Libero, 14 novembre 2024
L’uomo che voleva prendere a ciabattate Meloni
Uno dei suoi tanti obiettivi era quello di colpire a ciabattate Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Ma anche di diffondere l’odio, il terrore e la paura. Il 45enne egiziano Alaa Refaei, con cittadinanza italiana, è stato condannato a cinque anni di reclusione per partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo, con rito abbreviato davanti alla Corte d’Assise di Monza, per aver portato avanti, secondo l’accusa, su gruppi online «una consapevole e deliberata attività di proselitismo via social a favore dell’Isis», oltre a effettuare finanziamenti per donne vedove di combattenti jihadisti. La gup di Milano Tiziana Landoni ha condannato assieme a lui anche Mohamed Nosair, egiziano di 50 anni con permesso di soggiorno.
Alaa Refaei, assistito dall’avvocato Salvatore Arcadipane, era stato arrestato dalla digos milanese, e dal pm Alessandro Gobbis il 17 ottobre 2023, su ordine del gip Fabrizio Filice, insieme a Nosair. La difesa chiedeva l’assoluzione e, in subordine, la derubricazione delle accuse a istigazione per delinquere. Dalle indagini era emerso come i due indagati avrebbero partecipato alla «macchina propagandistica dello Stato Islamico attraverso la continua creazione di nuovi profili, diffusi più capillarmente possibile, attraverso l’implementazione degli stessi tra gli amici, in modo da moltiplicare il numero di persone che potessero entrarvi in contatto». Inoltre, era stato accertato l’invio di denaro a sostegno delle cosiddette “vedove dell’Isis”.
Dagli atti era emerso anche che Refaei, rispondendo a un commento in un video nel quale c’era l’immagine della premier Meloni con Berlusconi, aveva scritto: «Sappiamo benissimo come zittirli e fermarli al momento giusto. Viviamo con loro da banditi. Siamo pronti a colpirli a ciabattate». Entrambi gli arrestati si sono difesi sostenendo di provare soltanto delle semplici «simpatie» nei confronti dell’Isis, in modo particolare quando combatteva contro Assad in Siria e in Iraq, e hanno ribadito che mai sarebbero passati all’azione. «Non faccio parte dell’Isis, mettevo dei commenti di approvazione solo alle loro azioni contro il regime siriano. I soldi versati alle donne erano una forma di beneficienza e le frasi contro Meloni erano solo una critica politica», aveva dichiarato Refaei davanti al gip dopo l’arresto.
Le difese hanno insistito sul fatto che i loro erano soltanto «proclami sterili». Dopo il deposito delle motivazioni, l’avvocato Arcadipane valuterà il ricorso in appello. «Sparare con un’arma da fuoco ti fa avere un cuore di ferro», era un altro dei tanti messaggi rintracciati nelle chat della coppia, oltre a quelli che adottavano «toni violenti e aggressivi» con «minacce e insulti» anche nei confronti degli ebrei. Sul presunto contatto con il membro dell’Isis Sayad Abu Usama, a cui avrebbe inviato denaro, Rafaei aveva detto che quell’uomo rappresentava solo il mediatore che gli avevano indicato alcune «donne di un campo profughi per far arrivare soldi alle vedove e ai loro bambini come beneficienza».