetti una telefonata. “Maestro”, mi dissero, “la vogliono ad Arcore, deve scrivere i nomi degli sposi con la glassa”. Ma non può farlo il loro cuoco? obiettai. Niente da fare, volevano me. Mi mandarono a prendere, andai lì solo per quello».
Altre torte?
«Quella per i cento anni di Rita Levi Montalcini, una meringata di frutta, la sua preferita. Veniva sempre a mangiare da me. Sa che nel corso di una stagione ospitammo tredici premi Nobel?».
Maestro, adesso però ci deve raccontare com’era la sua torta di nozze, quando si è sposato con Maria Damiani, detta Marì, ormai più di cinquant’anni fa.
«Ecco, questo è il problema. Non ci fu torta di nozze perché me ne dimenticai».
Ma come?
«La sa la storia del calzolaio che gira sempre con le scarpe rotte? Andò così: non eravamo ricchi, ma giovani e innamorati. Io lavoravo da un po’, avevamo tanti sogni. Forse troppi: nel rinfresco che organizzammo a casa di Marì, dopo la cerimonia, mi scordai della torta. Per fortuna alcuni amici avevano pensato di portare una millefoglie».
Altri affezionati delle sue dolcezze?
«Francesco Cossiga mandava ogni settimana un onorevole bresciano a prendere il suo dolce preferito, la torta di nonna Rachele».
Miglior pasticcere al mondo nel 2019, commendatore della Repubblica, vincitore di oltre 300 tra concorsi e premi. Che cosa le manca oggi?
«Quasi nulla. Scrivo tanto, faccio quello che mi piace, il team è perfetto. L’intenzione di affidare a Debora e Nicola, i miei due figli, la progettazione del futuro delle aziende è un segno di rispetto per le loro competenze. Oltre a loro, la Iginio Massari Alta Pasticceria conta anche sulla professionalità di un ceo come Alex Kossuta. Ho tre nipoti, mi diverto a scrivere poesie e racconti anche per farli divertire».