Corriere della Sera, 15 novembre 2024
Grasso su Ladri di biciclette
In occasione del 50°anniversario della morte di Vittorio De Sica (13 novembre 1974) Rete4 ha riproposto Ladri di biciclette. Erano anni che non lo rivedevo e l’aurea legge secondo cui se cambia il punto di vista cambia anche il testo ancora una volta ha posto il suo sigillo.
Quando eravamo giovani e stolti, la cinefilia d’allora ci imponeva di amare Rossellini e disprezzare De Sica: troppo sentimentaloide, troppo bozzettista, troppo zavattiniano. E poi bisognava andare contro gli ideologi del neorealismo, tipo Guido Aristarco, che stavano lì, con il metro in mano, a misurare chi fosse più realista tra Rossellini, Visconti e De Sica: «De Sica è arrivato a Ladri di biciclette per gradi, dopo elaborazioni e progressive esperienze. (…) E noi inauguriamo le quattro stellette, anche per riconoscere le passate esperienze di De Sica» (È lui quello delle stellette, dei voti in pagella!).
Poi due personaggi di Stardust Memories (1980) di Woody Allen vanno a vedere il film. Poi in C’eravamo tanto amati (1974) di Ettore Scola viene raccontato uno strepitoso aneddoto sul film di De Sica: il regista, per far piangere Bruno, gli mette in tasca alcune cicche e gli dice che è un «ciccarolo», cioè uno che raccoglie le cicche per rivendere il tabacco. Poi ne I protagonisti (1992) di Robert Altman c’è ancora un omaggio al film, poi...
Poi c’è Suso Cecchi D’Amico che racconta come è nato un capolavoro: «E l’abbiamo fatto noi, De Sica, Zavattini, Gerardo Guerrieri e io. Poi c’è il nome di Gherardo Gherardi, un commediografo che io non ho mai conosciuto, e che era in elenco perché De Sica gli aveva detto: “Il prossimo film lo facciamo insieme”, ed era morto proprio in quell’epoca. Poi c’era un vecchio amico per il quale doveva trovare una scusa per fargli avere qualche soldo, Franci. Ci mise anche quello! Non ci si faceva minimamente caso. Zavattini diventò famoso un po’ eccessivamente, perché su Ladri di biciclette eravamo stati in tanti a lavorare e alla fine sembrava che l’avesse scritto solo lui, perché lui era quello che teorizzava, che si faceva intervistare, che scriveva».
Eravamo giovani e stolti, e non c’è alcuna formula per creare opere d’arte.