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 2024  novembre 15 Venerdì calendario

La Germania e la sfiducia nella democrazia

Quando si scorrono le pagine del rapporto tedesco commissionato dalla fondazione Heinrich Boell ai ricercatori dell’Università di Lipsia, e ci si imbatte in quei dati che fanno somigliare la Germania Ovest a quella dell’Est, con l’aumento della xenofobia, dell’odio verso le minoranze, e del generale scontento nei confronti della democrazia, verrebbe quasi da pensare a un curioso “effetto Trump” sull’Europa. Stavolta però Trump non c’entra, non direttamente almeno, visto che l’indagine è stata fatta prima della sua elezione ed è da escludere che il mood americano abbia questa così grande forza di penetrazione nella Old Europe. E però, da un punto di vista sostanziale, sempre di Trump si tratta, in una versione, come direbbero i tedeschi in questi casi, totalmente “Hausgemacht”, fatta in casa, che ci siamo costruiti senza l’aiuto di nessuno.A irritare maggiormente il cittadino moderato – e questa è un’altra novità: non si parla necessariamente di fasce disagiate, di esclusi dalla globalizzazione, di scontenti intenzionati a far sentire la loro voce, ma “del tanto chiacchierato centro” – è la percezione del declino, la sensazione che le cose vanno male e andranno peggio. E agli occhi di questo cittadino, tra tutte le soluzioni che la contemporaneità mette a disposizione, l’autoritarismo (di destra) è considerato la migliore, mentre di nessun aiuto sarebbe la propria comunità di riferimento, che risulta assediata appunto da entità estranee e ostili, confusamente straniere.La democrazia, altro dato interessante che emerge dalla ricerca, è sempre più spesso associata alla burocrazia, come se i passaggi che una decisione comporta non fossero funzionali a rendere quella decisione più meditata, più larga, più passibile di arricchimenti e di miglioramenti, ma somigliassero a timbri da apporre meccanicamente su fogli protocollo, suscitando così lo stesso fastidio di quando su una pagina Internet si è costretti a pigiare il tasto “Accetta i cookies” per poter andare avanti (e sì, anche la tecnologia ha viziato le nostre facoltà democratiche, sotto alcuni aspetti).Difficile non rendersi conto di quanto il titolo del rapporto, “Uniti nel risentimento” ci riguardi come Europa, prima ancora che come singolo Stato. Perché Trump sarà anche venuto dopo, ma è evidente che lo stavamo covando un po’ tutti, se a ogni nuova elezione l’asticella si sposta verso destra, e se la destra coincide sempre di più con l’autoritarismo, con l’insofferenza per i migranti e con l’assenza di pudore nel dichiararlo. C’è anche questo aspetto, che il report sottolinea e che dovrebbe farci riflettere: il risentimento e i pregiudizi non sono mai venuti meno negli ultimi vent’anni, e anzi «forse nel passato erano persino più radicati», ma ci si asteneva dal dichiararlo pubblicamente per «timore di venire a propria volta esclusi» dal dibattito pubblico. Con l’avanzata dei partiti sovranisti ogni pudore è caduto, e la vittoria di Trump davvero rappresenta – stavolta non più in modo retroattivo, ma con gli occhi che guardano al futuro – un luogo in cui sempre più persone si sentono a loro agio. Vedremo se quando inizierà una guerra commerciale nei confronti dell’Europa non sarà troppo tardi per rispolverare qualche vecchia abitudine democratica.