Libero, 15 novembre 2024
Intervista a Lunetta Savino
«Libera è un po’ un Ulisse in gonnella. Anzi un po’ tutte noi donne lo siamo, altro che Penelope...». Lunetta Savino, attrice amatissima torna in tv, da martedì 19 novembre in prima serata, con la singolare storia di Libera, nuova serie di RaiUno. Libera Orlando è una giudice integerrima, ma anche una donna che ha perso la sua unica figlia. Nel cast, tra gli altri, anche Matteo Martani e Gioele Dix.
Lunetta, da avvocatessa dello Studio Battaglia a giudice in Il mondo della giustizia la appassiona così tanto?
«I legal movies li ho sempre amati da spettatrice, si figuri cosa possa essere trovarcisi dentro!».
Per interpretare Libera si è ispirata a qualche magistrata in particolare?
«No, nessuna in particolare però emerge chiaramente che l’ambiente di lavoro in cui si trova Libera, il Tribunale di Trieste, è ancora molto maschile e lei è un po’ un’eccezione, come pure il suo modo di affrontare i vari casi è molto diverso da quello dei suoi colleghi uomini coi quali litiga a volte...».
Ormai è appurato che la toga le dona...
«La ringrazio. Anche se in realtà Libera ha un doppio vestito: quello della giudice, quindi con la toga, e quello della mamma che diventa donna on the road che va e indaga col trench di pelle, lasciando emergere una doppia vita».
Lei come donna e come attrice è un simbolo del Mezzogiorno d’Italia. Ci tiene al suo marchio di meridionale doc?
«Il sud sarà sempre il sud, certo... Però a me piace molto spaziare. Mi diverte poter usare i colori dei vari accenti perché poi l’Italia è diversa, è varia. Nello Studio Battaglia, per esempio, interpretavo un’avvocata milanese e mi fa piacere che anche il personaggio di Libera, sebbene sia del sud, è integrata benissimo nella società di Trieste al punto che ho degli scambi con alcuni personaggi nei quali uso il dialetto triestino».
A proposito di radici. Sui social la vediamo spesso con suo papà che ha 102 anni. Che rapporto ha con lui?
«È una roccia! Come dice mia zia: lui non fa parte del regno animale, è un minerale e sono d’accordo con lei perché effettivamente è straordinario. Ha una vivacità e lucidità invidiabili!».
Con lui parla anche del suo lavoro?
«Non molto perché è di poche parole. Una volta sola mi colpì quando, dopo avermi visto a teatro in un monologo che era Tina fai presto,
mi paragonò a delle grandi del passato come la Pupella Maggio. Guarda caso anche lei del sud...».
Come prese il suo esordio a teatro come professoressa di sesso in Prova orale per membri esterni?
«Mia madre venne a teatro a vedermi, anche più volte con le amiche. Era molto divertita. Mio padre non venne mai perché si sentiva in imbarazzo».
Dall’incontro con Ferzan Ozpetek arriva il Nastro d’Argento come migliore attrice in Mine vaganti.
«Ferzan è stato un incontro felice. Da lui ho imparato dei segreti del cinema. Lui, da bravo regista qual è, ti conduce, ti porta dentro il suo stile, nel suo mondo, nel suo modo di raccontare una storia. Adesso ho partecipato a Diamanti, un film pieno di donne nel quale credo potesse addentrarsi solo un regista unico come lui».
Lino Banfi ha detto a Libero che pur di fare la stagione finale di Un medico in famiglia chiamerebbe gli attori uno a uno. Ha ricevuto telefonate?
«No, per ora. Se chiamerà ci penseremo... Ma penso anche che le cose belle a un certo punto bisogna saperle lasciare andare, non vivere di nostalgia. Però capisco Lino, capisco perfettamente il suo desiderio e il suo sentimento come pure l’affezione del pubblico per una serie che, quando mi capita di rivedere dei pezzi, fa ridere ancora molto pure me».