La Stampa, 15 novembre 2024
Intervista al presidente dell’ordine dei medici
Roma – I medici che promettono miracoli con la chirurgia estetica e non solo spopolano sul web. Dottor Filippo Anelli, l’Ordine dei medici che lei presiede cosa fa per proteggere i pazienti da chi promette miracoli che non può ottenere?«Purtroppo abbiamo le mani legate da una direttiva europea, la Bolkestein, che ci equipara a un’impresa, considerando qualsiasi intervento sulla pubblicità come una limitazione della libera concorrenza. Una volta invece potevano intervenire autorizzando o meno una inserzione pubblicitaria. Certo, il nostro Codice deontologico vieta la pubblicità ingannevole. Ma oggi possiamo intervenire e sanzionare solo quando il cittadino o un collega ci segnala qualcosa che non va».Quindi cosa suggerisce di fare?«Siamo professionisti che dispensano salute, non imprese balneari. La politica deve farsi carico di modificare una normativa europea che permette in sanità di diffondere ai cittadini messaggi che creano illusioni, o peggio, mettono a rischio la loro salute».Chi ci assicura che un medico sia specializzato nella branca per cui ci rivolgiamo a lui?«Questo è un altro problema, perché oggi la legge richiede la specializzazione solo per i medici di radiologia, anestesisti, radioterapisti e specialisti in medicina nucleare, per tutto il resto no. Per lavorare nel pubblico la specializzazione nella branca dove si va ad esercitare la professione è comunque richiesta, nel privato no».Non è un’assurdità?«Lo è se, in assenza di una specializzazione, non è poi certificato un percorso di esperienza lavorativa e di formazione tale da assicurare comunque che sei in grado di esercitare in quella branca, per cui ad esempio un medico internista che ha lavorato molto in cardiologia e seguito corsi in materia può a quel punto fare anche il cardiologo».Ma esiste una specializzazione in medicina estetica?«No. Oggi è largamente praticata da chirurghi plastici e generali, otorini e dermatologi. Anche in questo caso i medici che la praticano dovrebbero però almeno aver fatto un percorso specialistico e avere accumulato esperienza. Ci vuole una legge che istituisca l’elenco degli specialisti in medicina estetica in possesso di titoli e formazione specifici, così come si fa per gli psicoterapeuti».Ma come si fa a saperlo?«Verificando se il nominativo che casomai abbiamo visto sui social sia presente online negli elenchi delle società scientifiche, che forniscono di per sé requisiti di credibilità a partire dalla formazione con master e corsi post-universitari».Come si fa a smascherare i falsi medici?«Questo è facile: basta andare sul portale della Fnomceo, la federazione degli Ordini dei medici, inserire nome, cognome e città per verificare se la persona ha i titoli per esercitare».Oltre che per farsi pubblicità, il web è sempre più utilizzato per dispensare diagnosi e terapie. Un’altra pratica insidiosa?«Sì perché una diagnosi andrebbe fatta sempre in studio, dove è possibile cogliere tutti gli aspetti di un paziente che ha la sua singolarità. A distanza si può fare il monitoraggio di una persona che si conosce già. Le terapie poi seguono le diagnosi, quindi meglio prescriverle dopo una visita in ambulatorio».Il confine tra camici bianchi e influencer è sempre più labile. Cosa ne pensa di tutto questo dispensare consigli sanitari su web?«Che nasconde più di un’insidia perché non c’è alcun controllo anche rispetto a chi è medico e chi non lo è. In secondo luogo in presenza di medici “tiktoker” bisognerebbe escludere non ci siano conflitti di interesse. Perché si possono dare consigli che inducono a falsi bisogni terapeutici, coincidenti magari con le terapie dell’azienda che, guarda caso, fa da sponsor».