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 2024  novembre 15 Venerdì calendario

Trump canta God bless America e beve Diet Coke

Mar-a-Lago (Florida) – «Una volta il presidente ha chiesto a suo figlio Barron: “Pensi che dovrei fare un duetto con Christopher?”. “Papà”, gli ha risposto Barron, “tu fai solo le cose in cui sei il migliore”. In questo spirito, non so se il presidente e Elon Musk vogliono unirsi a me per God Bless America...».Con queste parole il tenore italoamericano Christopher Macchio, il cantante preferito di Donald Trump, lo ha invitato a cantare sul palco mercoledì sera, alla fine del gala del think tank «America First policy institute» (Afpi) che si era appena tenuto a Mar-a-Lago. Dapprima Trump ha spinto Musk a farsi avanti. Poi, incoraggiato da Linda McMahon – presidente del consiglio di amministrazione di quello stesso think tank, sua amica dai tempi in cui lei era ceo del World wrestling entertainment, finanziatrice delle sue campagne elettorali e ora copresidente del team di transizione alla Casa Bianca – Trump si è alzato dal tavolo e ha accettato. Si è conclusa così alle nove di sera, sotto le stelle della Florida e sullo sfondo di un filare ondulato di palme battute dal vento, la giornata in cui Trump, eletto presidente una settimana fa, è volato andata e ritorno da Washington per una stretta di mano storica con Joe Biden.
Questa è la «Casa Bianca d’inverno» di Trump, residenza opulenta e club privato sull’isola di Palm Beach. Gli ospiti erano giunti in navetta dagli alberghi in zona. Passato il metal detector, sotto i 17 lampadari dell’enorme salone si teneva una conferenza per i donatori del think tank, seguita da un barbecue a bordo piscina innaffiato da champagne, cocktail e vino di marca Trump. Il presidente eletto, in completo blu e cappellino rosso Make America Great Again, è arrivato alle 8.30 di sera, accompagnato da Musk, che si è seduto alla sua destra ed era ricettacolo di frequenti pacche sulle spalle da parte del presidente. Entrambi bevevano Diet Coke. «Dov’è il George Soros della destra?», ha chiesto accogliendoli dal palco Brooke Rollins, avvocata texana e ceo del think tank. E Musk, prontamente, ha alzato la mano. A sinistra di Trump era seduta McMahon; e allo stesso tavolo Howard Lutnick, l’altro presidente della transizione e ceo dell’azienda di servizi finanziari Cantor Fitzgerald (secondo la Reuters lui è in lizza per segretario del Tesoro, lei per il Commercio).
Oggi Mar-a-Lago è il centro dell’universo politico americano. Chi spera in una poltrona nel futuro governo deve passare da qui. E ci sono diverse fazioni, con i duri e puri del movimento «Maga» che per esempio avevano fatto la guerra al nuovo leader del Senato, John Thune, scelto dai colleghi mercoledì (il quale comunque era venuto a Mar-a-Lago). Gli incontri del team di transizione si tengono in una delle 118 stanze della proprietà, in modo più discreto di quanto accadde alla Trump Tower di Manhattan nel 2016. E un’onda politica si prepara a riversarsi dalla Florida su Washington: la nuova capo dello staff della Casa Bianca, Susie Wiles, tra i più rispettati strateghi politici della nazione, viene da questo Stato; come pure il senatore Marco Rubio prossimo segretario di Stato (ora tutti si chiedono chi verrà nominato senatore al suo posto dal governatore Ron DeSantis) e il deputato Mike Waltz che sarà consigliere per la Sicurezza nazionale.
In questo stesso salone di Mar-a-Lago tre anni e mezzo fa nacque il think tank America First policy institute, che alla fine ha prevalso su tutti gli altri istituti conservatori di Washington. Il gruppo di McMahon e Rollins avrà un ruolo cruciale nel definire le politiche e gli ordini esecutivi del presidente e decidere le 4.000 nomine politiche della nuova amministrazione. La conferenza aveva un duplice scopo: innanzitutto festeggiare la vittoria di Trump e la sconfitta del «regime Biden-Harris», mostrando ai donatori come sono stati usati i loro soldi – un’operazione da 35 milioni di dollari che ha mobilitato il voto negli Stati in bilico conquistando anche elettori afroamericani, ispanici, asiatici-americani, giovani. «Non li chiamiamo più elettori, li chiamiamo consumatori», ha spiegato Rollins. «Abbiamo costruito un business per servire il popolo americano». E ora c’è la fase due – ha aggiunto – ovvero governare: «Abbiamo sviluppato 95 piani di azione per ogni dipartimento e agenzia federale».
Il deputato di New York Lee Zeldin, altro leader del think tank Afpi, è appena stato nominato da Trump alla guida dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente. Afpi ha preparato «quasi 500 persone che sperano di servire nella prossima amministrazione» e «quasi 300 azioni esecutive per il prossimo presidente». Il tutto, sottolinea l’avvocata che ha già lavorato alla Casa Bianca con Trump, «senza che mai uscissero indiscrezioni sui media». Un successo che va a discapito dell’Heritage Foundation, che voleva svolgere lo stesso ruolo. Ma il suo programma, noto come Project 2025, è diventato un’arma del partito democratico contro Trump in campagna elettorale e lui ne ha preso le distanze.
Un video sul grande schermo spiega che Afpi «potrebbe essere ricordato un giorno dagli storici come una delle cose che salvarono la civiltà occidentale... Questa è una partita per l’anima del Paese». Il suo programma politico si ispira al «Contratto con l’America» scritto nel 1994 dall’ex speaker della Camera Newt Gingrich, sotto la cui leadership il partito repubblicano riuscì a riprendersi il Congresso per la prima volta in 40 anni.
E Gingrich, quando prende la parola nel salone, spiega che le ultime elezioni segnano «la fine di un’odissea di nove anni» (dalla prima discesa di Trump dalla scala mobile dorata fino alla sua «rivincita»), ma guarda già oltre. «Abbiamo altri dodici anni di lavoro da fare – dice il veterano di Washington – perché la sinistra si è trincerata dal 1932, domina i media, la burocrazia, molte corporation. Per cambiare davvero tutto questo, non basta una sola presidenza».