la Repubblica, 15 novembre 2024
L’amante del premier inglese Asquith
Londra – Venetia Stanley. Chi era costei, Robert Harris?«Una donna che ha cambiato per sempre la storia della politica britannica».
Davvero? La conoscono in pochi.
«Perciò ho scritto questo romanzo».
Ossia Precipizio (Mondadori), il sedicesimo del grande e 67enne scrittore inglese. È la liaison passionale e clandestina, a inizio XX secolo, tra l’allora 62enne primo ministro britannico, il liberale Herbert Henry Asquith, e la sua amante di quarant’anni più giovane, la nobile, ricca esocialite Venetia Stanley, figlia dell’omonimo Lord e nata in una reggia da 65 stanze. «Si scambiavano centinaia di lettere, ero affascinato dal loro rapporto e così ho voluto scrivere questa storia da un punto di vista femminile», dice l’autore di bestseller come Pompei e Il ghostwriter, tra un bicchiere e l’altro di Côtes du Rhône a Notting Hill, dove ha comprato una nuova, deliziosa terraced house.
«La cosa più bella è stata immaginare e riscrivere le oltre trecento lettere di Venetia ad Asquith, che le bruciò tutte. Ma ho messo le mani sulle missive del primo ministro, un’ottima base. E così è nato questo romanzo».
Si scambiavano tante lettere i due amanti?
«Sì, Asquith le scriveva continuamente nel giro di poche ore, anche versi erotici o il Sonetto 44 di Shakespeare. All’epoca i postini raccoglievano e consegnavano le lettere dodici volte al giorno!».
Quasi come delle email. Ma ci dica perché considera Venetia Stanley così decisiva nella politica britannica.
«Quando lei decise di abbandonare Asquith, questi ebbe un esaurimento nervoso, andò nel panico, fece entrare i conservatori in coalizione e i liberali non governarono mai più nel Regno. Ma soprattutto Asquith, forse per conquistarla e impressionarla, rivelava a Stanley molti segreti di Stato, che avrebbero potuto mettere a repentaglio la sicurezza nazionale».
Rieccola, la “hubris”.
«Già. Fu molto peggio dei tradimenti di Kennedy, Clinton o Boris Johnson. Per esempio, ci fu un “leak” quando Asquith accartocciò una lettera destinata a Venetia e la buttò in strada. Tutto questo nel 1914. Mentre il Paese era in un’era straordinaria, sull’orlo della Prima guerra mondiale».
E fu precipizio.
«Già. Come oggi, allora l’Europa e la civilizzazione occidentale erano sull’orlo di un abisso. Il mondo cambiò radicalmente dopo il 1914: marxismo, rivoluzioni comuniste, crisi economica, la società venne sovvertita, anche perché le stesse donne iniziarono a prendere il posto dei mariti spediti al fronte e divenne impossibile negar loro il diritto di voto. La stessa Venetia non voleva essere semplicemente l’amante del primo ministro. Insomma, fu la nascita del mondo moderno».
Un mondo moderno di nuovo sull’orlo del baratro?
«Esatto. Anche allora, si temeva un enorme conflitto mondiale dopo un periodo di pace piuttosto lungo. Altri credevano che le tensioni si sarebbero risolte in battaglie limitate. Non fu così e oggi potrebbe accadere lo stesso, visto che l’asse tra Russia, Iran, Corea Del Nord e Cina è sempre più minaccioso. La Storia è circolare, ritorna sempre a tormentarti. Perciò scrivo opere sul potere e romanzi storici. Sono i più attuali, perché hanno una connessione con la realtà».
A volte la guerra è inevitabile, come nel 1914, nonostante la riluttanza di Asquith?
«Talvolta traccheggiare è inutile e controproducente, soprattutto quando un Paese invade un altro neutrale, allora la Germania. Nella mia vita, non ho mai visto un conflitto mondiale così vicino, senza contare che oggi abbiamo nuovi mezzi devastanti come Intelligenza Artificiale, droni, cyber guerre... mentre in Ucraina si combatte in trincea come un secolo fa. Vedremo cosa accadrà. Con Trump alla Casa Bianca è ancora più difficile prevederlo. Tuttavia, non credo che oggi il rischio sia una guerra devastante come nel 1939. È più probabile qualcosa di simile alle guerre napoleoniche. Ma resto sempre un ottimista».
Nonostante il crescente populismo?
«In questo mondo globalizzato e di enormi flussi migratori, è ormai lampante una congiuntura tra le posizioni di destra radicale, anche elitaria, e le masse dei lavoratori storicamente di sinistra. Il mondo mi pare sempre più la Roma di Cicerone. Ma anche in questo caso, non dispero. Fortunatamente, le nostre radici giudaico-cristiane ancora ci impediscono di sparare alle barche di migranti in mare, per esempio, mentre i nazisti forse lo avrebbero fatto. Insomma, credo che l’Occidente possa ancora resistere dal punto di vista etico. Anche se qualche dubbio mi viene quando vedo i 40 mila morti di Gaza, molti dei quali civili, e il mondo lo permette. Del resto, l’umanità non sempre progredisce: basti pensare all’Olocausto, che nessuno prevedeva anni prima. O alle 40 mila donne arse vive dalla chiesa nell’opulenta Germania del XVII secolo perché “streghe”».
Ma oggi non le sembra di vivere un distopico Medioevo, in cui la verità non è mai stata così minacciata, soprattutto online?
«Beh, sì, altrimenti non avrebbe mai vinto uno come Trump, dopo aver incitato la rivolta contro il Campidoglio e dichiarato in diretta mondiale la bufala degli immigrati che in Ohio mangiano cani e gatti. Il vero problema di Internet e dei social come X è che, invece di aprire le nostre menti e aumentare la conoscenza come ci avevano promesso, ci fossilizzano in bolle e trincee ideologiche. Non ho mai assistito a un’epoca così superstiziosa e dunque non mi stupisce che Trump ne sia una divinità, come un folle Leviatano dei nostri tempi».