FRASI E BATTUTE, 15 novembre 2024
PIÙ VEDIAMO FILM INGUARDABILI, PIÙ CI MANCA DINO RISI – IL CINEMA RACCONTATO DALL’AUTORE DE “IL SORPASSO”, “UNA VITA DIFFICILE”, "I MOSTRI" – ‘’UNA VOLTA DOVETTI FAR RIPETERE OTTO VOLTE UN BACIO TRA MASTROIANNI E ROMY SCHNEIDER. ALLA FINE MARCELLO DISSE: “E MI PAGANO PURE, PER QUESTO” - (SU GINA LOLLOBRIGIDA) “HA GLI OCCHI DI UNA MUCCA CHE GUARDA PASSARE I TRENI” - ''RENATO SALVATORI ENTRÒ ALLA CORTE DI LUCHINO VISCONTI. UN GIORNO LO VIDI CON UN LIBRO SOTTO IL BRACCIO. COSA LEGGI? GLI CHIESI. “UN LIBRO DI FANTI E SCIENZE” - CON SYLVA KOSCINA C'ERO QUASI RIUSCITO QUANDO…” -
“Definisci il cinema... - Un uomo con la pistola e una donna nuda... Qualcosa a metà tra l'orologeria di precisione e la tratta delle bianche.” (Su Gina Lollobrigida) “Ha gli occhi di una mucca che guarda passare i treni.”
“Gassman intelligente e complicato. Manfredi noioso e rompiballe. Arrivava alle tre di notte in albergo e bussava alla mia porta per correggere una frase.”
(Su Alberto Sordi) “Non è avaro. Una volta, non ricordo se nel '58 o nel '59, comunque era il 12 settembre, mi ha offerto un pranzo.”
Walter Chiari era uno che con le donne ci sapeva fare. Collezionò, come Mastroianni (più sornione ma altrettanto vincente), bellezze nazionali e internazionali. Era un caro ragazzo, anche quando era quasi vecchio. Amico di tutti e amico sincero, innamorato dell'amore. Capace di lasciare un film per raggiungere la donna amata dall'altra parte del mondo. Generoso (morì povero), volle che fosse scritto sulla sua tomba: "Non preoccupatevi, è solo sonno arretrato". Parlava, parlava, e, a differenza di quelli che parlano, parlano, diceva anche delle cose intelligenti.
(Su Romy Schneider) Viveva per amore Romy, ma aveva paura dell'amore, paura di non essere amata. Forse Alain Delon fu l'unico che l'amò veramente. Ma lei cominciò a non piacersi quando lo specchio prese a mostrarle i segni del tempo, il sorriso che non era più quello della principessa Sissi. [...] Morì di solitudine, la solitudine delle star, che arriva rapida e totale, spietata come una sentenza.
Greta Garbo e Anna Magnani: la differenza tra la luna e un temporale.
[Su Ugo Tognazzi] Attore non attore, innamorato delle donne, della vita, della buona tavola. Fece un passo difficile, dal comico al drammatico. Molti ci provano, pochi ci riescono. A lui riuscì. Bello starci insieme, mai un momento di noia. Vero, sincero. Anche Gassman ne era contagiato: gli piaceva, era il contrario di lui: Ugo non sapeva quasi mai la parte. La inventava...
I MIEI MOSTRI Estratto da “I miei mostri”, di Dino Risi (ed. Mondadori-2004)
Sono un regista disoccupato. Ma non mi lamento. Anzi sono contento. Mi godo il piacere di non far niente. Non devo alzarmi presto la mattina. Non devo prendere decisioni. Non devo rispondere all'attore che mi domanda: «A cosa sta pensando in questo momento?».
Non devo preoccuparmi di dove mettere la macchina da presa per far contenta l'attrice (Sophia voleva essere ripresa dal basso e da destra verso sinistra). Non devo pensare al «cestino» (bianco o rosso? Per non sbagliare Manfredi li prendeva tutti e due, e uno se lo portava a casa per cena).
La scena del bacio mi infastidiva (ce n'è quasi sempre uno in ogni film). I nasi sono un problema. Fra l'attore e l'attrice è una lotta all'ultimo naso, per trovarsi a favore di macchina. (Baciano meglio quelli che hanno il naso piccolo.) Una volta dovetti far ripetere otto volte un bacio tra Mastroianni e Romy Schneider. Alla fine Marcello disse: «E mi pagano pure, per questo».
Vittorio Gassman baciò Brigitte Bardot in apnea: l'odore di cipolla lo sentivamo pure noi dietro la macchina da presa. Federico Fellini faceva dire i numeri agli attori presi dalla strada. Una volta lo feci anch'io con un attore un po' cane. Doveva dire alla partner: «Tra noi non c'è mai stato un vero e proprio feeling». Non gli veniva. Allora disse: «Tra noi non c'è mai stato un sei per otto quarantotto».
Un giorno mi arrabbiai con un generico che non riusciva a dire la parola «condominio». Alla fine gli dissi: «Fai proprio schifo», e me ne andai. Dopo poco lo vidi arrivare a grandi passi verso di me, coi pugni stretti (era alto un metro e novanta). Gli diedi un buffetto sulla guancia e dissi: «Sei stato bravo!». Cadde in ginocchio piangendo: «Dottò, la volevo ammazzà!».
Vittorio Gassman mi invitò a cena per una fine-film. Era al meglio nel suo periodo alcolico. Alla fine insultò un po' tutti. Se la prese anche con me. Gli risposi per le rime. Distese il braccio a mano aperta, come quando recitava i classici, e mi disse: «Non ho mai tolto il saluto a nessuno, ma per te farò un'eccezione». Per un anno non ci parlammo.
Un giorno il produttore Mario Cecchi Gori ci chiamò per un film. Disse: «Fate pace». Vittorio mi abbracciò e replicò: «Avevamo litigato?». Michel Serrault, grande attore francese, mi odiò perché stavo più volentieri con Coluche che con lui.
Catherine Deneuve mi mandò una lettera d'insulti perché non mi ero occupato abbastanza di lei. Quando li presi per il loro primo film, Poveri ma belli, Renato Salvatori aveva fatto il bagnino a Viareggio, Maurizio Arena era un ragazzo di borgata. L'aveva dirozzato un architetto del cinema. Salvatori entrò alla corte di Luchino Visconti. Un giorno lo vidi con un libro sotto il braccio. «Cosa leggi?» gli chiesi. «Un libro di fanti e scienze.» Lucia Bosé stava alla Pensione Pinciana. La incontrai. Aveva un abbassamento di voce. Mi disse: «Ho una tonsillite funicolare».
Se Simenon ebbe diecimila donne, Maurizio Arena ne aveva avute, in vent'anni, diciottomila. Posso testimoniare. Una signora dei Parioli ci invitò una sera a cena. Eravamo noi due più altre dieci donne. Tutte signore eleganti, sui quaranta. Dopo il caffè Maurizio si allontanò con le dieci signore, una alla volta. Quando uscimmo, dopo mezzanotte, mi disse ridendo: «Le ho piluccate tutte».
Con Marisa Allasio, la bella Giovanna dalle curve generose di Poveri ma belli, ci provammo tutti e tre, Renato, Maurizio e io. Ma Marisa voleva sposare un principe. Lo sposò, e se ne penti.
Invece con Sylva Koscina c'ero quasi riuscito. Avevamo appuntamento davanti alla chiesa di piazza Euclide. Stavo per salire sulla sua macchina, quando due voci festose mi fermarono: «Papà, papà!». Erano i miei due cari frugoletti che correvano verso di me, seguiti dalla mamma. Io dissi: «Ma che bella sorpresa!», mentre Sylva partiva sgommando. Diedi uno scappellotto affettuoso ai due bimbi, un bacio a mia moglie, e ci avviammo verso casa.